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Canzoni per il capitolo:

Taylor Swift- Blank Space.

One Direction-NIght Changes.

"Toc toc, permesso?" la voce soave di Isaac mi fa sobbalzare.

"Ehy! Vieni, certo che è permesso." ridacchio, alzandomi dal letto e sistemando i libri.

Lancio una rapida occhiata allo specchio dell'armadio e noto quanto io sia impresentabile:          t-shirt bianca, pantaloni della tuta grigi e occhiaie spaventose, è così che accolgo il ragazzo che amo.

Mi sdraio sul letto e poco dopo sento un peso accanto a me. Siamo così vicini, le nostre spalle si toccano lievemente e basterebbe pochissimo per intrecciare le nostre mani. A fermarci, però, ci sono troppe cose contrastanti: orgoglio, pericolo, paura, risentimento... è tutto così complicato e frustrante.

"A volte mi domando se tutto questo potrà mai avere una fine, se tutto questo lottare abbia un fine. Sono giorni che cerco risposte e sono altrettanti giorni che trovo solo altre domande. Tutto sembra così irreale che mi sembra di vivere un sogno, quand'è, però che suonerà la sveglia?" esordisce così mentre, inaspettatamente, mi prende per mano.

Sento il battito del mio cuore andare a mille, sento ogni muscolo del mio corpo cedere, sento me stessa cedere all'amore.

"Non lo so, non ne ho idea. Vorrei anch'io che questo fosse un brutto sogno, ma non lo è."

"Cass, se parli dei tuoi genitori..."

"No, non voglio parlarne. Ti prego, non ce la faccio più." lo interrompo prima che possa dire altro.

Per questo ho già pianto abbastanza e non posso continuare a provare dolore per una scelta che non mi riguarda.

"Quando mio padre scomparve era un giorno di pioggia. Ricordo che ero alla finestra per guardare i fulmini e le saette e stavo aspettando di vedere entrare in giardino la macchina nera di Noah. Mi aveva promesso che avremmo giocato con le macchinine e poi avremmo mangiato un hot dog. Era talmente sereno e tranquillo quella mattina che non riesco a capire come abbia fatto a nascondere un qualcosa di così grande. Non lo vidi mai tornare a casa, non giocammo mai con le macchinine e non mangiammo mai l'hot dog. Mentre osservavo la pioggia, sentii mia madre entrare in casa e quando mi girai, la vidi in lacrime con Alexa fra le braccia. Piangeva e diceva cose senza senso. Mi disse che era triste perché aveva litigato con mio padre e che dovevo andare a dormire. Sia io che mia sorella facemmo quello che ci disse, ma l'indomani mattina, a tavola, con noi, Noah non c'era. Dopo la colazione mi chiamò in disparte e mi confessò che mio padre, quella sera, era morto in un incidente stradale e che, da quel giorno, avrei dovuto dimenticarmi della sua esistenza." racconta con le lacrime agli occhi.

Non so che dire. Immagino Isaac, bambino, che aspetta suo padre e invece, gli vengono dette queste atrocità, immagino il suo dolore e quello che ha provato, ma posso solo fermarmi qui. Posso solo immaginare quello che ha vissuto, perché io non ho mai vissuto niente del genere.

"Mi dispiace." sussurro stringendomi a lui.

"No, non farlo. Ti ho raccontato questo perché io, a differenza tua, non ho mai potuto dire quello che sentivo a nessuno perché ero solo. Tu, invece, hai tutti noi, tu, invece, puoi dire quello che provi e sentirti meglio. Perché fidati, rinchiudendosi in se stessi non ci si sente meglio." sussurra a sua volta, ricambiando la stretta.

Le sue mani vagano sul mio corpo, mi stringe delicatamente e mi tortura con piccoli baci sul collo. Sento il mio cuore esplodere, sento l'uragano che arriva, l'urgano che porta amore, stravolgendo completamente i nostri mondi.

"E' atroce il vuoto che mi ritrovo nel petto. Sapere di essere impotente mi distrugge e mi sento in colpa per non aver potuto far niente per salvare la situazione. Non posso cambiare il corso degli eventi, non posso decidere per loro, ma so che in parte è colpa mia e dei miei mille problemi. Perché è sempre così, sono sempre io il problema." dico tutto d'un fiato scoppiando a piangere.

"Mi dispiace così tanto, piccola."

Una semplice frase: questo è tutto quello che dice e lo apprezzo. Chiunque altro si sarebbe messo a giudicare e pesare le mie parole, a dirmi che sbaglio e che non ci devo pensare, lui, invece, ha solo ascoltato il mio dolore e l'ha capito.

"Hai notato che ci dispiacciamo sempre per tutto?" osservo con un sorriso.

"Si, l'ho notato. Credo sia un bene, però: dispiacersi delle vicende altrui è sinonimo di sensibilità e altruismo, caratteristiche che mancano alla maggior parte degli esseri su questo pianeta."

"Cooper, sei proprio un filosofo..." lo prendo in giro mentre gioco con il suo ciuffo mezzo biondo e mezzo castano.

"E tu, mia cara Split, sei proprio meravigliosa." ribatte, fiondandosi sulle mie labbra.

Il suo tocco è leggero, ma scuote la mia anima, la sua lingua si intreccia con la mia con passione, ma non travolge solo il mio corpo, le sue mani non regalano brividi alla mia pelle soltanto, ma ad ogni singola parte di me.

La sua essenza, il suo essere mi completa e mi trasporta via. Lui è tutto per me, lui è la tempesta che sconvolge e rapisce la mia mente.

"Isaac, dirti ti amo sarebbe troppo riduttivo per descrivere quello che provo per te."

"E cosa provi per me?" domanda, baciandomi il collo.

"Tutto, provo ogni singolo sentimento che esiste. Amore, dolore, felicità, tristezza, gioia, amarezza, frustrazione... non so come spiegarlo, non è ancora stata inventata una parola per descrivere questo." mormoro indicando i nostri corpi così vicini.

"Allora è un bene che non sia stata inventata una parola per questo, le parole rovinano tutto. E, comunque, principessa, provo tutto anch'io per te."

"Ciò significa che mi ami?" esclamo sorpresa mentre lo accarezzo ovunque.

"Significa molto più di questo." ribatte con un sorriso malizioso.

"E cioè?"

"Lo scoprirai più avanti, quando potrò dimostrartelo. Ho detto, no, che le parole rovinano sempre tutto?"

"Si, lo hai detto." sospiro tornandolo a baciare.

Apro gli occhi di scatto, sento le lacrime bagnare le mie guance e un enorme vuoto prosciugarmi il cuore. Era solo un sogno.

Un sogno bellissimo, però, che racconta quello che è successo solo una settimana fa.

Mi guardo intorno e noto di essere in salone, sdraiata sul divano in pelle nera.

Fra le braccia tengo un album di famiglia.

Dopo aver passato tutta la serata a cercare informazioni su Bethany Split, che non so nemmeno chi sia, mi devo essere addormentata.

Fra le foto, però, non ho trovato nulla.

Ad un tratto sento il campanello di casa suonare.

Chi mai può essere alle quattro del mattino? Le mie amiche sono via con i loro ragazzi, quindi può essere una sola persona.

Felice di vederlo, corro alla porta, mentre cerco di rendermi almeno presentabile. E' una settimana che non vedo Isaac e sono così felice di poterlo stringere di nuovo fra le mie braccia. Soprattutto ora che le cose sembrano andare per il verso giusto.

"Daniel?" esclamo quando, invece, trovo suo fratello sull'uscio di casa.

"Cassidy."

"Cosa succede? Perché sei qui? Hai ricevuto un messaggio di E?" parto a macchinetta con le domande.

"Isaac è andato via...Ha preso la macchina ed è andato via."

Inutile dire come mi sento: sono rotta, sono ferita, sono delusa, non credo di essere più neanche me stessa.

So soltanto che il mio cuor ha smesso di battere, stavolta per sempre...

Remember or Forget?-Ricordi Dimenticati. #Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora