XXXV -L'ultimo giorno di campeggio.

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Baia Sistiana, 9 settembre 1998

Era arrivato l'ultimo giorno di campeggio ed escluso il malore di Veronica del primo pomeriggio in spiaggia, i ragazzi si erano diverti. Avevano rinsaldato vecchie amicizie e stretto nuove conoscenze, sia all'interno del gruppo che con altri campeggiatori.

Erano nate nuove coppie, alcune promettevano bene, altre erano avventure passeggere. Per alcuni, come per la collega di Laura, Cristina il rientro si preannunciava triste, aveva conosciuto un ragazzo, proveniente dalla toscana, con cui aveva legato molto, ma avevano fatto giusto in tempo a conoscersi. La ragazza si aggirava come un'anima in pena per il piccolo accampamento dei suoi amici.

Anche Daniele e Tyra erano dispiaciuti della fine del campeggio, la loro vacanza italiana si sarebbe conclusa a meno di una settimana dal rientro a Trieste e difficilmente avrebbero avuto l'occasione di rivedere gli amici prima di partire. A Pietro dispiaceva particolarmente, tra i suoi amici friulani Daniele era il suo preferito, ma già quando si era trasferito a studiare alla Columbia, aveva capito che si sarebbero visti davvero poco, il suo ritorno con una fidanzata newyorchese gli aveva confermato che la loro amicizia sarebbe proseguita a distanza, era davvero difficile che il ragazzo tornasse a vivere in Italia.

Gli altri, chi più chi meno, non erano entusiasti di ritornare alla quotidianità, soprattutto perché avrebbero perso l'occasione di passare la notte con il proprio compagno, infatti le coppie vecchie e nuove avevano approfittato dell'intimità delle tende per rafforzare i loro legami.

Gli unici che non si ponevano il problema e anzi, erano felici di rientrare, erano Francesco e Veronica, non avevano il problema di separarsi, la ragazza viveva ufficialmente a casa Nardi, da quando era uscita dall'ospedale.

Quando erano arrivati a trovarla, un paio di giorni prima delle dimissioni, i Nardi al competo avevano assistito ad una scena pietosa e terribile allo stesso tempo.

I genitori dovevano riorganizzare il suo rientro, dopo essere stata sottoposta a esami invasivi, in un ambiente fortemente stressante, psicologicamente e umanamente, con in più tutte le preoccupazioni per la suola, aveva necessità di supporto.

Avevano visto Veronica piangere in silenzio nel letto, mentre i genitori e i loro nuovi compagni litigavano furiosamente, cercando di convincere l'altro a prendersi l'incarico di accudire la figlia.

La cosa che aveva addolorato di più la ragazza, non era stata sentirsi respinta, ormai le era capitato troppe volte, ma le parole e le motivazioni assolutamente egoistiche del rifiuto. Suo padre e la moglie avevano detto che non avevano il tempo di seguire una situazione così complessa, dovevano occuparsi della loro bambina, ancora piccola e bisognosa di attenzioni. In più sostenevano che avere una sorella malata vicino, l'avrebbe potuta turbare; è risaputo che i bambini percepiscano le tensioni e la presenza di una handicappata in casa non avrebbe portato serenità.

Era la prima volta che sentiva quella parola rivolta a sé stessa, e faceva male.

La cosa strana era che si trattava di una parola innocua, persino giusta, quella che descrive meglio di qualsiasi altra la situazione, una malattia crea uno svantaggio, una posizione di partenza penalizzante, handicap vuol dire solo questo.

Era il tono di suo padre, l'uomo che per anni aveva amato sopra ogni cosa, che l'aveva ferita, vi era pena con un filo di disprezzo. Veronica si era sentita morire.

La madre poi, aveva detto di aver appena iniziato un nuovo lavoro, dove aveva conosciuto l'attuale compagno, non aveva tempo da perdere dietro a lei.

Francesco si era arrabbiato, senza stare a pensarci troppo, aveva detto ad entrambi quello che pensava di loro come persone e come genitori. Nel frattempo, Angela e Flavio con un solo sguardo d'intesa avevano deciso di occuparsi della piccola.

Angela avrebbe voluto dire loro le stesse cose del figlio, ma sapeva che non sarebbe servito, così ritirò la belva che aveva messo al mondo, facendogli notare il bisogno di sostegno di Veronica. Mentre consolavano la ragazza, l'uomo aveva tirato fuori la sua parte professionale: il penalista di fama, l'avv. Flavio Nardi; in questa veste, più che in quella di suocero, aveva parlato con calma e decisione con i D'Amico. Li aveva convinti a lasciar andare Veronica da loro, anzi per non incomodarsi, avrebbero fatto un affido temporaneo, così non avrebbero dovuto pensare neppure alla burocrazia. Per convincerli aveva accettato di fare tutto in maniera molto discreta, in modo che la società non li condannasse, unico vero cucio di queste persone meschine.

Se avesse potuto, anziché agevolarli, li avrebbe fatti finire in galera, ma Flavio sapeva che essere insensibili non è un reato. L'unica cosa importante era donare serenità e stabilità a Veronica che, comunque fossero andate le cose con Francesco, per loro era diventata una figlia. Secondo i termini ufficiali dell'affido, imposti dal tribunale, doveva passare del tempo con i genitori, ma in pratica non li vedeva da due mesi e non era mai stata più serena.

Era felice di tornare a casa, adesso che ne aveva finalmente una! Il campeggio seppur divertente era stato faticoso e in più Angela e Flavio le mancavano.

Giulia era dispiaciuta, ma convinta che tra lei e Andrea le cose fossero ancora all'inizio e avrebbero continuato a frequentarsi anche a casa, lo stesso pensavano Eric e Edoardo, anche se l'ultimo era meno convinto.

Questa coppia era ancora un'incognita. Edo si era confidato in gran segreto con gli altri tre moschettieri, che ora con l'arrivo di Veronica, proprio come nel libro di Dumas, erano in quattro. Eric lo aveva detto ad Andrea, non era il suo migliore amico, ma era l'unico che avesse in Italia. I ragazzi erano rimasti stupiti della cosa, tanto più che nessuno dei due aveva detto di essere innamorato dell'altro, ma l'idea che Edo stesse superando la rottura con Giacomo e avesse trovato qualcuno con cui farlo li aveva rincuorati, l'unica paura degli amici era che tra loro potesse nascere qualcosa di più profondo con il passare del tempo, e che avrebbero finito col soffrire quando Eric avesse lasciato l'Italia, ma per il momento andava bene così.

L'ultimo giorno fu all'insegna di saluti, bagni in mare, probabilmente gli ultimi della stagione, e qualche passeggiata. Nel pomeriggio le ragazze si recarono a Duino a comprare dei ricordini e un po' di regali, i ragazzi rimasero in campeggio per prepararsi all'ultima notte da passare lì. Si divertirono a giocare a palla contro il gruppo dei toscani che aveva le tende vicino alle loro, litigarono per un fallo di mano, e risero delle imprecazioni colorite e inverosimili dei loro coetanei fiorentini. Fu una bella giornata, che chiudeva un campeggio perfetto, come ciliegina mancava un ultimo falò e un'ultima notte nell'intimità delle piccole tende.

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