Balade sauvage

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Tornò in ufficio la mattina seguente con uno strano senso di pesantezza: aveva dormito molto male quella notte, impaziente com'era di iniziare ad editare al più presto il materiale del giorno precedente.
Varcò la porta del suo ufficio dopo aver salutato a malapena le poche persone che aveva incontrato nel tragitto, smanioso di accendere il PC e perfezionare quelle immagini già bellissime che profumavano di un glorioso passato lontano fatto di miti e leggende.

Decise di iniziare dalle ultime foto scattate, quelle per cui veniva richiesto un lavoro maggiore di color correction, in quanto erano state scattate al crepuscolo: molte apparivano infatti scure, non si notavano bene tutti i dettagli che andavano enfatizzati e mal si accostavano alle prime per luminosità e contrasti.
Aprì la cartella "Cacciata dal paradiso terrestre" e circa 150 foto gli si pararono di fronte.
In queste i modelli seminudi apparivano ingobbiti, mesti e miserabili. Quasi sempre aveva deciso di fotografarli di spalle con uno sguardo dal basso verso l'alto per enfatizzare al meglio la loro decadenza fisica e morale.

«Devo sceglierne cinque.» Pensò con un certo senso di pesantezza nel realizzare che buona parte del suo lavoro sarebbe rimasta sconosciuta. «Che spreco.»
Cominciò fa fare una cernita: scartò quelle venute mosse, quelle dove non si vedevano bene i volti di entrambi i modelli e quelle troppo scure. Così facendo era arrivato a circa una settantina di immagini che iniziò a correggere.

Lavorò su quella cartella per un'ora buona e quando finì di dare una prima migliorata a tutte le fotografie, proseguì con la seconda scrematura. Accantonò quelle più difficoltose da armonizzare con lo stile del servizio, quelle con pochi dettagli salienti, quelle dove i modelli non erano riusciti a dare una buona mimica facciale e arrivò a una quindicina di pezzi.

«Siamo vicini alla fine.» Pensò, stanco di quei forti contrasti di luce e ombra, di quel cielo vermiglio e della sofferenza che traspariva da quello schermo.
Guardò l'orologio ed erano quasi le nove, così decise di prendersi una pausa e riposare gli occhi.
Gli mancavano solo un paio di step all'ultimazione di quella parte dello shoot: doveva migliorare ancora quelle quindici immagini restanti e infine sceglierne cinque, così poche per raccontare una storia tanto complessa.

Uscì dal proprio ufficio con l'intenzione di scendere a prendersi un cappuccino al café del secondo piano, ma appena varcata la soglia si trovò la sua dea di fronte: Sandara Park.
Arrossì non appena incrociò il suo sguardo forte, ma non le diede il tempo di accorgersene perché subito si inchinò profondamente.
«Buo- buongiorno signorina Park. Mi scusi, non mi aspettavo di trovarla qui.» Disse incerto.
«Buongiorno Kim, invece io mi aspettavo esattamente di trovarla qui.» Rispose lei sorridendo mentre abbozzava un inchino. «Volevo parlarle a proposito del servizio di ieri Kim, ha un momento?» Chiese poi gentilmente.
Taehyung, terminato l'inchino, la guardò per una frazione di secondo prima di rispondere. Aveva legato i capelli scuri in un elegante chignon e indossava uno stupendo abito viola di ispirazione cinese: era semplicemente meravigliosa ai suoi occhi.
«Certamente signorina Park, prego: si accomodi.» Le disse, indicando la porta socchiusa del suo ufficio.
«Ma stava andando da qualche parte Kim?» Domandò lei subito dopo con interesse.
«Veramente sì: al secondo piano a prendermi un cappuccino, ma per lei posso anche aspettare una mezz'ora.» Le rispose pacatamente.
«Non sia sciocco Kim!» Esclamò sorridendo la donna. «Possiamo pure parlarne al secondo piano davanti a un caffè, non c'è nessun problema per me. Così nel frattempo lei fa anche una pausa e prendiamo due piccioni con una fava.» Propose poi sorridendo.
«Va benissimo anche per me, allora vado a prendere il PC, così le faccio vedere.» La avvisò.

Il cafè del secondo piano non aveva nulla da invidiare a un qualsiasi baretto di provincia, con gli anziani che giocavano a carte e la puzza di tabacco bruciato.
Il bancone in legno scuro era scantucciato e graffiato in molti punti e il piano in marmo era scurito e macchiato dal passare del tempo. I tavoli e le sedie di fronte erano tutti diversi l'uno dall'altro: rossi e verdi, di metallo e di legno, grandi e piccoli bassi e alti. Erano stati riciclati da chissà dove e chissà quando, ma davano su una grande vetrata a parete che mostrava i palazzi esterni e conferiva al locale un aspetto più arioso.

«Un cappuccino e un espresso per favore.» Ordinò la signorina Park.
«Consumate al tavolo signori?» Chiese l'anziano barista baffuto. «Sì Yoongi oppa.» Confermò la donna.
«Allora prego accomodatevi: vi servo al tavolo appena sono pronti.» Le sorrise sotto quei baffoni bianchi e iniziò a preparare.

«Mi piacerebbe che venissero pubblicate tutte, sa?»
Disse Taehyung dopo aver mostrato il suo lavoro alla signorina Park. «Ma immagino sia il sogno di ogni fotografo che lei ha incontrato.» Le sorrise.
«Non di tutti in realtà. Ne ho incrociato qualcuno che addirittura si vergognava di mostrare i suoi scatti in giro perché li riteneva troppo intimi... o qualcosa del genere credo.» Ridacchiò tra sé e sé, poi cambiò repentinamente espressione e divenne estremamente seria. «Inutile dire che lo abbiamo licenziato in tronco.» Concluse.
«Non era abbastanza bravo?» Domandò lievemente intimorito.
«Una persona che scatta foto solo per sé non è un buon fotografo per una rivista di moda: per lavorare bene qui devi saper scattare foto per gli altri.» Spiegò. «Se si vergogna di mostrarle, significa che le ha fatte per sé.» Finì.
Taehyung aveva lo sguardo perso oltre quella vetrata mentre la signorina Park gli parlava: si era un attimo smarrito nella sua riflessione e si chiedeva se si potesse stabilire precisamente quanto lui stesso scattasse foto per gli altri, piuttosto che per sé.

* * *

«Adesso Kim, se vuole scusarmi, ho una riunione. È stato un piacere: sono molto soddisfatta di come sta venendo questo progetto. Continui così.»
A queste parole Taehyung tornò immediatamente alla realtà. Si alzò in piedi e si inchinò.
«È stato un piacere anche per me signorina Park. Le auguro una buona riunione e una buona giornata.»
Parlò con gentilezza.
«Buona giornata anche a lei e buon lavoro Kim.»
Se ne andò leggera come una farfalla sotto lo sguardo frastornato di Taehyung, lasciandolo lì appeso e con il conto da pagare.

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