LXXVI- L'emozione di vedere il tuo idolo...

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Sydney, 30 settembre 2000

Un viaggio in Australia non è cosa comune, così la comitiva si trattenne tutto il mese di settembre, si erano assicurati con largo anticipo, i biglietti per la finale di calcio a Sydney, con la speranza che ci arrivasse l'Italia, invece, la partita che i ragazzi andarono a vedere era un'inedita Spagna-Camerun.

Il gruppo si divise, la maggior parte delle ragazze andarono in giro per musei e negozi, mentre gli uomini allo stadio. Ci fu un unico scambio, infatti, Anna quando seppe che in finale era arrivato il Camerun, insistette per vedere la partita. Pietro le cedette il suo biglietto e ne approfittò per andare a fare un'escursione romantica con Sara nello storico quartiere The Rocks, dove passeggiarono e conclusero la serata con una cena. In tutto il viaggio era la prima volta che riuscivano ad uscire completamente soli e fu memorabile.

Anna, invece, era felice dello scambio, tra tutte le giovani Radin, era l'unica che aveva assorbito un po' della passione calcistica paterna. Era la più introversa e dopo la nascita di Emma le attenzioni si erano, inevitabilmente, divise ulteriormente, così si era chiusa ancora di più, anche se non per gelosia, semplicemente le era più facile ascoltare che partecipare. Verso i nove anni iniziò ad interessarsi allo sport amato dal padre e questo li portò a rinsaldare il legame. Il genitore era felice di approfittare dell'occasione e la coinvolgeva ogni qualvolta poteva.

Ora Anna era una quattordicenne in prima liceo, non era più una bambina, ma continuava ad interessarsi, ma qualcosa nel suo mondo stava cambiando e questo influì anche nella passione sportiva. Era diventata una donna, questo comportava cambiamenti non solo al suo corpo, che in pochissimo tempo si stava trasformando, ma anche nelle sensazioni e negli interessi.

L'anno precedente, in una gara amichevole tra il Paris Saint Germain e una squadra italiana di cui nemmeno ricordava più il nome, aveva visto per la prima volta Henri Eto'o. Quando lo aveva notato in campo, il suo corpo era come impazzito, tanto che inizialmente pensò di avere un malore. Le si era azzerata la salivazione, il cuore le palpitava come se fosse in fibrillazione, ma la cosa più strana, che l'aveva spaventata un po', era stato uno strano senso di occlusione alla bocca dello stomaco. Si sentiva come se una mano le stringesse i polmoni e la pancia, non lasciandola né deglutire e né respirare, eppure, non aveva, realmente, nessuna delle due difficoltà. Il sangue le era confluito al viso, mandandolo in fiamme fino a farle sentire le orecchie bollenti. Non si era mai sentita così strana in vita sua.

Per la prima volta si soffermò, sul serio, ad osservare un ragazzo trovandolo bello e non nel modo carino e convenevole con cui aveva fin qui usato questo termine, banale e quasi privo di significato, ma sul serio. Non aveva mai osservato nessuno tanto attentamente e tanto in fretta. Più particolari coglieva, più il suo stomaco faceva i salti mortali, lasciandola senza fiato.

Secondo Anna era perfetto, i capelli tagliati cortissimi, mettevano in evidenza gli zigomi alti e gli occhi scuri, come diamanti neri. Quando lo avevano inquadrato da vicino, i loro sguardi, per un attimo, sembrava si fossero incrociati. Aveva sentito il volto andare in fiamme e in pochi secondi, aveva registrato, nella memoria, i suoi lineamenti, un misto perfettamente bilanciato tra Africa ed Europa. Henri aveva il naso dritto, le labbra sottili e la pelle del colore della crema di cioccolato.

Ovviamente, nei giorni seguenti, aveva scoperto tutto ciò che si poteva sapere su di lui, dai risultati sportivi a quelli personali. Era di padre camerunese e di madre francese, con doppia cittadinanza. Nato a Marsiglia il 12 ottobre 1976, segno zodiacale bilancia, giocava a Parigi da due anni e aveva scelto la nazionale paterna.

Anna aveva un intero diario pieno di sue foto, un poster appeso all'interno del suo armadio e aveva, persino, scritto per chiedere un autografo, gli era arrivata una busta con ben dieci foto firmate. La madre le aveva detto, che, era probabile, fosse il suo addetto stampa a mandarle, ma a lei non importava, l'autografo era vero, quindi, almeno per cinque secondi Lui le aveva toccate. Erano il suo tesoro più prezioso, anche se le sorelle ridevano di lei.

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