LXXXVIII- Soluzioni.

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Trieste, 7 gennaio 2001

L'avvocato di Henri aveva ascoltato fino a quel momento senza intervenire, scambiando qualche parola sottovoce con il manager, entrambi erano sempre più increduli. A quel punto l'uomo non era convinto di aver compreso bene la piega degli eventi, così parlando velocemente in francese, chiese al calciatore spiegazioni dettagliate e alle risposte del ragazzo gli disse che era impazzito! La situazione era gravissima, rischiava, non solo la carriera, ma anche una denuncia penale. Fino a quel momento aveva sempre negato tutto ed era stato sicuro e convincente, ma da quando aveva visto la ragazza il suo atteggiamento era cambiato, l'avvocato volle sapere la verità e chiese se ci fosse anche solo la remota possibilità che fosse vero.

Henri annuì debolmente.

Ricordava bene il momento in cui aveva visto la pillola sul comodino e per pigrizia, troppo preso dal momento, non aveva preso il preservativo, non lo disse all'avvocato, ma gli assicurò che le possibilità c'erano eccome. L'uomo gli disse che doveva richiedere il test di paternità e che probabilmente volevano imbrogliarlo. Henri negò categoricamente l'idea, in realtà non aveva dubbi. Stava per diventare padre e la madre di suo figlio era una bambina lei stessa.
Se non fosse finito in galera avrebbe dovuto ringraziare qualche santo. Si sentiva sopraffatto.
Non si sarebbe più fidato dell'aspetto di nessuno, d'ora in avanti avrebbe chiesto i documenti, non si sarebbe fermato ad una banale discussione sull'età, basata sull'apparenza e la fiducia. Con Anna, quella sera, non aveva fatto neanche quello, ancora adesso, guardandola distrattamente, appariva come una giovane donna, ma osservandola con attenzione, vestita in modo semplice e senza trucco, la sua giovane età si notava. Eppure, non avrebbe detto che aveva solo quattordici anni, non riusciva ancora crederci.
Forse non voleva neppure, perché l'idea che fosse una ragazzina lo disgustava, si sentiva sporco. Avrebbe voluto tornare indietro, ricominciare la serata, porre le giuste domande e riaccompagnare la sua piccola fan in camera, sana e salva.

Invece, doveva fare i conti con la realtà, aveva fatto sesso con una minorenne e questa gli stava per dare un figlio. Se non lo avessero sbattuto in galera, comunque sua madre lo avrebbe ucciso, già immaginava la vergogna che avrebbe provato. In qualsiasi luce la vedeva, era un disastro. L'unica cosa che, in realtà, non lo disturbava, era l'idea di diventare padre. Certo, anche lui era giovane ed era un'eventualità che prevedeva più avanti, ma aveva sempre pensato che avrebbe avuto dei figli. Non lo disturbava neanche il fatto che arrivassero in quel momento, certo se Anna avesse avuto vent'anni come credeva, invece...

Il manager aveva il terrore che la notizia, anche se non lo avessero denunciato, il che era tutto da vedere, gli avrebbe rovinato la carriera, ma il ragazzo lo bloccò subito. Per il momento la cosa non aveva importanza, nonostante il calcio fosse la sua vita, adesso si parlava di un figlio. Lui veniva da una famiglia povera, ma unita e amorevole, non aveva intenzione di lavarsene le mani. Sempre che non lo mandassero in prigione ovviamente.

«Ok, vi giuro che non sapevo la sua età, potete non credermi, ma io davvero...»

Sorprendentemente fu Antonio a rispondergli:

«Ti credo, ragazzo, Anna ha detto le stesse cose, le vostre versioni coincidono.»

La sua animosità si era ridotta, il ragazzo aveva smesso di negare di conoscerla non appena l'aveva vista. Inoltre, si vedeva che era sconvolto, ma che, in qualche modo, ci tenesse. In più, osservando la figlia in modo obbiettivo, forse per la prima volta, notava come non sembrasse minorenne. Si vedeva la sua giovane età, ma nemmeno lui, senza conoscerla, le avrebbe dato meno di diciotto o diciannove anni. Persino in quel momento, con il viso sperduto e i piedi scalzi era più alta delle sorelle.

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