19. Nella casa del mio desiderio finalmente sono me stesso

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La festa era durata parecchio. Dopo la pista da ballo improvvisata, Pauline e il ragazzo proposero di giocare  a diversi giochi di società, e fu così che la serata si proiettò fino all'una di notte.
Mi sentivo sereno come non capitava da chissà quanto tempo. Era merito di quella piccola riunione familiare ? Forse.
Ma sapevo che in fondo il merito era anche mio. Mi ero lasciato andare a quella strana sensazione che avevo provato negli ultimi giorni. L'ansia per l'attesa alla fine si era tramutata in un gioia immensa, quando avevo rivisto gli occhi di Timmy. Anche se durante il corso della serata mi ero lanciato verso una deriva che ancora ora faccio fatica a pensarci. Avevo sottovalutato Tim, lasciando alle false supposizioni che mi gironzolavano in testa, di prendere il comando della situazione. E come se non dovesse bastare il padre e ovviamente la presenza di Saoirse, non avevano fatto altro che aumentare quel dubbio che mi trascinavo dietro da giorni.
Il perché Timmy mi stesse evitando e il perché di quel bacio.
Avevo dato sfogo alla mia rabbia e come non avevamo mai fatto prima, discutemmo di brutto. Quanto mi odio per quello che ho pensato. Se mi fossi stato zitto e avessi indagato per bene per conto mio, non avrei mai e poi mai ferito Timmy in quel modo.
«Sei stato crudele.» disse una vocina dentro di me.
"Lo so". E me ne vergogno. A vederlo mentre gli sbraitavo contro le mie false e illuse ipocrisie, mi aveva paralizzato. Tremava come una foglia e come se non dovesse bastare, si era messo anche a piangere.
Fragile, lui è fragile. Ed io l'ho rotto.  Fu il suo «vaffanculo» detto di cuore pieno di emozioni in contrasto tra loro, a farmi crollare.
Che cosa avevo fatto ? Pensai in quel momento. Vederlo piangere per colpa mia. Fin dove mi ero spinto? Perché ero arrivato a tanto?
Perché forse la presenza di quella biondina, mi aveva fatto alterare del tutto la ragione. No, lei era stata la goccia a far traboccare il vaso. La questione era un'altra. Cosa c'era in quel vaso strapieno che mi aveva spinto ad agire in quel modo?
«Lo sai, Armie ma non vuoi ammetterlo» disse ancora quella vocina.
«Tu fingi, perché nel profondo sai che quel piccolo ragazzo franco-americano dai capelli corvini e occhi di un verde sgargiante, ha fatto breccia proprio li»
"Li dove?"
«Sai dove»
No che non lo sapevo. Stavo cambiando e forse impazzendo anche, dato che ora sentivo voci nella mia testa. Eppure su una cosa aveva ragione. Non riuscivo a smettere di pensare a Tim e alla sua vita. Perché mai ? Perché propria ora sta cambiando tutto?
Distolsi  l'attenzione da quei pensieri senza risposte e mi concentrai sul loro protagonista. Valeva la pena osservarlo per quei pochi minuti che mi separavano per la strada di ritorno.
Lo guardai di nascosto mentre lui parlava in francese con la famiglia.
Quegli accenti così strani e misteriosi, rendevano il suo modo di parlare più fine, più adulto e più eccitante che mai. Sembrava un intellettuale.
Sarei stato ore a guardarlo ma quando spostai lo sguardo sull'orologio, la realtà mi piombò di fronte. Era tardissimo. Non potevo più patteggiare con il tempo. Avevo delle responsabilità.
Dovevo tornare a casa da una famiglia che mi stava aspettando. Elizabeth, pensai mentalmente.
La amavo, come amavo i miei bambini. Amavo anche la mia piccola villa, con quel giardino ben curato. Tuttavia , nonostante la mia vita privata che mi stava richiamando sempre in modo più pressante, volevo a tutti costi rimanere li in quella piccola famiglia francese. Pauline, Nicole e Marc Chalamet, e si anche Saoirse (piano piano stavo apprezzando anche la sua presenza) mi facevano sentire a casa. Timmy era l'artefice di tutto quel beneficio che stavo provando e proprio per questo che non volevo andarmene.
"Devo andare" dissi alzandomi.
"Oh ma certo. Anche tu hai una famiglia. Vai pure e grazie per la tua meravigliosa presenza"
"Ancora tanti auguri Pauline. Beh ci vediamo alla prossima."
Detto ciò lasciai gli Chalamet nel loro soggiorno e mi diressi in cucina dove Timmy si era momentaneamente rifugiato per bere dell'acqua.
Feci con calma. Lo aspettai sulla soglia della porta della cucina.
"Mi stai fissando. Lo sento"
Sorrisi.
"Ma come fai ? "
"Ho un certo talento." Disse girandosi.
Vedevo ancora la scena di poche ora prima. Lui che tremava e piangeva tra le mie braccia, mentre anche io mi lasciavo coinvolgere da quel pianto.
Lo avevo ferito, avevo inciso una piccola rottura alla nostra amicizia.
Anche se mi aveva perdonato, io ancora ce l'avevo con me stesso.
"Io vado devo tornare. Beth si sarà chiedendo dove sono" gli dissi.
"Di già ? Non puoi restare altri cinque minuti?" mi chiese, poggiando una mano sulla mia spalla.
Perché doveva mettermi in difficoltà ? Perché quel suo sguardo supplichevole doveva farsi breccia nelle mie emozioni?
"Lo sai che non posso."
"Lo sai che non posso" replicò lui, imitandomi alla perfezione. Ridemmo entrambi. Quanto era bello quando rideva di crepapelle. Sembrava se stesso. Felice e sereno.
Era la mia presenza a sortirgli quest'effetto?  Amore e amicizia, potevano coesistere nello stesso momento?
"Devo andare Timmy, ci rivediamo la prossima settimana." Questa volta lo dissi convinto e con la stessa convizione mi diressi alla porta.
Mi rigirai per osservarlo un'altra volta, prima di varcare la soglia dell'ingresso.
Aveva lo stesso sguardo sofferente di quando avevamo litigato. No TIM non guardarmi così.
"Ciao Armie." Mi guardò con gli occhi lucidi.
"Tim."
Fu  proprio in quel momento e forse anche per colpa dell'ansia, che era tornata più vincitrice di prima per l'imminente nostra separazione, che mi spinse a compiere una cazzata. La cazzata più bella della mia vita.
Incurante degli ospiti dell'altra stanza e incurante del fatto di avere una moglie che aspettava il mio ritorno, mi lasciai  travolgere dall'emozione che finalmente avevo accolto in pieno:  IL DESIDERIO.
Spinto dalla nuova  e straordinaria beatitudine, replicai il gesto di quella notte, portando questa volta, le mie labbra umide e calde su quelle piccole e ben allineate di Tim. E questa volta  senza  nessuna esitazione, senza paura e vergogna, ma solo puro e semplice desiderio di averlo.

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Tu sei il mio Oliver ed io sarò il tuo Elio - La Scoperta del CambiamentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora