Joy

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La signorina Sandara Park era una specie di idolo per Taehyung: lei era il motivo per il quale aveva scelto di presentare domanda di assunzione proprio a Gloss Magazine e, sin dal primo giorno in cui era entrato lì dentro, sperava con tutto se stesso di incontrarla anche per caso in uno dei corridoi. La stimava per tutto il lavoro che aveva fatto in altre riviste famose e la amava per il taglio politico che spesso dava ai suoi progetti, motivo per il quale da giovane era passata da un magazine all'altro, fino ad approdare sull'attuale nel quale poteva sentirsi libera di esprimere le proprie idee senza paura di essere licenziata.
Il ragazzo la vedeva come un esempio e cercava di ispirarsi alla sua visione del mondo in ogni suo progetto, seppur fino a quel momento non avesse mai ricevuto incarichi che gli consentissero di spaziare. 

Si sentiva nervoso da morire di fronte a quella porta marrone di legno con la targhetta dorata che recitava "Sig.na Park", le mani gli sudavano e avvertiva la classica sensazione di cuore in gola che non smetteva mai di tormentarlo durante i suoi momenti di ansia.
Prese coraggio solo dopo essersi ripetuto almeno tre volte tutto il discorsino che si era preparato per presentarsi. Bussò in modo incerto, quasi non volesse farsi scoprire e sentì una voce gentile rispondere «Avanti.» dall'altra parte.
Aprì la porta e fece un profondo inchino, mentre l'odore di lavanda entrava delicato nelle sue narici.
«Buona sera signorina Park, io sono Kim Taehyung, il nuovo fotografo e sono stato inviato qui dal caporedattore Kim per un incontro.» Disse nervosamente, mentre risollevava il busto e la guardava meglio.
L'aveva vista solamente una manciata di volte dal vivo e mai a distanze così ravvicinate: gli sembrava di vivere un sogno, lei era un sogno.
Il volto piacente era stato solo leggermente truccato con un po' di mascara per marcare le ciglia e lucidalabbra rosato per dare colore alla bocca carnosa, mentre i capelli neri e lucidi erano raccolti in una coda bassa. Indossava una giacca violetta sganciata sul davanti che mostrava una semplice maglia di colore nero con uno scollo a V.
«Buonasera Kim Taehyung.» Lo salutò la donna, mentre il ragazzo indugiava sulla sua collana d'oro. «Io sono Sandara, la direttrice creativa di Gloss. Il signor Kim mi ha comunicato il motivo per cui saresti venuto. Prego accomodati.» Lo accolse e lui non se lo fece ripetere due volte.
«Allora... so che sei qui da poco ragazzo. Come ti trovi?» Domandò la donna per rompere il ghiaccio.

«In realtà sono stato uno stagista per un po' signorina Park, quindi non è che io sia proprio nuovo nuovo.» Ridacchiò nervosamente, mentre stringeva tra le mani il tessuto chiaro dei suoi jeans. «Comunque mi trovo molto bene fin dall'inizio, non sarei rimasto altrimenti» Sorrise.

La donna gli rispose con uno sguardo comprensivo e gli mostrò a sua volta  i denti bianchi. «Ne sono molto felice Taehyung. In questo caso sarai già avvezzo ai nostri ritmi lavorativi.»

«Naturalmente.» Rispose.

«Ottimo, quindi non serve che io ti dica che entro stasera dovremmo aver già deciso come strutturare questo progetto nei minimi dettagli e aver già contattato le boutique per farci inviare i vestiti, i facchini per trasportare le camere e gli oggetti di scena, avere un luogo, una data e un'ora da comunicare a entrambe le agenzie.» Continuò Sandara, volendo ulteriormente assicurarsi che il ragazzo avesse afferrato il concetto.

«Naturalmente.» Rispose nuovamente Taehyung.

«Ottimo ragazzo! Mi piace già lavorare con te.»

***

Mentre tornava a casa quella sera, sentiva nel petto una sensazione che aveva giurato non sarebbe più riaffiorata in lui se non dai suoi ricordi: si sentiva entusiasta e ancora pieno di energie da investire nel suo nuovo progetto, nonostante di fatto stesse lavorando a pieno regime da almeno 20 ore filate. Sarebbe stato capace di passare la notte in bianco pur di dare vita alla sua creatura nel minor tempo possibile, tuttavia impose alla sua mente vivace di riposare per poter poi essere più produttivo il giorno successivo.

Camminava sul marciapiede scuro, male illuminato dalla luce giallastra dei lampioni e si guardava intorno con aria sognante. Non c'era nessuno in giro a quell'ora della sera e il venticello freddo lo distolse dall'idea che gli era balenata in mente di stare a zonzo ancora per un po'. Si diresse velocemente verso il proprio appartamento che stava appena a un paio di isolati dal proprio ufficio, salì lo scalino di cemento che lo portava al portone, prese una ultima boccata d'umida aria notturna ed entrò.

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