XXII -Preparati al peggio per lottare al meglio.

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Trieste, 24 marzo 1998

Angela era arrabbiata, come poteva quel dottore, spiattellare davanti a una ragazzina, qual cosa di così tremendo, come la perdita della deambulazione senza nessun tatto. Ammesso, oltretutto, fosse vero e senza aver fatto tutti gli esami. Vide Veronica impallidire; piccolina,si era preoccupata per le scarpe, chissà come si sentiva dopo una notizia simile!

«Non credo sia il caso di dare dei tempi, non abbiamo ancora una diagnosi non le sembra prematuro?» Disse rivolta al medico, mentre stringeva la mano della ragazza per darle coraggio. Finché avesse avuto anche un solo respiro non si sarebbero certo fermati a quel parere. Era solo un medico, per quanto bravo potesse essere, sicuramente non capiva un'accidenti; c'erano delle soluzioni a cui non avevano avuto il tempo di pensare, non era necessario essere così precipitosi.

Non avrebbe permesso che, la sua bambina, subisse niente di tutto questo. Gisella era d'accordo con lei; convennero con il dottore di chiedere altri pareri, fare esami, una lunga lista, a partire da quelli che il medico aveva elencato.

Gisella propose il ricovero, sarebbe stata la soluzione migliore. Ovviamente dovevano parlare con i genitori di Veronica, che era minorenne, ma Angela avrebbe fatto in modo che ottenesse le cure migliori. Si sarebbe occupata lei di tutto se loro non lo avessero fatto, anche se era convinta che non appena avrebbero saputo della gravità della situazione, l'atteggiamento dei genitori sarebbe cambiato.

Già, perché anche Gisella era d'accordo su una cosa: il problema neurologico c'era ed era evidente come una macchia di vino rosso su una tovaglia bianca.

Angela si fece spiegare da cosa traessero tanta certezza, e il dottore le disse:

«non ha nessun riflesso, né quelli comuni né gli altri; ne abbiamo nove, lei nemmeno uno. In genere si testa quello del ginocchio, io li ho provati tutti, e non è successo niente.»

«Magari non è grave come sembra...» Disse speranzosa, sorridendo a Veronica, che era diventata pallida e fissava gli occhi fuori dalla finestra, ma sembrava non stesse più ascoltando.

«È molto grave signora, anche la sensibilità al caldo, al freddo e al tatto è tutta sbagliata. Ha notato che steppa a destra?»

«Se ho capito bene vuol dire che zoppica un po', giusto ?» Chiese Angela disorientata,

«in parole povere, sì, zoppica, ma non solo... Le tremano le mani, ha i muscoli delle mani, dei piedi e del palato estremamente accorciati, la coordinazione naso dito è assente...» Continuò il medico senza nessuna emozione e proseguì sollevando una mano per non lasciarsi interrompere:

«... Steppa con un occhio... Non sempre ma l'ho visto, il quadro neurologico ad un esame obbiettivo è chiaro» aggiunse.

«Ovviamente per sapere quale sia, tra le decine di patologie neuro-degenerative, genetiche o autoimmuni, dobbiamo aspettare gli esami. Io suppongo sia la prima, ma qualsiasi sia, non ci sono cure e il decorso è similare.» Continuò con la tranquillità di chi parla del tempo.

Angela si sentiva lo stomaco sotto-sopra, guardò Gisella e la vide negare con la testa e sorridere. L'amica si alzò e salutarono. Mentre si accomiatavano Veronica si mise in piedi, ma barcollò, si portò le mani alla testa, divenne ancora più pallida e si accasciò priva di sensi.

Le due donne la sorressero, il medico la fece sdraiare sul lettino, le misurò la pressione e chiamò un'infermiera, forse era meglio tenerla lì già da quel giorno. Chiamò in reparto e chiese se c'era un letto libero.

«Ok, preparatelo. Ho già la cartella. Mando su una ragazza di sedici anni, D'Amico Veronica... Sì, mi mandate giù un portantino con una barella, ha avuto un malore. Grazie.» Il medico mise giù il telefono e si avvicinò al lettino dove Gisella era riuscita a far riprendere i sensi alla ragazza.

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