3.Tra incertezze e supposizioni.

1.8K 97 7
                                    

Avevo letto bene. Non era una delle mie stupide immaginazioni che traeva profitto dalla mia infermità mentale. Si perché controllare ogni due secondi il telefono, mi aveva fatto uscire di senno. Ma la voce diceva proprio Armie. E da quello che c'era scritto, avrei dovuto presidiare ad un incontro tutt'altro che normale. Si trattava di un invito che a stento riuscivo a capirne il significato, che si celava dietro.
Cosa gli avrei dovuto rispondere? Era un invito per un importante evento. Un evento loro. Un giorno speciale per Armie e la sua Elizabeth: il loro anniversario di matrimonio. Cosa c'entravo io in quel piccolo e perfetto giorno? Una parte di me era sorpresa per il fatto che mi avesse invitato per quella che sarebbe stata una cena intima. Una cena alla quale io sarei stato il terzo incomodo. Uno sconosciuto in quella piccola bolla che era la loro vita privata. Eppure era stata la stessa Elizabeth a invitarmi. Voleva che partecipassi alla loro vita. Perché d'altronde di un fatto non potevo di certo negare: anch'io involontariamente, facevo parte di quella famiglia. Essere co-star di Armie aveva contribuito a farmi conoscere sua moglie, e i suoi adorabili figli Foster e Harper. Perciò per loro non era un terzo incomodo, anzi mi avevano considerato quasi un fratello per i loro figli e dandomi inoltre l'appellativo di migliore amico, cugino acquisito, fratellastro (ciò valeva per Armie ed Elizabeth).

Tuttavia non mi sentivo tale. E dopo quello che avevo fatto, anche se pur insignificante e banale, non potevo certo presentarmi da loro per l'anniversario. Avrei saputo sorvolare all'imbarazzo misto a vergogna, una volta raggiunti? La risposta è no. Non sarei stato convincente. In fondo a chi volevo darla a bere? Di certo non a me stesso. Io lo volevo. Volevo lui tutto per me. Nessun altro al di fuori di lui. Quindi niente Elizabeth e niente bambini. Solamente Armie, il mio Oliver.
Eppure un'altra parte ancora, non aspettava altro che rivederlo. Assaporare ogni secondo di quella piccola bolla privata. Capire come si muoveva nella sua dimora e dove si sedeva a leggere o magari a vedere la tv. Sarebbe stata la prima volta a casa sua. Alla fine quella parte più eccitata e impaziente di rispondere , prevalse momentaneamente sull'altra, ma aspettai a rispondere.
Dopo essere salito sul taxi e aver dato l'indirizzo per l'aeroporto al tassista, decisi finalmente di rilassarmi e pensare a come mi sarei dovuto comportare se mi fossi presentato a quell'invito. Spensi il telefono, lasciando solo il visualizzato del messaggio di Whatsapp.
Armie poteva aspettare ancora no? Lui mi aveva fatto aspettare quasi un giorno intero senza farmi capire se avesse scoperto quello che si celava dietro a quel bacio. Ciò significava solo una cosa. Non aveva dato peso al gesto. Aveva dato forse, la colpa all'alcool? O magari chissà, aveva pensato che lo avevo scambiato per qualcun altro. Ma se così fosse, perché non mi aveva spinto via?
Uffa che odio i pensieri. Le supposizioni e le incertezze. Un accozzaglia di debolezze. Ecco cos'erano. Un tornado di dubbi dal quale nascevano domande che non avrebbero mai avuto una risposta. Spazientito e leggermente spossato per la notte insonne, mi lasciai cullare , per quei pochi minuti di macchina, in un leggero dormiveglia.

Tu sei il mio Oliver ed io sarò il tuo Elio - La Scoperta del CambiamentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora