13. Attese frustranti

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Finalmente il giorno tanto atteso era arrivato. Venerdì, che odiavo così tanto quando ero piccolo per via delle chiusura temporanea della scuola (odiavo rimanere a casa il weekend a fare i compiti) quel giorno, il 9 Marzo, iniziava ad assumere una diversa sfumatura. Iniziava a piacermi anche quel giorno. Il merito era solo di una persona, pensai ridendo.
Dopo la sua telefonata, avevo quasi passato interamente il giorno precedente a contare i minuti e le ore che mi separavano da lui.
Per poco non feci quasi impazzire mia madre che era intenta a perfezionare gli ultimi capcakes. Per quanto ero agitato, non riuscivo a stare fermo. Facevo avanti e indietro tra la cucina e il salone.
"Vuoi farla finita di camminare avanti indietro ? Mi stai facendo venire la nausea" Aveva detto mia madre mentre terminava gli ultimi preparativi per la festa.
"Oui maman je regrette." Le avevo risposto.
Ero agitato come non mi capitava da chissà quanto tempo.
E nonostante fosse venerdì, l'eccitazione per l'attesa era troppo snervante da fare impazzire non solo me. Decisi di uscire di casa, sperando che almeno una passeggiata mi avrebbe tenuto occupato e avrebbe alleggerito il clima all'interno della casa.
Promisi di tornare per le diciannove in punto in modo tale da aiutare la mamma a finire gli ultimi ritocchi per il compleanno di mia sorella.
Per fortuna, la settimana scorsa, girando per Los Angeles assieme ad Armie ed Elizabeth e Luca, avevo fatto un salto in una libreria dell'usato. L'idea di trovare li il regalo per mia sorella è nata nel momento in cui trovai, rovistando tra vecchi tomi e altri vecchi libri, un'edizione introvabile delle sorelle Brontë. Le sorelle Brontë, Charlotte, Emily ed Anny, rientravano nella categoria degli scrittori di fine ottocento preferiti di mia sorella. E quel grosso tomo conteneva ben tre opere famose nonché anche le sue preferite: Jane Eyre di Charlotte, Cime tempestose di Emily e infine la signora di Wildfill Hall dell'ultima delle tre sorelle ossia Anny.
Non pensai nemmeno al prezzo perché quel libro era una vera chicca per i collezionisti. Insomma avrei fatto impazzire di sicuro mia sorella.
Ricordo che anche la moglie di Armie, Elizabeth stravedeva per le sorelle Brontë e se quel giorno non avessi puntato per primo quel libro, di certo ora si troverebbe nella loro libreria.
Armie, da quello che avevo appreso in quella giornata soleggiata prima degli Oscar, non gli piaceva molto leggere.
Aveva definito la lettura, una perdita di tempo soprattutto se le giornate le passavi completamente a leggere, quando fuori era tutto inondato dai raggi del sole.
Preferiva di gran lunga passare il tempo a vedere vecchi film di fine anni cinquanta (principalmente quando stava male), oppure se il tempo lo permetteva, trascorrendolo a correre al parco vicino alla villa in cui abitava assieme alla moglie e ai suoi figli.
È sempre stato un tipo sportivo,pensai. Rispetto a me, ha un fisico tonico e ben muscoloso, certo non a livello di bodybuilder, ma sufficiente a farmi eccitare non appena lo guardavo. Anche il semplice contemplare il suo corpo perfetto, era rientrato nelle mie attività durante le riprese di Call me by your name.
Io al confronto era gracilino. Magro e alto ma non muscoloso. L'esatto contrario di Armie per intenderci.
Guardai l'orologio per la quarantesima volta.
Calmati Timotheé, mancano solo 3 ore. Solo tre fottute ore. E poi lo rivedrai, mi dissi cercando inutilmente di restare lucido.
Chissà come si sarebbe vestito. Si sarebbe presentato vestito elegante come alla notte degli Oscar ? O come al solito si sarebbe messo le sue odiose tute?
Armie era follemente innamorato per le tutte. Se agli Oscar avessero abolito la solita modalità di vestirsi eleganti, sono convinto al cento per cento, che ne avrebbe approfittato per mettersi una stupida tuta.
Che ci trovava di bello, proprio non lo riesco a capire. Io le odiavo. Non riuscivo a trovare la giusta comodità che provavo quando indossavo un paio di jeans. Invece Armie, si trovava perfettamente a proprio agio.
Se da una parte mi dava fastidio vederlo costantemente con una tuta addosso, dall'altra era anche grato per via delle linee che si creavano attorno al suo lato b. Per non parlare del lato.... come non detto, stavo degenerando troppo.
Continuai a camminare per altri due isolati poi, preso ormai dall'insaziabile e irrefrenabile attesa, rincasai, come avevo detto, prima delle 19.
"Tesoro, menomale che sei tornato. Tua sorella Pauline sarà qui a momenti assieme a Giacomo. Dobbiamo assolutamente iniziare a preparare le tavole."
Se io ero eccitato all'idea di rivedere Armie, mia madre lo era ancora di più a fare una buona figura, soprattutto se mia sorella era in dolce compagnia del suo ragazzo italo-americano.
Mentre mia madre apriva i tavoli e lo disponeva a ferro di cavallo, mi diressi in cucina per prendere l'argenteria che tenevamo giusto per quelle occasioni.
Sentii delle voci. Riconobbi quella di mio padre dal sua r moscia. Il che voleva dire che non stava parlando in francese. Con chi stava discutendo?.
"Ma certo. Vedrai che le piacerà. Mia figlia Pauline è unica nel suo genere. È testarda e pignola come la madre. Ma se una cosa che sicuramente le piace sono proprio le cose di vecchia data. Quindi non ti preoccupare. "
"Menomale singnor. Chalamet, non sapevamo proprio cosa regalarle. Mia moglie mi ha giusto consigliato quel piccolo pensiero. Senza lei non saprei cosa fare. E ovviamente devo ringraziare anche vostro figlio Timmy."
Timmy, ripetei fra me. Solo una persona poteva pronunciare a quel modo il mio nome. Nessuno sapeva eguagliarlo.
"Armie" lo salutai non appena varcai la soglia della cucina.
"Oh bentornato Timotheè."
Mio padre, era inflessibile anche sui nomi di battesimo. Odiava quei diminutivi.

"Ciao" disse con la sua voce calda.
"Ciao" ricambiai.
"Vi lascio parlare da soli." disse mio padre, uscendo dalla cucina.
Che gli avrei detto ? Da quando era così dannatamente sexy ? Possibile che gli ultimi giorni passati in sua assenza mi ero scordato quanto fosse così attraente ?
Risi non appena vidi che al di sotto della giacca blu, indossava una tuta blu dell'adidas.
"Perché ridi?"
"Perché rido?"
"Non incominciare.."
"Non incominciare.." gli feci di nuovo eco.

"Timmy... Timmy sei sempre così bambino?Spara il rospo, perché ti faccio ridere?"
"Guardati. Hai di nuovo una tuta."
Si osservò per qualche minuto prima di tornare a guardarmi.
"Beh anche tu non sei da meno." Mi fece notare.
In effetti non aveva tutti i torti. Ero uscito di casa con dei bermuda e un maglione nero. Di certo non era molto presentabile.
Stava di nuovo ridendo.
"Devo cambiarmi, allora" gli dissi.
"Certo che si. "
Era solare. Nessun tipo di tensione trapelava da Armie. Mi piaceva vederlo così spensierato. E in certi versi averlo in casa mia, aveva reso anche me meno spensierato.
Armie, vorrei dirti tutto. Tutto quanto. Farti sapere che non mi basta più essere un patetico amico. Voglio di più. Voglio essere sincero con te. Ma se mi lasciassi andare ho paura che scompariresti con la stessa velocità con cui sei apparso.
Glielo avrei detto prima o poi, ma non quella sera. Quella sera sarei rimasto ad assaporare ogni secondo prezioso della sua inevitabile presenza.


Tu sei il mio Oliver ed io sarò il tuo Elio - La Scoperta del CambiamentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora