Lui era la mia felicità

92 61 22
                                    

NEVE'S POV'

Quando toccai il fondo non lo seppi mai realmente. Non lo capii subito.
Lo vidi negli occhi delle persone che mi stavano accanto.

C'era qualcosa di triste, di più velato e nascosto negli occhi di Daniel.
E cosa c'era di più malinconico di uno sguardo così?
Niente.
Esattamente. Niente.

In quel momento capii di aver toccato il fondo.
Avevo trattenuto le lacrime.
Gli occhi mi si erano spenti.
E avevo sentito il peso delle mie futili conversazioni scivolarmi addosso.
Il cuore mi si sgretolò.
Cadde a terra. Dopodiché lo calpestai con le mie adorate vans. E infine lo buttai con forza contro il muro che avevo di fronte, da troppo tempo. E non era rimasto che polvere.
Che in un battito d'ali era volato via.

Le conseguenze?
La conseguenza che aveva pesato di più, su tutte le mie decisioni era stata un vuoto incolmabile:
Troppo grande da riempire.
Troppo piccolo da richiudere.

Mansioni facili da svolgere come: svegliarmi con il sole negli occhi. Preparare la colazione o il pranzo. Rimanere ferma, seduta al tavolo. Posare sul fornello un pentolino colmo d'acqua per fare un po' di the. Partecipare alle conversazioni dicendo "Buongiorno Marghe" (perché da quando mi ero trasferita qui ad Amsterdam avevo conosciuto una ragazza. La mia attuale migliore amica. Era un pomeriggio afoso e mi ero rifugiata in un Cafè con il condizionatore sparato al massimo. Ma entrando andai a sbattere contro una ragazza che si stava alzando per andare a pagare la sua ordinazione. Così per non essere sgarbata le pagai io la merenda e da quel giorno non ci eravamo più separate. Anzi avevamo l'intenzione di affittare un appartamento, condividendolo. D'altronde era ormai qualche mese che lavoravo come giornalista. Finalmente il mio sogno si era avverato. Non facevo più orette part-time. Ero riuscita a trovare lavoro dove avevo da sempre studiato.)
Diventarono azioni pesanti da una parte.
E azioni insopportabilmente insopportabili dall'altra.

E non capii che fosse così finché tutta questa routine iniziò a mancarmi perché non ce l'avevo più a portata di mano.

Quando toccai il fondo non lo seppi mai realmente. Non lo capii immediatamente.
Lo vidi negli occhi delle persone che mi stavano accanto. Per quello che non mostrai e non svelai.

Alla domanda:

"Come stai?"

Puntualmente rispondevo:

"Benissimo! Perché?"

Smettendo di essere.
Smettendo di pensare.
Smettendo di concedermi.
Smettendo per una sera.
Rinchiudendomi e crogiolandomi nel mio dolore.

Imparai.
Imparai a dare risposte a determinate domande, senza perdermi in concetti futili. Arrivando invece dritta al punto.
Imparai a cadere. Rialzandomi da sola.
Quello che però non imparai fu a voler bene. Ad amare. A baciare. Ma soprattutto ad odiare.

Io amavo Daniel. Ma non era quello l'amore. L'amore era darsi in tutto e per tutto. E lui lo faceva, ma io no. Mi appoggiavo a lui per non cadere, per non cedere. Ma non aiutavo lui.
E lui questo non lo meritava.
Meritava una donna forte, bella, intelligente, dolce, spensierata e passionale.
Non una come me.

Anche se lui era la mia felicità, dovevo pensare alla sua. E per renderlo felice l'unica soluzione era lasciarlo andare.

"Ciao Neve, cosa vuoi mangiare stasera?" la voce squillante di Margherita mi bucò i timpani.

Non credevo però fosse possibile convivere con il dolore. Con qualsiasi tipo di dolore.
Potente. Aggressivo. Lieve. Insulso. Immeritato. Meritato.

"Per me è uguale. Scegli tu." risposi un po' scossa ancora dai miei pensieri.

Così mi lasciai andare. Investire. Tramortire.
Rimasi disarmata sulla soglia di quel dolore lancinante. Senza entrare. Non me ne andai.

"Okay. Allora ordino una pizza. La solita?" mi chiese con sorriso complice.

Ero in bilico ed in bilico rimasi.
Urlai dentro.
Lasciando il silenzio all'esterno.
O forse era solo apparenza?

"Certo!" annuii senza capire ciò che mi avesse appena chiesto.

C'era del caos ma era calmo. Rassicurante.
Era come se stessi fluttuando su un mare in tempesta e avessi perso qualsiasi cosa mi appartenesse.
Ricominciando così a conoscermi.

"Ma stai bene tesoro? Lo sai che con me puoi parlarne!" mi chiese preoccupata.

Il dolore. La malinconia. La solitudine. Non mi avevano mai fatto paura.
Ero brava in questo.

"No stai tranquilla sto benissimo. A farmi questo effetto sono solo i morsi della fame!" le dissi forzando una risata che non ne voleva sapere di uscire dalle mie labbra.

L'unica cosa che mi aveva da sempre terrorizzata era il bianco.

Alle undici finimmo di mangiare la nostra pizza e guardammo qualche episodio di "the vampire diares"

"Buonanotte!"

Poi con ancora i cartoni delle pizze sulle gambe e la televisione accesa. Ci addormentammo sul divano con le teste che ciondolavano sul pavimento.

"Buonanotte stella."

SPAZIO AUTRICE:

Ehi MY LITTLE READERS scusatemi per l'orario (2:10) ma ho trovato tempo solo adesso per aggiornare.

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.

Che ne dite dell'entrata di Margherita?
(Più avanti scoprirete più cose su di lei.)

Buona lettura.
Vi adoro.

Commentate e scrivetemi tutte le vostre impressioni.

#14 in classifica ma ci credete?
Sto piangendo😢
Grazie mille!
Vi amo❤

Buonanotte angioletti❤

IT'S OKAY, I'M DIFFERENT (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora