XLIII -Fialmente soli....

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Trieste, 11 ottobre 1998

Mancava meno di un quarto d'ora all'una e alla spicciolata tutti erano andati a dormire.

Laura era rimasta una mezz'ora dopo i fidanzatini Nardi, Edo, con l'aiuto delle ragazze le aveva preparato la poltrona letto che si trovava in mansarda.

Pietro e Sara erano andati a dormire subito dopo, anche qui con le ragazze aveva cambiato le lenzuola, facendoli sistemare nella camera padronale dei suoi genitori, sua madre eccezionalmente le aveva dato il permesso per dormirci lui o prestarla a Sara, dei ragazzini non di fidava. Giulia ed Andrea erano rimasti a parlare con lui ed Eric per un'altra mezz'ora, poi finalmente si erano ritirati nell'ultima stanza degli ospiti, anche loro, come Laura, avrebbero dovuto usare il bagno comune al piano terra.

«Finalmente soli, credevo che non sarebbero più andati a dormire, dovrò fare un discorso sulle priorità a mio fratello.» Disse Eric, baciando il padrone di casa sul collo.

«Sottoscrivo...» Biascicò Edo, la cui eccitazione era aumentata tutta la sera, toccando punte quasi imbarazzanti.

Eric lo aveva stuzzicato ad ogni occasione, in modo discreto ma continuo. L'inglese ne aveva approfittato soprattutto quando si erano accoccolati sotto le coperte, visto che la sera si era fatta più fresca e loro avevano condiviso la stessa.

Edoardo prese il suo ragazzo per un braccio e gli disse senza tante cerimonie:

«Vieni con me.» Detto ciò lo trascinò su per le scale fino all'ultima porta del corridoio, separata dalle altre dallo studio.

Appena furono dentro ripresero a baciarsi, Edo spinse il suo ragazzo contro la porta senza nemmeno accendere la luce. In un primo momento, il buio li avvolse ma poi gli occhi si abituarono e la luce che filtrava dai lampioni del giardino, fu sufficiente a far vedere le linee generali della stanza e, soprattutto, aiutarono a trovare i bottoni dei vestiti, che impedivano un contatto maggiore.

Eric ricambiava i baci, scese con le mani sul torace dell'amante, arrivando al bordo della maglia e infilandosi sotto per accarezzarne i muscoli. Edo, strinse fra le dita i capelli castani dell'altro, accarezzandogli la nuca. Gli inclinò la testa verso l'alto in modo da poter raggiungere facilmente le labbra, di cui si impadronì con le proprie in un bacio che non aveva nulla di delicato, ma che parlava di desiderio ed eccitazione. Eric, lo lasciò entrare senza opporre resistenza. Le loro lingue scivolavano una sull'altra, lottando per la supremazia e cercando di assaporare il gusto dell'altro.

Nello stesso tempo, con l'altra mano Edoardo aveva afferrato la vita del compagno allineando i bacini, provocando una frizione che fece gemere entrambi nonostante il doppio strato di vestiti. Continuarono a divorarsi l'un l'altro e a stringersi sempre di più, quasi a volersi fondere in un unico essere, fino a quando respirare non divenne necessario. Si allontanarono solo lo stretto indispensabile, mantenendo le fronti vicine e i respiri affannati.

Eric non riusciva a distogliere gli occhi da quelle labbra carnose e sensuali, che fino ad un secondo prima erano sue.

Edo, non respirava più, il suo ragazzo era una visione: gli occhi verdi come le foglie che brillano nel sole con la rugiada del mattino; le pupille scure, dilatate dall'eccitazione; i capelli scompigliati; le gote arrossate e le labbra, meravigliose e invitanti, già gonfie dai baci che lui stesso gli aveva dato.

Eric sorrise, facendo fremere il compagno, che emise un verso strozzato. Il ragazzo più minuto senza preavviso sollevò la maglia di Edo e la sfilò lanciandola a terra. I brividi che corsero sulla pelle pallida, illuminata dalla luce ambrata dei lampioni, non erano solo d'eccitazione, ma anche di paura.

I Ragazzi della città del ventoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora