XXIII -La vera fortuna...

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Trieste, 10 aprile 1998

Veronica era in ospedale da diciassette giorni; a cui bisognava sottrarre due fine settimana da un giorno e mezzo ogni volta. Le avevano permesso di uscire il sabato a pranzo e rientrare la domenica dopo cena. Ora con le vacanze di Pasqua, avrebbe avuto qualche giorno in più, dal pranzo del venerdì alla cena di martedì.

Non vedeva l'ora di uscire per qualche giorno dall'Ospedale per festeggiare a casa. Come nei fine settimana precedenti sarebbe andata da Francesco anche se i suoi si erano convinti che avrebbe passato le feste presso l'altro genitore come sempre facevano.

Ora iniziava la quarta settimana di degenza, e aveva bisogno di questa pausa.

Era stato un periodo duro, le avevano detto che sarebbe rimasta almeno dieci giorni, invece a quasi un mese ancora non si parlava di dimissioni.

I suoi genitori l'avevano presa esattamente come previsto, certo apparentemente erano presenti, entrambi si erano recati a parlare con il dottor Frangipane, e avevano fatto alcune analisi per capire chi dei due fosse il portatore, probabilmente lo erano entrambi.

I medici erano piuttosto convinti si trattasse di una neuropatia genetica, anche se nessuno in famiglia era a conoscenza di qualcuno che in passato avesse avuto niente di simile.

Il padre si era molto spaventate quando aveva sentito dell'ipotesi genetica e per un attimo Veronica aveva pensato che davvero le importasse, ma poi aveva capito che le sue preoccupazioni erano per Camilla. In realtà anche lei sperava che la sua sorellina stesse bene, non era colpa sua se i suoi genitori l'amavano mentre non sapevano che farsene di lei.

Dopo i primi giorni erano venuti a trovarla sempre meno. Sua madre e Jessica all'inizio pensavano di doverle portare gli abiti e ciò che le serviva, ma avevano conosciuto Angela, che andava da lei una volta al giorno, e avevano visto che per le cose materiali la donna era più che adeguata.

Le informazioni mediche e i permessi d'uscita spettavano ancora ai suoi, essendo minorenne, ma usando il trucco di dire all'uno che andava dall'altro, dopo averli fatti firmare per l'uscita, aveva ovviato al problema.

In realtà a nessuno dei due importava dove si trovasse, ma per una strana forma di orgoglio e per mantenere le apparenze, se chiedeva di restare da Francesco apertamente, entrambi sostenevano che l'altro genitore poteva occuparsi di lei e non era necessario gravare su estranei, e quando aveva provato le avevano negato il permesso. Così, usava il sotterfugio e a nessuno dei due importava abbastanza da perdere tempo per controllare dove fosse effettivamente.

Ottenere le notizie mediche non sembrava facile in teoria, ma i suoi si erano presentati sporadicamente i primi giorni, ma non abbastanza da far capire al personale che la potestà era loro. Angela, non essendo di famiglia, in teoria, non poteva chiedere nulla, ma per fortuna il rapporto tra colleghi di Gisella e Luigi aveva permesso di aggirare anche questo ostacolo. Inoltre, in ospedale erano tutti convinti che fosse sua madre, perché come tale si comportava, quindi facendo finta di niente, aveva chiesto informazioni e le erano state date.

Veronica aveva passato un momento iniziale terribile e ogni tanto aveva ancora tanta paura, ma si era accorta, per la prima volta in maniera forte e concreta, di non essere sola e si sentiva in qualche modo fortunata, soprattutto se confrontava la sua situazione con i bambini del reparto di neuropsichiatria infantile dove era ricoverata.

Quando i suoi amici non erano con lei passava il suo tempo con le madri dei bambini che potevano trascorrere la degenza con i figli, in particolare, quelle con bambini piccoli o con grandi disabilità, approfittavano della cosa.

Aveva fatto amicizia, inoltre, con una ragazza di quindici anni che era in stanza con lei, Amalia. Loro erano le più grandi del reparto, e le loro patologie erano ancora in fase iniziale quindi si potevano muovere tranquillamente.

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