Capitolo 43

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Cammino lungo il marciapiede, il ticchettio dei miei tacchi rimbomba sull'asfalto.
Dove sto andando? Al mio primo giorno di lavoro.
Sono tutta un fascio di nervi e per di più sto camminando il più velocemente possibile per non arrivare tardi. Dopo poco arrivo davanti all'edificio, con ben cinque minuti di anticipo. Ne sono sollevata e quando entro in quell'edificio bianco, noto che dentro sembra più piccolo rispetto al fuori. Il grande atrio ha infondo una piccola scrivania nera, le pareti sono bianche e il pavimento è di lenolium grigio. Tutto molto formale.
Raggiungo velocemente la scrivania, dove sta seduta una segretaria dai capelli a caschetto come la pece, il viso sorridente e degli occhi che sembrano due olive verdi.
"Ciao, come posso aiutarti?", mi fa sempre sorridendo.
"E' il mio primo giorno di lavoro, sono Josephine Campbell".
"Straordinario, sei in orario", ridacchia per poi alzarsi dalla sua sedia da ufficio ed afferra un plico bianco, lo apre e mi porge un mazzo di chiavi. "Sono le chiavi del tuo ufficio, del tuo bagno privato e dei cassetti della scrivania"; mi spiega scortandomi verso un ascensore.
Sgrano gli occhi. "Ho un bagno privato?!"
Lei ridacchia. "Sì, l'edificio è grande e quando l'hanno costruito hanno deciso di metterci dei bagni privati comunicanti ad ogni studio".
"Forte!", mi esce dalla bocca facendola sorridere. Un din acuto ci avverte che siamo arrivate al piano, cioè il quarto. Quando scendiamo dall'ascensore, ci aspetta un lungo corridoio, sempre dalle pareti bianche ed ogni tanto un ficus è posizionato ad un angolo.
"Il tuo ufficio è in fondo a questo corridoio", mi informa. Quando lo percorriamo tutto, alla mia destra c'è un ampio scanzo allestito come una sala d'aspetto: tre divanetti di stoffa rossa, un tavolincino in legno scuro con sopra delle riviste consumate e vecchie; poi all'angolo è posto, in un vaso in ceramica bianca ed elaborata, un ficus dai colori vivaci.
Tutto qui!
"Chiaramente, essendo la tua sala d'aspetto puoi arredarla come vuoi e metterci piante a tuo gusto!"
Annuisco.
Con una chiava passepartout apre il mio ufficio: proprio davanti alla porta una ampia scrivania in mogano fronteggia su tutto l'ufficio, dietro ad essa è posta una libreria formata da scaffali a forma di quadrato – che dovrò riempire immediatamente con dei libri e foto! –. Dopo di ciò c'è l'angolo delle visite: composto da un divanetto in pelle rosso carminio e davanti uno di quei lettini tipici degli psicologi, in tessuto verde mela.
"Il dottor Brown aveva gusto in fatto di arredamento", mi fa la segretaria.
"Già, lo vedo", gli rispondo guardandomi intorno. Mi misi a sedere dietro la scrivania sulla sedia girevole in pelle marrone scuro.
"Bene, ora ti lascio. Se mi vuoi chiamare, basta che usi l'interfono", mi indica quella soecie di macchinetta nera con un pulsante rosso ed un autoparlante.
"Grazie", ma prima che sparisca la fermo "Aspetta!"
Lei torna indietro e si affaccia alla porta. "Sì?"
"Come ti chiami?", le faccio.
"Candice", mi sorride.
"Okay, ci vediamo dopo", gli sorrido anch'io e se ne va.
Il mio ufficio.
Che strana sensazione...
Ora ho un lavoro, ho un ufficio tutto mio ed avrò dei pazienti tutti miei. Ormai sono una adulta, non sono più la ventenne, ancora adolescente, che conobbe i Guns n' Roses.
Sono cambiata ed anche la mia vita lo è.

Coinquilini per un mese 2 ~ ormai solo vicini di casaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora