II - Un San Valentino da dimenticare

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Trieste, 14 febbraio 1998

Edoardo sorrise, sapeva di essere a casa, quella era la sua famiglia e tutti, persino le bambine, sarebbero state con lui.

Prese un respiro profondo, chiuse gli occhi, sentiva le orecchie in fiamme, ma continuò.

«Io... credevo che provasse qualcosa per me, loro mi avevano avvertito. Mi ha fatto la corte dall'inizio dell'anno, poi due mesi fa ci siamo messi insieme. All'inizio era tutto fantastico... Poi voleva... Lui voleva...» Guardò le bambine e non sapeva come proseguire,

«fare sesso?» Disse Emma con l'ingenuità e la spontaneità di una bambina di sette anni.

Vide Anna diventare più rossa di lui, e gli altri scoppiare a ridere, dopo essersi calmati Giulia confermò l'ipotesi della sorellina. Edoardo era imbarazzato, ma accennò una conferma.

«E tu hai ceduto?» Chiese Sara, con voce dolce, sentiva di aver capito cosa fosse accaduto al suo fratellino.

«Alla fine, sì...» Rispose, sempre più in imbarazzo.

«E poi cos'è successo?» Intervenne Anna in un sussurro.

«Dopo un paio di giorni, mi ha detto... Che non sono bello... Che non so... F-fare niente, e mi ha lasciato...» Adesso aveva le lacrime agli occhi. Sara si alzò dalla sua poltrona e lo abbracciò stretto.

Il suo San Valentino era sicuramente migliore di quello di Edoardo, si sentiva così arrabbiata!
Non lo aveva chiesto ma era sicura che per il ragazzo fosse la prima volta, si poteva essere così cattivi?

«Che stronzo!» Si sentì chiaramente l'esclamazione soffocata di Antonio.

«Papà non si dice.» Esclamò Emma, pronta a rilevare gli errori altrui. Il padre fece una smorfia infastidita, nessuno doveva approfittarsi dei suoi ragazzi, l'uomo era decisamente incazzato, e vedere Edoardo piangere lo faceva star male.

Aveva conosciuto quel bambino solo dopo gli eventi traumatici della sua infanzia, ma ricordava ancora il piccolo spaurito, che aveva incontrato, per la prima volta, in ospedale con Giulia e Francesco, il giorno in cui era nata Emma. Era così felice, di essere considerato tanto importante, da venire incluso tra i primi, ad avere l'onore, di vedere la nuova sorellina, della sua compagna di banco.

Anche ora, che stavano crescendo, non riusciva a smettere, di pensare, a tutti loro, come ai suoi piccoli da proteggere.

«Emma, ogni tanto ci vuole» rispose quindi, guardando la minore delle sue figlie e poi la moglie, che aveva il libro dimenticato in grembo e gli occhi pieni di lacrime non versate.

Anna si era messa le mani sul viso, a dodici anni capiva bene cos'era accaduto, mentre Giulia gli aveva circondato le spalle, con uno sguardo che prometteva vendetta.

Edoardo non avrebbe voluto dire nulla, non aveva detto le parole offensive di Giacomo nemmeno ai suoi amici. Sapevano solo che aveva approfittato della sua inesperienza e lo aveva lasciato poco dopo.

Non aveva idea del perché si fosse lasciato scappare quelle frasi che lo avevano fatto sentire così indifeso, umiliato, come quando da bambino, i suoi cosiddetti amici, lo deridevano perché era di bassa statura e per il suo aspetto delicato quasi da femminuccia.

Edoardo non si piaceva, anche se chi lo amava lo aveva aiutato a credere maggiormente in sé stesso. Andare a fare sport con Francesco aveva sviluppato i suoi muscoli, rendendoli definiti e scattanti, pur mantenendo una corporatura più flessuosa, rispetto a quella massiccia e strutturata dell'amico, lui si considerava, comunque, poco attraente.

Non amava i suoi capelli così chiari, e anche se nelle zone di confine con la Slovenia non erano rarissimi, non erano nemmeno diffusi, si sentiva diverso. Più volte avrebbe voluto scurirseli, ma si vergognava, non amava stare al centro dell'attenzione nemmeno nel suo gruppo, i suoi amici erano abituati al suo aspetto, un cambiamento lo avrebbe messo in risalto, così lasciava perdere.

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