LXI -Dov'è papà?

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Trieste, 23 dicembre 1999

La Dottoressa Sale, essendo un assistente sociale, doveva essere imparziale e volere il bene dei bambini, ma sembrava credere a tutto quello che Olga diceva. Questo forse nasceva dal fatto che quando era di buon umore era una bellissima donna. Aveva un visino a cuore, grandi occhi violetti, capelli biondo cenere, ma la cosa più bella, quella che le consentiva di vendere il giaccio agli eschimesi, era il suo sorriso, che i figli avevano ereditato. Aveva delle labbra carnose con il labbro inferiore leggermente più grosso, denti bianchissimi e perfetti, le spuntavano due adorabili fossette sulle guance e gli occhi le brillavano come ametiste. Ma non era la meccanica del sorriso a essere stravolgente, era la sua intensità, che la faceva sembrare pura e innocente come un angelo.

Il tutto, unito alla sua giovane età, aveva portato alla dottoressa Sale, una donna adulta, che rivedeva in lei una figlia in difficoltà, a crederle ciecamente. Olga era la povera vittima di un uomo lussurioso e senza scrupoli, aveva accusato il padre dei suoi figli di averne  sfruttato l'ingenuità e la dottoressa non aveva dubbi, non si rendeva conto che, la bellissima ragazza, era una manipolatrice di prim'ordine.

Il primo che ci era cascato era proprio il compagno, che l'aveva accolta in casa, le aveva trovato un lavoro diverso dalla cubista e aveva cercato di darle ogni cosa.  Non ci era riuscito, niente le bastava mai, aveva finito col consumarsi, cercando rifugio nell'alcol, con cui aveva già un rapporto non facile, l'incontro con Olga, lo aveva completamente annientato. Ma la dottoressa era convinta del contrario, i vizzi della donna, prevalentemente farmaci ed alcol, erano solo colpa dell'uomo e ora che lui era venuto meno, era sicura che Olga si sarebbe ripresa e avrebbe potuto occuparsi dei figli, perché i bambini devono stare con la madre. Odiava il fatto che i gemelli chiamassero mamma e papi i genitori affidatari e aveva incolpato Paola e Mario, dicendo che avevano fatto in modo di far affezionare troppo i bambini a loro e questo era sbagliato. A questa critica Paola incredula aveva risposto:

«Io non ho fatto nulla di particolare per farmi amare più della madre, anzi cerco sempre di parlare bene di lei. Mi sono limitata, a tenerli puliti, dargli da mangiare e coccolarli un po' quando piangevano, sono stata affettuosa come lo sono con qualsiasi bambino, o avrei dovuto picchiarli per non farmi voler bene?»

«Non dico questo, è ovvio che non deve toccarli, ma lei li coccola troppo, e questo li ha fatti attaccare morbosamente a lei, invece, devono sapere chi è la madre. Così sono confusi, bisognerà portarli da una pedagogista per fargli capire che i genitori non siete voi.»

Aveva detto la dottoressa Sale e lo aveva fatto davvero. I bambini, Olga e persino i genitori di Laura, avevano partecipato a delle sedute con psicologa e pedagogista. Erano sedute separate, dove i professionisti avevano cercato di inculcare questa cosa a tutti, creando ulteriori scompensi nei bambini, che sapevano benissimo che la madre era Olga e non Paola, ma comunque non la volevano. Con la furbizia tipica dei bambini, però, davanti alla madre e agli operatori chiamavano mamma la madre biologica e Paola con il suo nome, ma appena rimanevano soli in famiglia, la madre affidataria diventava nuovamente mamma e Olga era stata degradata a "Quella", mentre prima di questa pressione almeno la chiamavano per nome, ora nemmeno.

La cosa inquietante era stata che Olga, completamente disinteressata ai figli finché il compagno era stato in vita, nell'ultimo mese, si presentava come vittima e madre defraudata. La casa di famiglia era di Amedeo, che l'aveva acquistata diversi anni prima di conoscerla, quindi, sia l'appartamento che la pensione sarebbero andati ai bambini. Lei aveva perso il lavoro circa otto mesi prima, quindi ora non aveva nulla e se non prendeva con sé i gemelli non le spettava nemmeno la casa. Così, improvvisamente, li voleva e la nuova assistente sociale la appoggiava. Aveva aumentato le visite, senza sorveglianza, dei bambini alla madre, i piccoli, già traumatizzati, dalla scomparsa del padre, la rifiutavano con sempre più forza.

La sparizione improvvisa del padre era stato un argomento difficile da gestire. Gli avevano spiegato, con calma, che era morto e cosa questo comportava, ma per dei bambini di tre anni la morte non ha molto significato, la cosa che li aveva colpiti era che non lo avrebbero più visto, anche se dopo alcuni giorni avevano ripreso a chiedere di lui, il concetto di "mai" era davvero difficile.

Avevano dovuto affrontare il discorso più volte in diversi modi, ma era complicato,  ogni volta sembrava capissero, invece, non era così. Quel giorno dopo un mese avevano affrontato il discorso in modo diverso e più radicale, vederli continuare aspettarlo era straziante, in più stavano sviluppando un certo rancore nei confronti del padre e questo era da evitare, dovevano ricordarlo con affetto, era un brav'uomo, aveva fatto i suoi errori, ma aveva amato i figli in modo totale e almeno il suo ricordo doveva essere protetto. Per Laura era stata la conversazione più difficile che i tre Zorzin avessero mai sostenuto.

«Dov'è papà?» Aveva chiesto per l'ennesima volta Rubina.

«Sedetevi, che provo a spiegarvi tutto di nuovo.»

Aveva detto Paola, e tutti e cinque si erano seduti nei divani Chesterfield color testa di moro del salotto.

«Bambini, papà non può venire, come vi ho già detto...»

«Sì, ma dov'è e quanno può venire?» Volle sapere Ignazio.

«Ecco...»

Paola non sapeva cosa dire, le avevano provate tutte, si era guardata in giro in cerca di aiuto, così, Laura era intervenuta, questa volta avrebbe usato un po' di religione e un po' di fantasia.

«Vostro papà è diventato un angioletto, ed è in cielo con Gesù, come nel presepe.  Vi ho raccontato di Gesù e degli angeli quando lo abbiamo fatto, vi ricordate? Anche papà ve lo aveva raccontato una volta, adesso lui è un angelo e vi guarda dal cielo, è sempre con voi anche se voi non lo vedete.»

«Perché è andato da Gesù, non poteva mimanere qui?»

Chiese Rubina, con gli occhi gonfi di lacrime. Avevano capito, che non lo avrebbero rivisto, ma non capivano perché li avesse lasciati soli. Il loro papà era bravo, anche se li aveva fatti andare ad abitare in quella nuova casa, adesso erano contenti, ma, all'inizio, il papà non li aveva voluti e questo li aveva resi tanto tristi e avevano avuto paura, ma poi lui veniva sempre a trovarli e la nuova famiglia era bella e i nuovi genitori erano bravi, ma adesso cosa stava succedendo? Perché il loro papà era andato via con Gesù, e li aveva lasciati soli? Forse no li voleva più.

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