Ritornammo a casa per il tardo pomeriggio. Dopo il centro commerciale, li avevo accompagnati controvoglia, non avendo una macchina, verso le ultime compere prima dell'imminente partenza.
Nemmeno il tempo di varcare la soglia di casa, che subito nostra madre presa dalla sua agitazione, ci tartassò di domande.
"Bentornati, com'è andata? È grande il nuovo centro commerciale? Che avete comprato ? Tims ti sei divertito?"
Mia madre è sempre stata così attaccata a noi. Ogni qualvolta che uscivamo o che tornavamo da un viaggio anche solo per pochi giorni, gli prendeva l'ansia. L'ansia si traduceva in un imperdibile quasi terzo grado, costituito da infinite domande. Pauline la trovava divertente la sua ossessiva apprensione materna. Io invece la trovavo troppo soffocante e decisamente una perdita di tempo.
"Bene maman. Ci siamo divertiti tanto." Le rispose mia sorella per entrambi. Ma mia madre insoddisfatta dei pochi dettagli fortiniti passò a tartassare Giacomo.
"E tu mon petit Italien. Che cosa avete comprato?"
"Abbiamo preso giusto le ultime cose per poter partire. Un costume, dei teli da mare, delle borse termiche. Ah non ci crederai mai cosa è successo oggi al..." prima che terminasse, Pauline gli piantò il gomito sulla bocca dello stomaco.
"Ahio"
"Pauline ma che modi" disse mio padre che era rimasto in silenzio fino in quel momento.
"Voleva dire, che il nuovo centro commerciale non è poi così male. È molto grande e molto dispersivo. Ci siamo divertiti parecchio e abbiamo anche mangiato un boccone al Burger King" gli rispose con tutta calma e facendomi l'occhiolino.
Per fortuna mia sorella oltre ad essere un ottima osservatrice, e anche una buona amica su cui fidarsi. Le sorrisi per ringraziarla di non aver spifferato tutto a miei genitori, se no saremmo stati le ore a parlare di quell'accaduto e conoscendo, mia madre, non ne sarei uscito vivo.
"E tu mon cher, qu'avez-vous acheté?"mi chiese, osservando la busta che tenevo nella mano destra.
"Ho comprato solo dei libri."
"Bien, mon cher. Sarete stanchi immagino. Dai andate a rinfrescarvi mentre io preparo qualcosa da mangiare. Caro mi aiuti?
"Certaiment, mon amoir"
Lasciammo i nostri genitori in cucina intenti a preparare la cena. Sicuro non avrei toccato molto, dato che mi ero mangiato quasi mezzo fast food, pensai sarcasticamente.
Non appena salimmo di sopra, mia sorella affrontò il suo ragazzo come una furia.
"Ma sei impazzito per caso? Tu non conosci nostra madre. Lei è ossessivamente preoccupata per ogni nostro spostamento. Se gli avessi detto che Tim ha avuto un problema del genere, sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale."
"Scusami P. Non avevo intenzione di dirlo."
"No tu non ragioni. Devi pensare prima di lasciare a ruota libera le tue parole. E adesso aiutami a preparare la valigia. Tim scusaci per..."
"Non fa niente. Non è successo nulla e non rimproverarlo, Giacomo stava solo cercando di rispondere a nostra madre." Gli dissi sorridendo il più possibile.
"Grazie amico."
"Ma figurati" dissi dandogli un pugno affettuoso ma bello carico.
Li lasciai andare nella stanza di mia sorella, mentre anch'io mi rintanai nella mia cameretta. Desideravo starmene almeno un'ora da solo, lontano da tutto e da tutti.
Solo dopo aver chiuso la porta, mi lasciai crollare a terra sfinito. Non avevo le forze di riuscire a credere a ciò che avevo sentito quel sabato pomeriggio. Ero sfinito perché ero in balia di mille emozioni in contrasto tra loro.
Provavo rabbia per il gesto compiuto da Beth. Una rabbia ceca che se avessi avuto a portata di mano Pierre, non mi sarei riuscito a trattenere nel picchiarlo. Ed ero sincero, perché in vita mia non ho mai alzato un dito contro un altra persona. Ma quel Pierre ed Elizabeth avevano superato se stessi colpendo ciò che tenevo di più al mondo: il mio Armie. Provavo una pena per lei, perché non conoscendola del tutto, avevo solo ora capito ciò che in realtà è. Sarà una madre e una donna forte e coraggiosa, ma di fronte ai mie occhi, non sarà altro che immondizia. Armie non la meritava affatto.
Ma tra tutto ciò, la paura era l'unica cosa che mi stava destabilizzando di più di ogni altra cosa. Avevo paura per quella stupida faccenda. Come mi sarei dovuto comportare ? Vorrei essere sincero con Armie perché si merita di meglio. Deve capire chi ha di fronte. Ma ho paura che non mi crederà, d'altronde sono solo uno stupido ventiduenne, intrappolato nella sua folle infatuazione.
Non sapevo come muovermi e nemmeno cosa fare. La testa iniziava a farmi male a furia di ripensare sull'accaduto. Mi alzai lentamente dal letto e mi diressi al bagno. Un bafno caldo era quel che ci voleva in quel momento.
Aprii l'acqua calda della vasca da bagno lasciandola riempire. Il vapore prodotto iniziava a salire ed a avvolgere nella sua bolla di calore, ogni centimetro della piccola stanza.
Un'ora, pensai. Quei 60 minuti dovevano essere tutti miei. Nessuna preoccupazione, niente pensieri. Mi tolsi i vestiti ed entrai in vasca. Il calore dell'acqua stava fruendo il suo effetto su ogni poro della mia pelle. Dalle punte dei piedi saliva fino ad arrivare alla base del collo.
Mi sentivo bene e rilassato ma non del tutto. Una parte della mia mente stava aspettando quel momento. Un momento in cui sarei stato solo ed esclusivamente io e il mio corpo. Lontano da tutto e da tutti tranne che dal pensiero constante di Armie e del suo corpo bellissimo. Ero umano e quello che sarebbe accaduto era normale. Nessuna vergogna e nessuna esitazione, pensai. Fu così che mi abbandonai completamente alla guida di quei pensieri misteriosi e insani fino a lasciarmi trasportare al culmine del mio piacere.***********************\***********
Lungo il tragitto avevo più volte pensato a cosa avrei dovuto dire al ritorno ad Elizabeth. Ma una parte di me, quella ancora arrabbiata per quel suo comportamento, si rifiutava di trovare una scusa per la mia improvvisa partenza. Lei stessa aveva detto di non giustificare con chi usciva. E così avrei fatto io. Avrei giocato il suo stesso gioco. Negli 8 anni del nostro matrimonio, non eravamo mai arrivati così a tanto. Avevamo certo litigato diverse volte, ma questa volta, aveva superato quello che io definisco limite. Il mio limite che ho sempre tutelato è la coerenza, e lei non era stata per niente coerente quel pomeriggio. Come si fa a lasciare due bambini per ben 9 ore? Mi bloccai. Alla fine quello che stavo per fare non era lo stesso sbaglio che aveva compiuto Beth ? Anch'io in quel momento, avevo lasciato i miei figli.
"No Armie. No. Lei è uscita senza avvisarti, lasciandoti da solo con i tuoi figli. Per diverse ore." mi dissi, cercando di convincermi che dopotutto non stavo commettendo nulla di male. Volevo vederlo, volevo parlarci e sorridere. Timmy era il mio tranquillante naturale e ne avevo disperatamente bisogno di una dose extra. Non stavo facendo nulla di male.
Spinsi l'acceleratore, fregandomene anche dei semafori rossi e delle suonate dei clacson.
Raggiunsi la sua destinazione in soli 25 minuti di macchina, ma prima di scendere spensi il telefono e lo lasciai sul sedile posteriore. "Fanculo Elizabeth."
Tremavo dalla punta dei pieni fino alle mani che iniziarono subito a sudare.
Ansia, pensai. Avevo l'ansia come quando uscivo per la prima volta con una ragazza. In questo caso però, avevo paura che lo avrei infastidito.
Mi feci coraggio, salii i pochi gradini e bussai alla porta degli Chalamet.
"Non ti mangiano mica, sei solo di passaggio. Sei venuto per una visita di cortesia. " più cercavo si convincermi per restare calmo e più il tremolio anziché cessare, aumentava.
Bussai di nuovo impaziente. Dopo nemmeno due secondi sentii dire in un americano misto a francese: " Mon dieux, arrivo arrivo."
Nello stesso istante in cui sentii i passi, la porta si aprì.
"Armie. Quale buon vento ti porta qui?" mi chiese Marc Chalamet.
" Volevo vedere vostro figlio" gli dissi frettolosamente. Mi pentii subito di ciò che mi era appena uscito dalla bocca.
Cosa avrebbe pensato il padre ?
"Oh ma certo certo. Entra" mi disse con tutta la sua bontà. Mi fece entrare. Quel piccolo corridoio lo ricordavo a memoria. Era li vicino allo specchio che avevo preso tra le mie mani il suo viso, stampandogli un bacio. Ma quella sera mi sarei limitato solo a parlarci. Non volevo fare le cose di fretta anzi dovevo capire meglio la situazione.
"Caro ma chi era alla......"
"Salve Nicole scusate il disturbo. Non volevo interrompere qualcosa. Voglio solo parlare con vostro figlio."
"È successo qualcosa figliolo?" mi chiese sua madre.
"No. Mi trovavo da queste parti e all'ultimo minuto ho pensato di passare qui" mentii.
"Oh ma che bel pensiero. Beh Timmy è in camera sua da un bel po'. Anzi con la precisione - guardò l'orologio- da quasi un'ora."
L'avrei aspettato giù.
"L'aspetto qui." gli dissi convinto.
"Ma no vai pure tanto lo troverai a letto. Anzi fammi il piacere, digli di scendere che tra poco è pronta la cena."
Arrossii, ma per fortuna i genitori non se ne accorsero.
"Ah a proposito rimani anche tu a cena non è vero?"
"Si va bene" le risposi. Era impossibile rispondere diversamente e poi non volevo tornare a casa, almeno non ora.
Lasciai li i genitori, e mi diressi su. Timmy dormiva al secondo piano. La sua stanza si trovava in fondo al corridoio subito dopo le scale. Da piccolo, come mi aveva raccontato lui, dormiva assieme alla sorella nella vecchia stanza dei genitori, nonché l'attuale camera di Pauline. A 15 anni grazie alle sue lamentele adolescenziali, aveva convinto i suoi ad adibire il vecchio studio del padre con bagno annesso, in una stanza per dormire.
Rimasi per qualche minuto di fronte alla sua porta. Il cuore mi batteva a mille e non perché avevo fatto di corsa le scale, ma perché avevo fretta di rivederlo.
Bussai piano alla porta. Nessuna risposta. Riprovai una seconda volta con più insistenza. L'effetto fu immediato. Lo sentii sbraitare qualche parola in francese e quel gesto mi fece ridere.
"Foutue arrivée. Je ne suis pas sourd. Arrête de frapper la bite"
Non sapevo cosa aveva appena detto ma compresi che il continuare a bussare lo avesse infastidito.
"Arrivo" continuò a dire. Nello stesso momento in cui abbassai la mano, la porta si aprì e mi ritrovai la mia dose giornaliera di tranquillante solamente avvolta da un asciugamano.
"E tu cosa ci fai qui"
"Volevo vederti Elio."
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Tu sei il mio Oliver ed io sarò il tuo Elio - La Scoperta del Cambiamento
Fanfiction!!!!!!!! IN REVISIONE !!!!!!!! «...replicai il gesto di quella notte, portando questa volta, le mie labbra umide e calde su quelle di Tim. E questa volta senza nessuna esitazione, senza paura e vergogna, ma solo e semplice desiderio di averlo...» ...