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Lo specchio rimandava indietro l'immagine di una giovane donna, dalle sopracciglia abbassate in un'espressione seria. Determinata, aveva detto sua madre solo pochi minuti prima, quando era entrata a farle una rapida visita. Le aveva dato un bacio sulla nuca, rassicurandola con parole incoraggianti. Non erano servite a molto, e la figlia era rimasta immobile a fissare il riflesso di una ragazza che non era sicura di conoscere, senza muovere un muscolo.

Alle sue spalle c'era una palla di pelo luminosa che schizzava da una parte all'altra della piccola stanza. Sbatteva le ali, diventate più grandi almeno del doppio nel corso degli ultimi due giorni, e agitava la coda lunga e flessuosa. Quella pallina agitata attirò la sua attenzione cadendo in picchiata sulla sua spalla; le zampette morbide si aggrapparono alla maglia di lei.

Rey incrociò gli occhietti di Areth e distese le labbra in un piccolo sorriso. «Ti sei calmato?» gli chiese.

«Non sono per niente agitato,» fece lui, grattandosi il retro dell'orecchio con la zampa posteriore. Il cristallo sulla fronte emanava un bagliore azzurro debole, ma persistente.

«No, infatti. Per niente, si vede.»

«Sei tu quella che è rimasta imbambolata a fissarsi allo specchio per mezz'ora.»

Questo era vero. A casa non avevano degli specchi, e in generale a lei non era mai interessato controllare il proprio aspetto, per questo era rimasta stupita del cambiamento che aveva subito nell'ultimo periodo. I capelli erano cresciuti, e le ricadevano sulla spalla sinistra; le ciocche blueastre erano soltanto quattro, disseminate tutte sul lato destro della nuca. Il viso si era affilato, perdendo la rotondità tipica dei bambini. Gli occhi invece erano rimasti grandi, come se non avessero affatto subito l'effetto del tempo che trascorre. Il cambiamento più grande, però, era avvenuto sul fisico: aveva già superato la madre in altezza e il petto le si era ingrandito un poco. Aveva una quantità quasi inquietante di curve, che la destabilizzò. Possibile non si fosse accorta di quanto fosse cresciuta?

«È che sono troppo bella, mi sono ammaliata da sola,» rispose alla fine con un mezzo sorrisetto.

Areth sbuffò dalle narici, ma non replicò.

«Che poi non ho capito perché sei agitato. Il rito di passaggio lo devo fare io, mica tu.»

Il Vor sbatté le ali quel tanto che bastava per sollevarsi in volo di qualche centimetro. Il pelo arruffato gli si rizzò sul dorso. «Mi riguarda, invece. Il rito è anche per me. E poi non dobbiamo combattere insieme?»

Rey abbassò le pupille per una frazione di secondo, evitando il suo sguardo. Ci aveva riflettuto a lungo, sul combattimento contro gli altri ragazzi della sua età, contro Kirr. Affidarsi all'aiuto di un Vor non era contro il regolamento, tuttavia, in quanto unica ragazza con un Legame dell'intera generazione, non le sembrava giusto sfruttare un potere che gli altri non avrebbero potuto eguagliare. Non era mai stata una combattente formidabile, le battaglie non le avevano mai dato chissà quale grande stimolo, però avrebbe vinto senza troppa fatica contro gli altri con l'ausilio di Areth. La differenza era troppa.

Non esternò nessuno di quei pensieri, piuttosto annuì con vigore. «Mi raccomando, non fare casini.»

«Questo dovrei dirlo io a te!»

Il ricordo di una delle mille cadute di Rey che Areth le trasmise tramite il Legame li fece ridere entrambi.

La tenda che separava la piccola stanzetta dall'esterno si scostò, e la testa di Tairan comparve all'interno; il vento freddo penetrò nel camerino. I due si voltarono e scambiarono con lui uno sguardo d'intesa. L'uomo sorrise. «È tutto pronto. Potete uscire.» E sparì oltre la tenda.

Il Segreto dei VorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora