10 - III

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III

Rey si voltò nella sua direzione, sbattendo le palpebre. «Vi conoscete?»

Shirin, tuttavia, non sembrava capace di emettere una sola parola, così fu il diretto interessato a rispondere. «Ci siamo incontrati una volta, tempo fa. Ma non mi sono mai presentato. Sono Kal.» Si esibì in un inchino. «Hai delle erbe e delle fasciature?» chiese poi a Raiys-em.

Quello, annuendo, sparì all'interno di una stanza e tornò poco dopo con una cassetta di legno. «Venite, andiamo in soggiorno, così possiamo sederci.»

Lo seguirono oltre una doppia porta, dove una serie di divani e una poltrona posizionati in circolo si guardavano l'un l'altro. Rey si sedette sul più vicino, accanto al bracciolo, e Kal, dopo aver preso la scatola dalle mani dell'altro ragazzo, si accomodò accanto a lei. Il suo Vor se ne stava in disparte accanto ai suoi piedi.

«Fammi un po' vedere la ferita.»

Rey spostò la Vor, ancora febbricitante, per mostrargli il petto ferito. Dovette sollevarle il pelo per scoprire lo squarcio sulla pelle.

Kal la studiò a lungo, poi rovistò fra le varie erbe e bende nella scatola. Raiys-em nel frattempo gli aveva portato una ciotola piena d'acqua, che lui utilizzò per ripulire il sangue incrostato attorno alla ferita. Vi strofinò sopra un paio di erbe e coprì il tutto con un bendaggio preciso.

Shirin era rimasta a guardare con il fiato sospeso e le lacrime bloccate agli angoli degli occhi. Non aveva voluto neanche sedersi.

«Ecco fatto,» disse Kal, una volta terminato. «Adesso ha la temperatura alta, ma nel giro di pochi giorni dovrebbe riuscire a eliminare l'infezione da sola. Per fortuna non era niente di grave. La forza del Legame dovrebbe aiutarla.»

Il sospiro che uscì dalle labbra di Shirin rispecchiò lo stato d'animo di tutti i presenti.

Rey sdraiò la Vor accanto a sé sul divano, poi si alzò e lasciò cadere il fagotto a terra per togliersi il cappotto. Aveva quasi dimenticato il vero motivo per cui si era recata fin lì. Nonostante la stoffa che le ricoprivano, il clangore delle spade contro il pavimento riempì la stanza, attirando l'attenzione dei due uomini.

Raiys-em abbozzò un sorriso sedendosi sul bracciolo della poltrona, le gambe allargate e le braccia posate sulle ginocchia. «Ah, le hai portate,» disse, ma il suo sguardo si spostò solo per una frazione di secondo dal viso della ragazza.

Rey si chinò per liberare le lame e mostrarle in tutta la loro bellezza. Erano affilate e resistenti, di un acciaio lucido. A incorniciare l'elsa c'era lo stesso simbolo dalle fattezze di un serpente che Raiys-em aveva sul volto. Quelle, come aveva detto Tairan, erano la sua creazione migliore in quei due anni di lavoro.

Aveva creduto che avrebbe provato un minimo di dispiacere nel separarsene, ma scoprì che per lei quelle spade non avevano il minimo valore affettivo. Erano i suoi capolavori di un'arte che per lei non aveva significato.

Kal, alzatosi a sua volta, fece un fischio. «Però. Mica male.»

Raiys-em le andò incontro e ne prese una fra le mani. Ne ammirò la fattura e ne saggiò l'elsa. Nei suoi occhi brillava una scintilla. «Non mi aspettavo niente di meno dagli Estender,» disse con un sorriso.

«In realtà sei stato fortunato, sono le prime a essermi riuscite così bene.»

«Aspetta, le hai fatte tu?» sbottò Kal. Infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e inclinò la testa.

«Lei è la figlia del famoso Tairan-li Estender,» gli disse Raiys-em. «Anche se ha iniziato a lavorare da poco, dicono che sia già un vero prodigio.» Spostò lo sguardo su di lei. «E a quanto pare hanno proprio ragione.»

Il Segreto dei VorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora