E così che l'angelo imparò la fantasia (PARTE 2)

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La classe dei quattro ragazzi incontrati dall'angelo era una stanza lunga e stretta. Dentro c'era già qualcuno, ma del professore nessuna traccia.

Per un attimo l'angelo s'incuietò: il professore avrebbe capito che lui non era il giornalista che stava aspettando! E cosa avrebbe potuto fare?

Stella andò, con il suo passo di danza, verso il suo banco e svuotò lo zaino con delicatezza.
Andrew lanciò il proprio sulla sedia.
Austin si sedette senza nemmeno togliersi l'eastpak dalle spalle.
E Simone si catapultò da un altro suo compagno per chiacchierare fitto, di una band che nessuno conosceva.
Mentre l'angelo rimase sulla soglia senza sapere come comportarsi.
Stella dovette intuirlo, perché per cercare di metterlo a suo agio, gli andò in contro iniziando a pararlargli dei suoi professori.

Suonò la seconda campanella, quella che annunciava l'inizio della lezione.
Gli ultimi alunni entrarono di corsa, ma rallentarono quando videro che il professore non era ancora arrivato.

C'era un gran caos. I ragazzi avevano tante cose da raccontarsi.
Stella guardò dietro le spalle dell'angelo, si fece più seria e salutò il professore che si stava avvicinando: un signore molto distinto, che camminava altezzoso, con lo sguardo fiero e l'aria di essere molto compiaciuto di se stesso.
All'angelo stranamente diede la sensazione di qualcosa di fragile, qualcosa che da un momento all'altro potesse rompersi.
Aveva occhi chiari, ma una grande ombra scura li segnava.

"Penso che vi conosciate già, prof -esordì Stella- lui è il giornalista che doveva venire oggi. Io e Andrew l'abbiamo incontrato sul pullman, e l'abbiamo portato fin qui."

Il professore parve stupito, ma fu un attimo. L'istante dopo guardò l'angelo con aria amichevole, invitandolo a entrare.

"Sono curioso di sentire la sua relazione, caro amico mio." gli annunciò il professore, con aria curiosa.

E così l'angelo fu costretto a ripetere la sua bugia, le sue storie intrecciate che non erano del tutto sue.
Ottenendo molto successo, ma non così tanto come quando era stato solo con i ragazzi.

"Ho un'ora libera. Le offro un caffè." gli sussurrò il professore quando l'angelo terminò la sua storia.

Il professore lo convocò fuori, lasciando una marea di alunni eccitati dal suo racconto e di ragazze emozionate.
Gli occhi di Stella lo accompagnarono mentre l'angelo si allontanava. E non solo i suoi, anche se lui non se ne accorse.

"Si può sapere chi è lei, e con che diritto ha raccontato ai miei ragazzi tutto ciò?" chiese arrabbiato il professore.

"Ho solo parlato della mia esperienza. Mi rendo conto di aver detto una bugia, io non sono il giornalista che aspettavate, ma quei ragazzi mi hanno chiesto una storia. Quei ragazzi hanno bisogno di una bella storia. Non potevo dire di no. Loro hanno bisogno di sognare, e la realtà è che la scuola taglia loro le ali. Rinchiudendoli in un mondo già fondato. Quando il mondo se lo dovrebbero creare da soli: tassello dopo tassello."

Erano nel bar di fianco alla scuola. E di fronte alle strane parole dell'angelo il professore mantenne un tono di voce calmo e freddo:

"Lei non capisce, è pericoloso parlare ai giovani di assassini, di barboni che muoiono per strada, di sirene.
No, non va bene. Se lei insinua dei dubbi nelle teste dei miei ragazzi, come pensa che possano vivere? -si fermò un attimo per prendere fiato, e poi subito riprese- I giovani hanno bisogno di certezze, di fondamenta. Lei non ha fatto altro che parlare di personaggi oscuri e irreali."

"Mi sembra che stiate sbagliando, professore. Le persone che ho citato sono vere quanto lo siamo io e voi. Anzi, sono molto più vere di voi." rispose l'angelo, contrariato dai pensieri del professore.

IT'S OKAY, I'M DIFFERENT (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora