Sono passati due giorni da quando mi hanno dimesso dall'ospedale. Due giorni che vivo con la piena consapevolezza che ora tutto può procedere nel meglio. Armie aveva finalmente lasciato sua moglie dopo aver scoperto la verità che gli avevo tenuto nascosta per molto tempo. Alla fine tutto è venuto a galla causando solo altro dolore, ferite che difficilmente si sarebbero chiuse e altri problemi da risolvere. Il primo fa tutto era mio padre. Da quando che ho messo piede fuori dal ricovero, mio padre si è fatto sempre più pressante. Ogni ora mi chiama al telefono, o al fisso di casa di Sors. Tanto è inutile perché troverà sempre un silenzio.
Sapevo che questa tattica non sarebbe servita a molto, soprattutto perché, conoscendolo, la sua determinazione sarebbe arrivata ovunque . Ne avevamo parlato assieme con Armie, ma lui evidentemente non era preoccupato quanto me di quella frivola e maligna determinazione paterna. Vivevo sempre in agitazione per ogni spostamento, per qualsiasi persona che bussava alla porta. Avevo paura che mio padre mi venisse a prendere con le forze e mi obbligasse in tal modo a separarmi da lui.
"Sono preoccupato come sempre" gli dissi una sera mentre eravamo usciti a passeggiare lì nei dintorni. Ultimamente l'aria all'interno dell'appartamento di Sors si stava facendo sempre più strana. Non potevo non biasimarla, avevo pregato di non chiamare mia sorella perché avrebbe solo che complicato le cose. Dopo il ricovero avevo deciso di tagliare i ponti anche con Pauline. Mi aveva tradito, raccontando tutti i miei fatti e quelli di Armie alle persone meno opportune: i nostri genitori.
"Piccolo, ci penseremo più in là. Godiamoci questi giorni." Disse massaggiandomi una spalla. Nemmeno il suo tocco così profondo ma leggero, riusciva a calmarmi o quantomeno a distogliere l'attenzion dall'inevitabile testardaggine di mio padre. Era questione di poche ore e sarebbe successo qualcosa di brutto. Me lo aspettavo e per questo non riuscivo a parlarne con Armie.
"Ehy vuoi dirmi cosa c'è che non va?" Mi chiese fermandomi ad osservarlo nel suo mare serale dei suoi occhi. Non potevo affligergli anche le mie preoccupazioni. Quelle le avrei dovute affrontare da solo. Eppure, il suo sguardo, che mi faceva sentire ogni volta le farfalle nello stomaco, mi impediva di dire bugie.
"Mio padre." Finalmente lo avevo confessato. Mi ero liberato di quella paura che mi stava opprimendo da due giorni.
"Cosa ha fatto per farti diventare così distaccato?" Mi chiese preoccupato.
"Non sono distaccato." Gli feci notare.
"Timmy non devi essere preoccupato per quello che è successo. La colpa non è tua ma di quello stupido di Pierre. E sai che ti dico non me la prendo nemmeno con Elisabeth perché in fondo ci ha agevolato le cose. Ora sei mio Timmy e niente mi impedirà di averti."
Era così serio quel discorso da infondermi coraggio.
"Arm, non conosci mio padre come lo conosco io. Lui vuole a tutti i costi che ci separiamo definitivamente. Da la colpa a te per quello che è successo. Ma non è così. "
"Esattamente. Non è così. Ti sta solo mettendo paura. E non glielo permetterò. Adesso vieni ti ho fatto una sorpresa."
Sorpresa ? Di cosa alludeva?
"Sorpresa? Cosa mi stai nascondendo" gli dissi ridendo.
Anziché rispondermi mi issò sulle spalle come fece quel pomeriggio sulla spiaggia a Long Beach, e con la stessa spensieratezza, corse senza fatica verso la macchina parcheggiata.
"Mettimi giù idiota" gli urlai ridendo e colpendolo sulla schiena.
"Fermo che così caschiamo" detto fatto, perse l'equilibrio cadendo sul marciapiede.
"Vuoi rifarmi tornare in ospedale?"
"No. No" rispose ridendo come un matto.
Era così bello vederlo felice e sorridente. Sapere che dopo il tradimento era rimasto così solare e perfetto. Perfetto erano il suo sorriso, i suoi denti bianchi e le sue labbra sottili e morbide che conoscevo alla perfezione.
"Mi stai osservando."
"Certo. Perché sei bello."
Mi sedei sopra di lui e lo baciai con più passione. Cercai con la mia lingua la sua calda e fremente. Ci baciammo con più desiderio lì sul marciapiede di una strada. Era tanto strano quanto eccitante. Con un mano, gli strinsi i capelli biondi ispidi al mio tatto, mentre con l'altra feci un gesto che lui stava aspettando quanto me. Gli toccai l'addome scolpito e scesi lentamente verso il basso. Sentivo la sua eccitazione crescere sempre di più.
"Fermati diavoletto. Non qui. Non in strada. Devi pazientare." Disse fermandomi giusto il tempo prima di abbassargli la cerniera.
"E quanto?"
"Fa parte della sorpresa. Devi resistere."
Odiavo aspettare e odiavo profondamente le sorprese. Creavano solo ansia, buona ma, pur sempre da farmi impazzire. Questa volta però non mi feci pregare due volte. Ci alzammo da terra e salimmo in macchina.
La destinazione mi era ignota come il resto. Mi aveva detto solo che prima avremmo mangiato e solo dopo mi avrebbe accontentato. A quel pensiero diventai rosso e le mani iniziarono a sudare.
La mia mente già era proiettata in quel momento futuro. Come mi sarei dovuto comportare? Perché avevo paura?
Armie accese la radio e iniziò a cantare una canzone che non conoscevo. Padroneggiava quelle parole come se niente fosse.
"I'll be waiting for you
Here inside my heart
I'm the one who wants to love you more
You will see I can give you
Everything you need
Let me be the one to love you more"
Quell'uomo sapeva fare di tutto. Anche cantare gli riusciva benissimo. La sua voce era così seducente che quando cantava lo diventava ancora di più. Avevo i brividi su tutto il corpo.
Non conoscevo la canzone ma la cantante mi era familiare. La sentiva mia madre quando ero un piccolo marmocchio di cinque anni: era Celin Dion.
"Passi dal genere Pop, R&B, a questo?" Gli dissi prendendolo in giro.
"Dai non mi dire che non è brava."
Si sporse in avanti fino ad arrivare ad una spanna dal mio viso. Sentivo il suo odore di pino misto al profumo del detersivo per i panni.
"Brava è brava. Ma è roba pallosa."
"Ma sentitelo. È roba pallosa" scimmiottò, cercando di imitare la mia voce.
Continuammo in quel modo per un altra ventina di minuti mentre percorrevamo le strade che portavano al centro di Los Angeles. Mi fece diverse domande su i più svariati argomenti come i miei film preferiti, i libri letti (un'infinità di domande sui libri, su quelli letti in francese e non), sui posti visti e quelli che ancora non avevo visitato, i miei artisti preferiti. Su quest'ultimi Armie si era fissato maggiormente.
"Cioè mi vieni a prendere in giro per la mia musica e tu te ne esci con artisti come Harry Styles, Maroon V, Beyoncè."
"Si."
"Che gusti brutti che hai." Disse ridendo.
"Ognuno hai propri gusti."
Gli dissi irritato e voltandomi a guardare fuori dal finestrino. Ad Armie piaceva correre molto nonostante fossimo all'interno di strade urbane. Vedevo i lampioni sfrecciarci vicino.
"Ti ho offeso per caso?"
Non gli risposi subito, volevo punzecchiarlo un po'. Sentii la sua mano accarezzarmi il mento e poi girarlo lentamente.
"Guardami. Non mettermi il broncio."
"Allora rimangiati tutto."
"Mi rimangio tutto" disse accompagnandolo con un gesto teatrale di imboccare qualcosa.
Sorrisi come un cretino perché adoravo il modo in cui faceva lo stupido.
Finalmente Armie iniziò a decellerare e cercare un parcheggio vicino.
Quella via la conoscevo benissimo. La Pacific Ave era famosa per la presenza di diversi ristoranti di diverse etnie. Si partiva da quelli spagnoli, egiziani, cinesi, thailandesi per poi proseguire con quelli americani, italiani e greci. Oltre hai ristoranti c'erano anche negozi di abbigliamento sportivo come l'Adidas Store. Risi fra me, sicuro avremmo fatto un salto li dentro perché sapevo che non poteva resistere al richiamo delle tute. Affianco ad esso invece c'era un Mc Donald e ovviamente un'inevitabile libreria messa apposta per me, pensai.
"Beh quale sarebbe la sorpresa?"
"Lì" disse indicando l'insegna del ristorante italiano « RAFFAELLO ».
Lo guardai incredulo e sorpreso. Mi aveva invitato a cena senza nemmeno dirmelo e per di più in uno dei ristoranti più rinomati, e ovviamente costosi, di tutta Los Angeles.
"Stai scherzando spero?"
"Secondo te è uno scherzo?" Mi chiese aprendo la porta d'ingresso.
La risposta era no, non stava scherzando. Entrammo in un grosso salone. L'interno era molto accogliente, appariscente e caldo. Le pareti erano di un color crema e a dividere le pareti portanti vi erano diversi affreschi di paesaggi italiani che davano un tocco chic al ristorante. Guardai un quadro che ritraeva un paesaggio familiare.
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Tu sei il mio Oliver ed io sarò il tuo Elio - La Scoperta del Cambiamento
Fanfiction!!!!!!!! IN REVISIONE !!!!!!!! «...replicai il gesto di quella notte, portando questa volta, le mie labbra umide e calde su quelle di Tim. E questa volta senza nessuna esitazione, senza paura e vergogna, ma solo e semplice desiderio di averlo...» ...