55. E poi caddi con le ali spezzate

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Dov'era finita la grinta di prima? Il coraggio? La determinazione?  Dov’era finito il Timmy che solo pochi minuti prima aveva trovato la giusta grinta per poter affrontare il problema? La risposta era semplice ed ovvia : erano scomparsi nel momento in cui mio padre entrò nell'appartamento di Saiorse. Ero tornato ad essere il suo figlio sottomesso e impaurito.  Al loro posto, era comparsa la medesima reazione che avvertivo quando mio padre era vicino a me. Non ero pronto ad affrontarlo, non ero pronto ad avvicinarmi a lui.
A rendere più difficile la situazione allo stesso tempo pericolosa, fu quella luce argentea dannatamente familiare. Perché era venuto fin qui, con l'oggetto più caro di mio nonno? Che cosa ci doveva fare ? Iniziai ad avvertire il cuore in gola e le mani sudaticce. Avevo paura e non ero l'unico ad averne in quella stanza.
Saiorse indietreggiava sempre più verso la cucina tenendo Kelly ben salda nella sua mano, mentre abbaiava contro l'intruso appena entrato. Armie invece, era affianco a me,  paralizzato di fronte alla vista del fucile che era puntato dritto su di noi. Mi strinse sempre di più verso di sé parandosi  davanti per farmi da scudo. Mio padre si spostò sempre più avanti senza cambiare la mira sul mio ragazzo.
"Togli le mani di dosso da mio figlio" tuonò con la sua voce  profonda.
Armie era in difficoltà. Non sapeva se parlare o agire. Gli strinsi più forte che potevo i fianchi, con l'intento di fargli capire di restare fermo. Non dovevamo parlare perché conoscendolo, lo avremo fatto di più infuriare e sarebbe precipitato tutto in un baratro. Non sentivo più le gambe e la testa iniziò a girare perché mi ero dimenticato di respirare.
"Ho detto di staccarti da lui" disse colpendolo con il fucile sulla bocca dello stomaco e facendolo cadere all'indietro.
"Noooo. Papà nooo"
Kelly , il pastore tedesco, gli ringhiò contro con più ferocia e Sors dovette reggerla per il corpo oppure sarebbe saltata addosso a mio padre.
"Zitto tu... resta indietro.."
Era completamente uscito di senno. Era piombato lì con l'intento di portare a termine ciò che stava pensando da diversi giorni: separarmi da Armie. E questa volta non si sarebbe limitato solo alle parole.
Scacciai via quel pensiero assurdo.
"Papà ti prego metti giù il fucile." Gli dissi con la voce tremante mentre aiutavo Armie ad alzarsi" stai bene? "
aggiunsi sussurrandogli all'orecchio.
"Si" rispose.
L'uomo che era di fronte non era esattamente quello che avevo conosciuto, che mi aveva cresciuto ed educato con  giusta severità. L'uomo con i capelli bianchi brizzolati e lo sguardo di ghiaccio, non appartenevano a mio padre ma all'altra faccia della medaglia: Marc Chalamet. La sua determinazione alla fine era diventata una vera ossessione. Volevo a tutti i costi che io non fossi bisessuale, che non uscissi con gli uomini e soprattutto con il mio collega Armie. Il fattore più che era sconcertante per lui, riguardava la nostra vicinanza. Non tollerava che lo toccassi o semplicemente lo sfiorassi. Bastava poco affinché perddesse la calma utilizzando l'oggetto. Mio padre aveva più volte detto che il fucile del nonno era solamente in cimelio di famiglia, usato solo per divertirsi nei momenti di caccia all'anatra nel sud della Francia.  Ma questa volta aveva deciso di commettere una deviazione a quella regola.
Abbassò il fucile e senza cedere la presa, puntò un dito contro Armie.
"Cosa ti avevo detto ? Perché non mi hai ascoltato in ospedale?"
"Signor Chalamet per favore mi lasci spiegare.. io amo suo figlio."
"Tu non ami mio figlio. Queste cose non sono possibili nella mia famiglia. Non permetterò che uno scempio come il vostro rovini il nome degli Chalamet. E ora togli le mani di dosso o ti pianto una pallottola in testa."
Sors scoppiò a piangere a dirotto.
"Tu vattene se vuoi, sei l'unica in questa casa a non c'entrar nulla." Disse mio padre guardandola finalmente in faccia.
Non se lo fece ripetere due volte e così si diresse verso la camera tenendo ben stretta nella sua mano, il guinzaglio di Kelly. Sentii la serratura chiudersi. Grazie al cielo , pensai. Almeno Saiorse sarebbe stata al sicuro.
Tornai a guardare mio padre che era rosso in faccia per la rabbia. Tremava anche, ma non per paura, non per tremolii nervosi. Tremava perché si stava trattenendo.
Mi feci coraggio nonostante sentivo ik cuore che impazziva. Gli andai incontro ma più mi avvicinavo e più Armie mi seguiva appresso.
"Fermati o ti sparo" gli inveì contro.
"Tim per favore torna indietro" mi implorò Armie. Non lo ascoltai e proseguii verso mio padre. Dovevo almeno provare a calmarlo prima che la situazione degenerasse del tutto e portasse conseguenze irreparabili.
"Papà per favore posa il fucile del nonno e parliamo normalmente" gli dissi ormai con il volto rigato dalle lacrime e con la voce smorzata dallo spavento. I suoi verdi più freddi che mai, mi incenerirono.
"Non piangere come una femminuccia. Io ti ho cresciuto come un uomo e come tale, devi essere. Sbrigati vai a prendere le tue cose e torniamo a casa" puntò di nuovo il fucile verso il mio ragazzo che si era mosso e aggiunse" non mi istigare Hammer. Tu non conosci la mia determinazione."
"Armie per favore fai quel che ti dice." Gli dissi.
"No Tim. Tim per favore... " iniziò a balbettare e  incespicando come non avevo mai visto.
Feci come mi aveva detto, presi la valigia e la chiusi velocemente nel fratempo che le lacrime mi inzuppavano la maglietta. Lo odiavo troppo. Odiavo ogni fottuta cellula di Marc Chalamet. Odiavo la sua determinazione e la sua ostilità nel ripudiarmi. Mi odiava e lo capivo dal modo in cui mi pugnalava alle spalle con le sue occhiataccie affilate. Stavo per crollare ma dovetti farmi forza. Dovevo allontanarlo da quell'appartamento, da Sors ma soprattutto da Armie.
"Muovitiiii" tuonò dietro le mie spalle. Vedendomi fermo sulla soglia della camera mi venne incontro e con la mano libera mi tirò i capelli.
"Non lo tocchi cazzo non lo tocchiii" gridò Arm, nel momento in cui mio padre mi sbattè contro la porta.
Sentivo il corpo freddo della canna a ridosso della mia schiena.
"Non muoverti o gli sparo."
Non avevo pensato molto a quanto fosse pazza la sua ostilità e nemmeno a quanto l'avesse spinto a compiere. Ma ora, con il muso appiccicato alla porta e la freddezza metallica del fucile piantatomi contro, riuscivo a comprendere pienamente di quando fosse capace mio padre.
"Ok ok." Guardai di profilo Armie alzare le mani e spostare velocemente lo sguardo dalla canna del fucile alla mano di mio padre, dalla mano al mio viso. Anche i suoi occhi erano spaventati quanto i miei. Vattene Armie, pensai ad alta voce pregando che mi ascoltasse. Che la sua testardaggine non avrebbe preso il sopravvento.
"Arm... ti prego ...." gli dissi. Sentì la stretta farmi sempre più male.
"Smettila di parlare.... "
"Papà per favore...." non finii la frase che subito mi ritrovai il calcio del fucile sulla bocca dello stomaco. Caddi a terra sbattendo a sua volta la tempia sul parquet. 
"Ne me fais pas de mal Temotheé."
Mi sollevò da terra e con la stessa forza di prima, mi strattonò all'interno della camera e con un colpo solo la chiuse dietro di sé. Mi guardò indemoniato e posò il suo fucile incastrandolo contro la porta.
"Noo mi faccia entrare. Marc per favore non gli faccia del male. Apra la porta" gridò Armie dall'altra parte spingendo contro.
Mio padre si lasciò alle spalle le sue inutili preghiere e si tirò su le maniche lasciando in bella mostra le sue possenti braccia. Sapevo cosa stava per fare ed ero grato a Dio che Armie non fosse presente lì. Avrei preso tutte le botte del mondo pur di saperlo al sicuro.
Inghiotti il bolo amaro che avevo in bocca e aspettai che la  sua furia si sfogasse.
"Timotheé mi hai costretto a fare questo. Non mi hai ascoltato quando avevi ancora tempo. Hai deviato per una strada che non tollero affatto" mi ripresi i capelli stringedoli più forte di prima. Mio padre sarà stato anche basso e robusto ma la forza non gli mancava affatto. La rabbia non faceva altro che alimentarlo.
"Mi dispiace, papà. Mi dispiace" dissi singhiozzando.
"Ho detto che non devi piangere... frocetto che non sei altro." Mi tirò la testa all'indietro costringendomi ad osservarlo.
La porta traballò sotto i colpi incessanti delle spallate di Armie che continuava battersi pur di entrare. Tuttavia il fucile riusciva a contenere quelle spinte furiose.
"Il tuo uomo sembra che non abbia capito nulla."
Detto ciò tornò a prendere il fucile e lo puntò sulla mia tempia. Sentivo che la paura ormai stava scomparendo. Non aveva più senso averne perché presto sarebbe tutto finito. L' importante era che la fine non avrebbe coinvolto la mia luce, il mio Oliver. Il resto sarebbe stato insignificante.
Ero rassegnato dall'idea che nulla sarebbe potuto cambiare e per questo mi alzai fregandomene di avere puntato contro quell'oggetto metallico. Il coraggio si era fuso con la rassegnazione.
"Fai quello che devi fare padre." gli dissi alzandomi e spingendo il mio torace contro i fori d'uscita del fucile da caccia.
"Non cambierai ciò che provo per Armie. Non mi interessa più cosa mi farai. Io amerò sempre...."
"Zitto. Zittoooo" mi colpì di nuovo allo stomaco. Mi fece cadere sul letto affianco alla valigia e il fucile me lo piazzò contro la mia gola.
Sentii i cardini della porta farsi sempre più cigolanti. Ti prego fa che la porta arregga, che Armie non entri, pregai mentalmente.
"Io ti uccido con le mie stesse mani." disse spuntandomi in faccia.
Strinse quel poco per farmi entrare in testa la realtà di quella minaccia.
"Fai pure papà" riuscii a dire nonostante la pressione crescente alla gola.
Lo guardai dritto negli occhi, senza emettere una lacrime e nessuna parola. Mi limitai a fissare quei suoi occhi crudeli e profondi.
"Dannazione non guardarmi in quel modo" tuonò ancora stringendo la presa attorno al collo.
Sentivo la pressione metallica del fucile schiacciare la trachea. Respiravo a fatica e ad ogni respiro i polmoni si riempivano  bruciando all'impazzata. Sembrava la stessa sensazione di quando Pierre mi aveva fratturato le costole laterali sinistre.
"Apra questa stramaledetta porta... Timmyyyyy ...... " gridò Armie furioso.
La porta era piegata in un più punti e presto sarebbe scoppiata senz'altro.
"Arm... " dissi con un filo di voce rimasta.
Nell'esatto istante in cui mio padre mi picchiò di nuovo al centro dello stomaco, i cardini della porta si spostarono dalla loro posizine, lasciandola cadere al centro della stanza e alzando una nuvola di polvere.Armie si lanciò contro mio padre liberandomi così dalla stretta del fucile.
Iniziò a picchiarlo sferrando calci e pugni sull'addome e sulla faccia. Con un piede allontanò a sua volta il fucile da mio padre per impedirgli un'eventuale via d'uscita.
"Non lo deve toccare" continuò a ripetere furioso Armie. Mi alzaii e gli andai incontro per separarlo. Non valeva la pena accanirsi.
"Arm lascialo. Andiamocene per favore." Lo strattonai il giusto per indirizzarlo verso la porta.
Mi diede ascolto ma prima di andarsene tornò a fissare mio padre per un'ultima volta.
"Provi ancora a toccarlo, a sfiorarlo contro la sua volontà e vi giuro che commetterò un omicidio. Fosse l'ultima cosa che faccio."
"Oh no invece.... sarò io a commetterlo" rispose mio padre.
Si alzò da terra e si lanciò in direzione della  sua sinistra dove l'arma era caduta e con una velocità che non avrei mai creduto che possedesse, lo sollevò di nuovo.Tutto ciò che successe dopo si svolse in modo veloce e immediato.  La mia mente memorizzò ogni minuscolo dettaglio di quell'istante. Io che mi accingo a pararmi di fronte ad Armie, cercando invano di spingerlo il più lontano possibile da  quella follia paterna.
Ma fu tutto inutile perché accadde l’esatto contrario.
"Lui nooooo.... "
Fu Armie a spingermi via facendomi cadere a terra e in tal modo consentendomi una via di salvataggio.
"Armieeeee" gridai con le lacrime agli occhi.
Nello stesso istante in cui urlai il suo nome, il suono che  di più temevo al mondo, arrivò come un fulmine in ciel sereno.

Un suono che mi fece accapponare la pelle. Un suono stridulo, metallico e rumoroso tipico di un colpo di canna di fucile.

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"Armieee" la sua voce tremante e piena di dolore sarebbe stata l'ultima cosa che avrei ricordato. O forse no? Prima che quel suono cupo e metallico centrasse il mio corpo , ebbi la fortuna di osservare, forse per l'ultima volta, il volto del mio angelo custode che mi guardava come solo lui sapeva fare. Il suo verde smeraldo si perse per un'ultima volta nei miei blu oceano.
Poi caddi a terra con le ali spezzate dal suono inarrestabile dell'ira del padre.

FINE.
(Non sarà una fine ma un arrivederci.... presto altre avventure)

Tu sei il mio Oliver ed io sarò il tuo Elio - La Scoperta del CambiamentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora