10. Routine, Telefonate e Inviti

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Mi sono sempre chiesto da dove provenissero i sogni. Come venivano generati e il perché.
E dopo quello, ora avevo la giusta risposta.
I sogni non sono altro che desideri inespressi. Desideri e pulsioni che vengono repressi per molto tempo per poi essere immagazzinati in una parte profonda della nostra mente: l'inconscio. Da qui la nostra mente, come se fosse un grande computer, rielabora le informazioni che riesce a ricavare da tutto ciò che compone il desiderio o la pulsione stessa. Dopodiché l'informazione viene proiettata sottoforma di immagine, ove compaiono persone, animali, cose, e parole. L'insieme di questi elementi, creano un disegno mentale che sembra reale, ma non lo è. Per questo i neuroscenziati l'hanno definita una realtà distorta che tutti conosciamo comunemente con il nome di "SOGNO".
Realtà distorta o sogno, poco importa perché la cosa peggiore di esso è essere costantemente convinto di essere realmente vivi. Eh invece come avevo sperimentato io, si finiva in balia delle proprie emozioni fino a che non si impazziva del tutto.
Ed io ero impazzito.
La sua voce e quelle parole "SEI STUPENDO QUANDO FAI FINTA DI DORMIRE" o "LO So" mi avevano spiazzato più di tutto il resto. Ecco perché mi odiavo fino in fondo. Mi ero illuso fino alla fine, che tutto fosse reale. Illuso che la mia amicizia sarebbe andato oltre quel confine stupido e insensato. Ero solo un amico e così sarei rimasto.
Avevo imparato a mie spese, che giocando con il fuoco (in questo caso le miei emozioni) rimanevi inavvertitamente scottato. Le bruciature createsi, erano lì proprio per ricordarmi che ero un povero illuso.
Armie è felicemente sposato, padre di due figli. Che misere possibilità ho di fargli perdere la testa?
Nessuna. Nemmeno una su un milione di infinite possibilità. Armie sarebbe rimasto Armie. Io invece dovevo iniziare a comportami come la Svizzera: neutrale.

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Decisi che era arrivato il momento giusto per dar inizio alla mia solita routine mattutina, poiché se sarei rimasto disteso sul letto avrei solo che perso tempo prezioso e conoscendomi (soprattutto cioè che desideravo), mi sarei rimesso a dormire pure di rimmeggermi in quella dolce e ingannevole agonia dei miei sogni.
No decisamente no, pensai e nello stesso istante la pancia mi brontolò.
Scesi in cucina attratto sua volta dall'odore dei capcakes appena sfornati. Mia madre era un vero portento in cucina. Nonostante non fosse il suo mestiere, la figura di cuoca le si addiceva di più.
"Bonjour Maman" le disse, sedendomi al mio solito posto.
Parlare in francese a casa ormai era diventato un consueto e inevitabile uso. Papà era sempre stato rigido su questo fatto. Il francese doveva venire prima di tutto.
"Bonjour mon chér. Ça va bien ?"
"Oui maman e toi ?"
Tuttavia, quando papà non c'era o comunque era rinchiuso nel suo studio a progettare nuovi lavori, io e mia madre parlavamo liberi l'americano.
"Ho dormito bene ma come tu sai, oggi essendo un giorno speciale mi sono svegliata comunque presto."
Giorno speciale ? Ma di che diamine stava parlando ?"
"Cosa festeggiamo ?" Le chiesi del tutto incuriosito.
"Non dirmi che te lo sei dimenticato? Ma dove vivi sulle nuvole Tims? È il compleanno di tua sorella Pauline."
Merda, me ne ero dimenticato .
"Già giusto. Volevo vedere se eri attenta" gli dissi mentre addentavo il capcake al cioccolato ricoperto di scaglie di cocco.
"A tal proposito perché non chiami anche il tuo amico Hammer?"
Per poco non mi strozzai.
"Cosa? Perché ?"
"Come perché ? È uno di famiglia caro. E poi a Pauline farebbe piacere rivedervi uniti."
Uniti come una coppia di amici ? O di .....
Ma che diavolo vado a pensare.
"Va bene. Finisco di fare colazione e lo chiamo."
Mi ricordai che ancora dovevo dargli una risposta. Da quanto che non ci vedevamo ? Tre giorni ? Tre giorni da quando avevamo bevuto come matti, anzi come matto ?
"Bien mon chér"
Risi, perché mio padre era appena entrato in cucina.
Addio lingua americana. Lo salutai come tutte le mattine e dopo essermi ingozzato di vari capcakes mi buttai sul divano adiacente alla cucina.

Mi rilassai qualche secondo prima di affrontare l'inevitabile: ARMIE.
Ero stato un egoista e maleducato a farlo attendere fino a quel giorno.
Avevo tenuto il telefono spento per tutto quel tempo, proprio per posticipare tutte le preoccupazioni che ruotavano attorno a quel nome. E aveva funzionato alla grande. Tranne beh per il sogno i quella mattina.
Eppure, proprio quella parte di me che lo pensava costantemente ogni giorno in ogni momento, non vedeva l'ora di risentire quel "TIMMYYYYY"
Amavo quando mi chiamavano con quel diminutivo. Timothée sa troppo di francesismo. Timmy suonava decisamente meglio, soprattutto se a pronunciarlo fosse stato lui.
Spinto da quell'irrefrenabile voglia, accesi il mio iphone e aspettai con ansia il risveglio delle mie preoccupazioni.

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Non appena accessi il telefono, l'ansia e l'eccitazione di prima, si moltiplicarono a dismisura.
Nell'arco di tre giorni avevo ricevuto 20 chiamate senza risposta e diversi messaggi tra whatsapp e nella rubrica normale.
Impaziente di rivedere il suo nome, visualizzai velocemente sul display dell'iphone, tutti i messaggi della rubrica. Niente. Passai oltre. Aprii Whatsapp e feci la stessa cosa di prima.
Erano quasi tutti del mio agente. Lessi velocemente il loro contenuto. Friedrich, mi aveva avvisato che la prossima settimana avrei avuto un'intervista per la rivista Vogue. La seconda dopo due mesi. Fantastico.
Proseguii.
Due messaggi di Saoirse. Risalivano tutti a lunedì scorso.
« Tims, mi dispiace per gli Oscar. Sei sempre fantastico sappilo. Comunque bando alle ciance. Venerdì è il compleanno di tua sorella. Cosa posso regalarle ? Hai qualche idea? Fammi sapere .»
Lessi il secondo, inviato il giorno dopo.
«TIMOTHÉE CHALAMET, mi devo preoccupare che non mi rispondi ? Venerdì è tra tre giorni e non mi posso presentare senza regalo alla festa di tua sorella. Se non mi dai segni di vita mi presento direttamente a casa tua»
Saoirse quando si metteva un'idea in testa, nessuno riusciva a farle cambiare obiettivo. E inoltre era famosa anche per anticipare i tempi. Venerdì è domani, pensai. Meglio scriverle.
«Ciao Sors (così la chiamavo durante le riprese di LADY BIRD). Non sapevo che venissi anche tu per la festa di Pauline. Comunque a lei fanno impazzire roba vintage. Soprattutto anni 80. Vinili. Lei è una collezionista di vinili. Su questo vai sul sicuro.
A presto allora.»
Lessi altri messaggi ma in nessuno trovai traccia di Armie. Era impegnato a far qualcos'altro ? Del resto tre giorni non era poi così tanti per lui. Ma per me erano stati una piacevole agonia.
Senza indugiare troppo, presi coraggio e composi il suo numero.
Due, tre, quattro,cinque squilli, contai mentalmente per cercare di ridurre l'ansia per l'attesa.
Sei squilli.
"Rispondi. Cavolo" dissi a bassa voce.
Sette.
Otto.
Nove....
Stavo per riattaccare quando finalmente dall'altra parte della linea telefonica, sentii la sua profonda e familiare voce che diceva :
"TIMMY."

Tu sei il mio Oliver ed io sarò il tuo Elio - La Scoperta del CambiamentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora