Capitolo 41

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Dopo aver fatto l'amore ci siamo messi abbracciati sul letto, con solo il lenzuolo a coprirci.
"Sai vero che prima o poi dovremmo parlarne?!" gli faccio. Non voglio rivinare questo momento, ma prima o poi dovremmo farlo.
"Uffa, non rovinare questo momento" mi bacia in fronte.
"Va bene, ne parleremo domani" insisto mentre lui continua a sbuffare.
"Non molli mai, eh?"
"Già".
Mi alzo dal letto e, senza nessun indumento addosso, comincio a raccogliere i miei vestiti sparsi sul pavimento della camera da letto.
"Che fai? Te ne vai?" si alza a sedere appoggiandosi ad entrambe le mani.
"Non lo so..." comincio "è una sistuazione strana, Saul".
"Perchè? Per me non lo è!"
"Ma per me sì! Non sono abituata a scopare con qualcuno che non amo".
"Quindi non mi ami più?" io sorriso che aveva diointo in viso ora è completamente sparito.
"Non lo so se ti amo, okay? Dopo le parole che hai detto... dopo che hai dubitato della mia fedeltà... io... non so più cosa pensare".
"Ma andiamo, abbiamo fatto pace, Jo!"
Mentre discutiamo comincio a vestirmi.
"Saul, fare sesso non vuol dire fare pace!" gli faccio notare.
"Tu quello lo chiamo fare sesso?"
"Sì, non è fare l'amore!"
"Non fare la ridicola!"
"Non sono io quella ridicola! Sei te quello ridicolo, Slash!"
"Ora sei passata dal Saul allo Slash?! Io non ti capisco!"
"Neanch'io, Slash! Da quando sei tornato non ti riconosco più!"
"Beh, a questo punto sarebbe meglio lasciarci una volta per tutte!" mi fa.
Quelle parole, pensavo non potessero mia uscire dalla sua bocca.
Ormai tra noi non c'è più quel legame che c'era un anno.
"Bene" gli rispondo con le lacrime agli occhi, mi infilo velocemente le scarpe e me ne vado dalla camera da letto, scendo giù per le scale e mi avvio verso l'uscita.
In fondo alle scale trovo George ad aspettarmi.
"Avete fatto pace?" mi domanda, nel suo sguardo un lampo di speranza.
In quel momento comincio definitivamente a piangere.
Scuoto la testa in segno di no. "Non so quando ci rivedremo, forse mai più" lo abbraccio forte "ci ho provato, George. Ma ormai non ci amiamo più come una volta".
"Mi dispiace" sembra veramente dispiaciuto.
"Sono più dispiaciuta io, George" tiro su con il naso un' ultima volta "ora devo andare".
"Non puoi guidare in questo stato" mi fa notare.
"Non sono ubriaca".
"Vuoi che ti chiami un taxi?"
"Ho detto che ce la faccio, George" insisto e quando arrivo alla porta d'uscita, prima di solcarla e non tornare mai più, do' un' ultima occhiata alla casa e a George "Ciao, George" gli dici come se fra un paio d'ore ci rivedessimo.
In realtà non so quando ci rivedremmo, forse mai più.
"Arrivederci, signorina Josephine".
"Ho detto che puoi chiamarmi Jo" gli faccio notare per l'ennesima volta.
Tira su con il naso. "Ciao, Jo" mi saluta, ora per bene, annuisco e poi me ne vado.
Non mi fermo un attimo nel tragitto macchina-appartamento e nemmeno una volta mi pento di essere andata via.
Forse è vero che io e Saul non siamo fatti per stare insieme.
Quando arrivo a casa, Barney mi salta addosso e mi lecca la faccia per la felicità di vedermi.
"Almeno ho te, Barney" gli confesso al mio amicone abbracciandolo forte.
Dopo di che mi stacco a quell'abbraccio e lui se ne va nella sua cuccia, mentre io mi distendo sul divano.
La casa è vuota, Steven non so dove sia, quindi sono sola.
Sbuffo ciondolando il braccio dal divano e toccando con l'indice il pavimento, causando un rumore stridente.
Sento le guance appicicose e rigide, a causa delle lacrime seccatesi sulla mia pelle; gli occhi mi bruciano, di sicuro sono rossi come peperoni.
Cosa avrei fatto ora?
"Barney? Dove sei?" grido, ma di Barney neanche l'ombra "Mi hai abbandonato anche te???"
Boh, ma dove è finito... mi alzo dal divano e lo vado a cercare e come sempre è sotto al mio letto.
"Che ci fai lì?" gli dico affettuosamente, mentre vedo la sua lunga coda scodinzolare a destra e a sinistra. Gli sorrido, quando sento la porta aprirsi così mi fiondo su essa. Appena arrivo, vedo Steven entrare con un sacchetto di carta in mano e strapieno di cibi.
"Jo..." si gira verso di me, ma senza neanche farlo larlare ulteriormente mi fiondo tra le sue braccia, gli allanciai le braccia intorno al collo e nascosi il viso nell'incavo del suo collo.
"Come è andata?"
Alla fine scoppiai di nuovo in lacrime.
Già sapeva la risposta. Appena mi sente singhiozzare, comincia ad accarezzarmi la schiena con gesti circolari.
"Mi dispiace" mi conforta.
"Mi dispiace di più a me" ripeto la stessa frase che ho detto anche George.
Ed è vero, dispiace di più a me!

Coinquilini per un mese 2 ~ ormai solo vicini di casaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora