Trieste, 20 febbraio 1998
La settimana era passata velocemente per tutti, Veronica e Francesco l'avevano vissuta in una bolla felice, la ragazza era rientrata a casa propria lo stretto indispensabile per non far notare la propria assenza.
Giulia era impegnata a cercare di far in modo che Edoardo non incrociasse Giacomo, aveva allertato i suoi compagni di classe e tutti i suoi numerosi amici, persino Veronica e Francesco nei momenti in cui riuscivano a distogliere l'attenzione l'una dall'altro partecipavano al suo complesso piano.
Edo era, infatti, molto scosso, anche se cercava di mostrarsi indifferente, era chiaro da come si assentava con la mente durante una conversazione o da come il suo sguardo andava alla ricerca di qualcuno tra la folla degli studenti, che continuasse a pensare a Giacomo e sperasse di incontrarlo.
Edoardo aveva passato due anni a controllarne ogni movimento, mentre negli ultimi mesi la situazione si era praticamente capovolta ed era stato il ragazzo più grande ad incrociare la strada del più giovane. Aveva invitato lui ed i suoi amici a feste e serate, passando con loro molto tempo, fino a quando il più piccolo non aveva accettato di essere il suo ragazzo, finendo, così per passare insieme gli ultimi due mesi. Ora era quindi normale che, per quanto lo avesse ferito, conoscesse le abitudini del suo ex e si aspettasse di vederlo nei soliti posti, ma questo non gli faceva bene.
Giulia aveva notato già prima di scoprire i retroscena della rottura che quando l'amico lo incontrava soffriva moltissimo, ora poi non voleva che lo vedesse nemmeno da lontano, nella speranza che la ferita si richiudesse prima. Così, con l'aiuto di quante più persone poteva, cercava di essere sempre un passo davanti a Edo, non appena Giacomo veniva avvistato da una parte, qualcuno pilotava, con una scusa, Edoardo da quella opposta. Il ragazzo non si era accorto di nulla tanta era stata la delicatezza con cui i suoi amici stavano agendo, anzi, si era meravigliato di non averlo incontrato da nessuna parte, nemmeno a scuola.
Si era reso conto di essere felice della cosa, aveva detto a Francesco che sperava di continuare con la fortuna e non incrociarlo per un lungo periodo. L'amico lo aveva riferito alla "fortuna", che di nome faceva Giulia, e lei aveva deciso di continuare per il tempo necessario, inoltre il progetto la teneva abbastanza occupata da non darle l'occasione di ucciderlo.
Per le ragazze più grandi, invece, era stata una settimana universitaria normale, Laura anziché cercare di vedere il ragazzo che per mesi le era piaciuto aveva cercato di evitarlo, studiando a casa anziché in biblioteca e rimanendo sempre con altre ragazze, ma a parte ciò era piuttosto serena.
Sara, invece, aveva sostenuto una prima parte dell'esame di storia dell'arte contemporanea. L'esame vero e proprio sarebbe stato a maggio ma l'insegnante aveva consentito ai ragazzi la possibilità di dividere il corso dando un pre-esame. Sara aveva colto l'opportunità, ed aveva esordito con il suo primo voto, un ventotto di tutto rispetto, anche se ancora solo parziale. Era molto orgogliosa di sé e non vedeva l'ora di tornare a casa per parlarne con il padre.
Appena scesa dall'autobus, che l'aveva riportata a casa, si era diretta allo studio del padre, con ancora lo zaino in spalla.
Quello dell'architettura era un mondo che adorava, ci aveva passato una gran quantità di ore fin da bambina, seguire le orme paterne, magari poter lavorare proprio nello studio del padre, era sempre stato il suo sogno.
Quando entrò nell'atrio, trovò il padre impegnato a parlare con un giovane, che non conosceva. Non si aspettava di vederlo in compagnia, erano quasi le sei e Sara pensava di passare a prendere il padre, raccontargli dell'esame, se sua madre non l'aveva preceduta, guardare qualche progetto a cui il padre stava lavorando e, magari, tornare a casa con lui.
Invece, rimase paralizzata sulla porta, non aveva mai visto un ragazzo così attraente. Era quasi come se i discorsi di Laura sull'essere zitella a vent'anni avessero un senso, quello era sicuramente un tipo con cui avrebbe smesso la sua zitellagine anche subito!
Il ragazzo le voltava le spalle così poté osservarlo con comodo, aveva capelli decisamente scuri, spalle ampie e vita stretta, ma la cosa più notevole erano le gambe muscolose, fasciate in un paio di Jeans sbiaditi che gli cadevano sbilenchi sui fianchi, in modo decisamente provocante.
A Sara si era azzerata la salivazione e non riuscì ad aprire bocca. Per darsi una scrollata mentale pensò, che sicuramente avrebbe avuto il naso a becco e i denti storti, nessuno poteva avere il lato A perfetto come quello B, i ragazzi così dal vivo non sono reali.
Il padre la vide, sorrise e le disse, con tono affettuoso:
«Sara, tesoro, vieni ti presento il mio nuovo stagista, viene da Venezia,» e poi rivolgendosi a lui:
«anche mia figlia è un futuro architetto, è al primo anno ma mi sta già dando grandi soddisfazioni...»
Lei arrossì per i complimenti, e pensò, che sicuramente non l'avrebbe presa sul serio, poteva sembrare facile essere la figlia del titolare di un prestigioso studio di architettura, invece, Sara adorava quel lavoro e studiava sodo per meritarsi un posto in squadra. Era sicuramente più fortunata della maggioranza dei suoi compagni di corso, ma solo se si fosse dimostrata abbastanza valida.
Quando il ragazzo si voltò a guardarla, Sara credette di vedere sul suo viso una smorfia derisoria, che tenne ben nascosta al suo futuro capo, concentrato sulla figlia e i suoi esami di cui le chiedeva notizie.
La ragazza rispose meccanicamente al padre e si avvicinò per stringere la mano al nuovo venuto che le veniva presentato.
«Tesoro, lui è Pietro Ruoni, Pietro, mia figlia maggiore, Sara Radin».
Allungò la mano e disse un «Piacere» strozzato, lui le sorrise e rispose allo stesso modo senza toglierle gli occhi di dosso e tenendole la mano più del dovuto.
Il suo sorriso fece capire subito a Sara, che no, non aveva i denti storti. Aveva notato, appena si era voltato, che aveva un bel naso romano, accompagnato da intriganti occhi scuri, mascella forte con un accenno di barba e pelle leggermente olivastra, in poche parole, il lato A era stupendo, anche meglio di quello B!
Sara si rese conto di essere rimasta a guardarlo con gli occhi da triglia, vide Antonio ridere scuotendo il capo. L'uomo conosceva sua figlia, sapeva che generalmente non si perdeva così, era davvero divertente vederla imbambolata, questo nuovo stagista, gli aveva fatto una discreta impressione, aveva ottimi voti e sembrava competente, certo avrebbe dovuto vederlo all'opera.
Antonio non era il tipo d'uomo che si sofferma all'estetica, ma dopo i discorsi della settimana precedente e vedendo la reazione della figlia, si era reso conto che i suoi ragazzi erano cresciuti. Da un lato lo stordimento emotivo di Sara, davanti a quello, che probabilmente era un bel ragazzo, lo divertiva, dall'altro non era sicuro di volere che il suo stagista girasse intorno a sua figlia. Se la ragazza, infatti, era rimasta a fissarlo con la bocca letteralmente aperta, ad Antonio non era sfuggito nemmeno lo sguardo attento del giovane, che seppure in maniera meno palese, aveva osservato, con attenzione, tutto il metro e sessanta della sua bambina.
Per un secondo fu tentato di farlo tornare il giorno dopo per il giro allo studio e portarsi a casa la ragazza, ma non ci voleva un genio per capire che non sarebbe valso a molto, e così, forte della fiducia nell'assennatezza della figlia decise di lasciarli soli, Sara sarebbe stata un'ottima guida e sicuramente Pietro l'avrebbe preferita a lui.
Dopo aver dato appuntamento al giorno dopo al giovane e aver sollevato Sara dal fastidio dello zaino, aveva invitato la figlia ad accompagnare il nuovo membro della squadra a fare un giro per lo studio.
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I Ragazzi della città del vento
ChickLitIl romanzo è una sorta di family dramma e di teen story, ambientato a Trieste a partire dal 1998. Si ricollega al mio primo romanzo "E l'inverno finirà" (in vendita in tutti gli store on-line). È un romanzo corale, in cui si narrano le vicende delle...