54. La nostra felicità sarebbe finita?

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La passeggiata al mare mi aveva fatto capire che Tim non so sarebbe arreso facilmente. Voleva a tutti i costi sapere cosa mi affliggeva con il mio matrimonio ormai finito. Bella domanda, pensai. Avrei chiuso senz'altro con lei, ma i miei figli? Li avrei lasciati soffrire in un via vai fatto di avvocati, affidamento, separazione? Non ho il coraggio di trasmettere quelle stesse sensazioni che ho passato io. Rabbia, ansia, isolamento fino al mutismo forzato. Non ne valeva la pena proprio, saremmo rimasti in accordo almeno su quello e Timmy doveva restarne fuori perché aveva già fatto tanto affrontandolo da solo tutto il resto. 
Quel piccolo diavoletto mi aveva sporcato tutti i pantaloni di sabbia, pensai osservandomi allo specchio del bagno. Oltre i pantaloni, anche la camicia non era da meno. Pensavo che si fosse rotta la notte scorsa quando Timmy me la strappò di dosso in un momento di selvaggia passione. Invece eccola li, ancora intatta. Timmy si era accorto che quella che indossavo non era una semplice camicia, almeno non delle mie. Ciò che indossavo era suo e in alcune parti, era impresso ancora il suo odore. Un odore forte che avevo ben memorizzato dopo aver assaporato ogni millimetro della sua pelle. Il profumo mi ricordava molto il gelsomino. Me la sfilai e l'annusai nei punti precisi dove quel profumo ancora non si era mescolato con quello del sudore.
Difficile da dimenticare e difficile da trovare. Era un esemplare unico il mio angelo e nessuno poteva eguagliare in qualche modo la sua essenza.
Mi eccitava troppo indossare i suoi vestiti o meglio quelli che mi riuscivano ad entrare. Mi ritornava in mente il modo con cui Oliver ed Elio si scambiavano i propri, dall'intimo ai costumi, dai pantaloni alle magliette e felpe. Chissà se anche il mio Timmy lo aveva paragonato a loro.
Lasciai la camicia a ridosso del lavandino così da ricordarmi di lavarla più tardi. Tolsi il resto dei vestiti e quest'ultimi li misi frettolosamente nella lavatrice di Saiorse. Un po' mi sentivo in colpa per l'amica di Timmy. Erano tre giorni che mi ospitava e ancora non aveva detto nulla su quanto potessimo restare. Stando a quanto detto da lui, Sors era felicissima di averci lì con lei. Ne ero felice anch'io ma dovevo trovare una nuova abitazione in cui riposare con il mio piccolo uomo. In quella casa ovviamente non potevo fare ciò che avrei  fatto, se fossimo stati soli. Quindi addio sesso, pensai.
Accesi il piatto doccia e prima di entrare mi osservai riflesso allo specchio. L' Armie che avevo di fronte era diverso da quello che vedevo e che viveva nella villa. Quello riflesso era più giovane, solare e .... sereno da chissà quanto tempo. Le occhiaie tipiche che avevo a causa delle notti insonni passate tra pannolini e biberon, stavano diminuendo o meglio erano quasi invisibili.
È vero che il sesso porta miracoli. Ma se lo fai con la tua perfetta metà beh, il risultato finale è un cambiamento radicale. Ero cambiato eccome.
Fissai la base del collo dove c'erano dei lividi appena visibili.
"E poi sono io il vampiro" dissi toccando il punto in cui Timmy mi aveva morso. Avrei avuto quel succhiotto per diversi giorni e poco mi importava se era ben evidente e in bella mostra. Bastava a ricordarmi che quella notte c'eravamo posseduti a vicenda, che quella  notte, Timmy l'aveva resa una delle migliori: semplice, unica e magica.
Mi docciai al volo perché non volevo stare troppo lontano da Tim. Lo avevo lasciato in balia della curiosità di Sors. Da quando avevamo varcato la soglia di casa, Sors era completamente eccitata di sapere ogni cosa; per questo motivo e anche per le sue occhiataccie strane che mi aveva riservato, li ho lasciati soli a chiacchierare.
Le donne sono sempre le donne, pensai ridendo. Anche la mia risata era diventata più cristallina e spontanea anziché roca e forzata. Il dolce di quella notte, con il suo nettare aveva contribuito a rendermi migliore. Almeno per lui dovevo esserlo. Mi asciugai con la stessa velocità con cui mi ero docciato e dopo essermi messo i soliti jeans uscii a torso e a piedi nudi fuori dal bagno.
"Timm" lo chiamai dal corridoio.
Dovevo assolutamente andare a comprare una tuta. Odiavo indossare i jeans, li sentivo troppo aderenti per il mio corpo e troppo scomodi. La tuta al confronto era l'esatta figura della comodità.
"Tim amore" dissi ancora una volta ad alta voce, non ricevendo risposta.  Ancora niente. Decisi di andare in salone incurante di essere mezzo nudo. Superato il bagno e la camera di Sors, mi bloccai  sull'orlo della porta in cui alloggiavamo. C'era un fracasso enorme. Che stava succedendo lì dentro? Non appena entrai vidi il caos più totale regnare in quei venti metri quadrati. La valigia di Tim era sul letto singolo aperta e i vestiti tutti buttati al centro a formare una torretta traballante. Timmy correva avanti e indietro per la stanza intento a prendere le cose che aveva lasciato.
"Piccolo che cosa succede?" chiesi andandogli incontro. Gli posai una mano sulla spalla rigida e tesa e lo voltai. Il suo volto era pallido e i suoi occhi spiritati.
"Arm dobbiamo andarcene" disse scrollandosi di dosso la mano e continuando ad ammucchiare oggetti su oggetti.
Mi stava facendo preoccupare sul serio quel suo modo sbrigativo e agitato.
"Che cazzo succede Tim? Perché dobbiamo andarcene" questa volta l'obbligai a voltarsi per guardarmi dritto negli occhi. Lo scossi il giusto per farlo riprendere da quella trance.
Non sapeva cosa dire. Tremava e sudava e il suo respiro si era fatto sempre più veloce e profondo.
"Tim diamine vuoi parlare. Mi stai facendo preoccupare."
"Sta arrivando. Dobbiamo andarcene Arm"
Che cosa voleva dire? Chi è che stava arrivando? Ma soprattutto, perché era così spaventato a morte ?
"Papà."
"Cosa c'entra tuo padre?"
Stava perdendo il controllo e lo capii da come il tremolio stava aumentando. Lo abbracciai più stretto che potei. Non mi piaceva proprio vederlo così afflitto e spaventato, mi angosciava. Singhiozzò e sentii le sue lacrime bagnarmi il mio torace.
"Ehy amore mio, shhh non ti preoccupare."
Aveva  così paura di suo padre, da farlo singhiozzare in quel modo? Provai una rabbia immane per quell'uomo. Marc Chalamet all'inizio mi era sembrato un uomo austero, severo al punto giusto ma anche buono. Ma poi conoscendolo attraverso i ricordi di Tim e da ciò che aveva fatto, mi ero rimangiato tutto sul suo conto. Quale padre ripudia il figlio solo perché è innamorato di un altro uomo? Quale padre esilia quel piccolo angelo sbattendolo fuori  di casa, senza esitazioni e senza cuore? Ovviamente Marc Chalamet era quel tipo di uomo con una mente marcia. La sua mentalità era antiquata. Strinsi i pugni; non dovevo perdere la calma non in quel momento che l'angelo aveva le ali piegate.
"Amore per favore....." dissi baciandolo   sulle labbra.
Finalmente decise di muoversi.
"Papà sta arrivando qui. Vuole a tutti i costi farmela pagare"
"Pagare ? " dissi con voce incredula.- fartela pagare per cosa?"
Si strinse più  forte al torace e singhiozzando mi spiegò come, durante la sua breve ospedalizzazione, il padre assieme alla sua famiglia, sorella e madre comprese,  lo aveva sgridato dandogli dello stupido e irresponsabile. Capii dove volesse andare a parare il padre. Certo, perché non ci avevo pensato prima? La causa dell'incidente a casa mia, l' aveva paragonato non a Tim, ma a me. Marc Chalamet, da quando aveva capito tutta la storia che si celava dietro, aveva cambiato idea sul mio conto. Per lui ero uno sconosciuto che aveva influenzato la mente di suo figlio fino a farlo uscire di senno. Come se amare una persona dello stesso sesso possa cambiare la mentalità, pensai arrabbiato. Non avrei permesso che quell'uomo e che la sua mebte bacata, arrivassero a far del male al mio ragazzo. Poco importava che fosse suo padre. Ero pronto s battermi con chiunque pur di difendere la sua fragilità e non avrei giocato pulito.
"Timmy guardami... non permetterò di lasciarti intimorire in questo modo. E non scapperemo perché non stiamo facendo assolutamente nulla di male."
Si  divincolò velocemente dall'abbraccio, guardandomi allo tempo come se l'avessi ferito in qualche modo.
"Tu non conosci mio padre - disse urlando- quel pezzo di merda è derteminato e quando si mette una cosa in testa, nulla e sottolineo nulla, riesce a distogliere la sua attenzione."
"Timmy calmati non c'è bisogno...."
"Facilo a dirlo per te. Tu non ci sei cresciuto con uno come lui. Tuo padre sarà diverso..." mi urlò di nuovo contro. Fu lui a ferirmi con quelle parole. Io un padre non lo avevo mai conosciuto. Avevo due anni quando si separò da mia madre, lasciando sola, indifesa e con due bambini da crescere. Non poteva sapere com'era stata la mia infanzia.
"Non sai quello che dici" gli dissi irritato.
"Io invece si. Perché sei ottuso. Lui verrà qui."
"Lo aspetteremo e ci parleremo come due persone civili." Quello che disso sembrava troppo falso persino per me. Quando Timmy fu ricoverato, Marc Chalamet mi aveva letteralmente intimato di allontanarmi da suo figlio  altrimenti mi avrebbe costretto con le cattive.
"No invece, noi non resteremo. Andremo via. Non voglio vederlo"
Era  talmente agitato dall'idea dell'imminente incontro con il padre che a stento riusciva a ragionare concretamente.
"Timothee" dissi gridando e scuotendolo. Presi il suo viso tra le mie mani. Ci guardammo a vicenda. Aveva gli occhi rossi e gonfi per aver pianto. Mi strinse lo stomaco, perché  vederlo così mi uccideva.
"Amore" dissi più dolcemente. Non valeva la pena litigare tra di noi quando la vera minaccia sarebbe arrivata a momenti. Timmy aveva bisogno del mio totale appoggio per quanto fosse fragile.
"Arm ti prego.." rispose implorandomi.
Respirai a fondo e appogiai la mia fronte alla sua.
"Amore mio, non permetterò che tuo padre ci divida o che ti faccia del male. Deve passare sul mio cadavere prima. Vedrai che avrà da dire le sue cose e noi gli risponderemo a dovere."
Lo abbracciai di nuovo sperando con tutto me stesso che la mia sicurezza lo coinvolgesse a tal punto da affrontare l'inevitabile: la determinazione del padre.

Tu sei il mio Oliver ed io sarò il tuo Elio - La Scoperta del CambiamentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora