N°5

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Il mattino successivo il risveglio si rivelò agrodolce per Taehyung. Gli eventi della sera precedente gli apparivano lontani e confusi, ma lo stesso li sentiva su di sé come gli stessero pungolando la nuca a intervalli intermittenti.
Cercò di ignorare quella sensazione per tutta la mattina, tuttavia ogni volta che iniziava a distrarsi da quel proposito, si scopriva a rimuginarvi su ancora e ancora.
A nulla era valso il tentativo di immergersi totalmente nel lavoro, poiché, distratto com'era, riusciva a malapena ad editare un paio di immagini, prima di incantarsi a guardare il vuoto. Era una sensazione orribile per lui che aveva fatto del suo lavoro la sua vita. Adesso, quell'ufficio bianco gli pareva più opprimente che mai e ogni immagine che gli scorreva davanti si trasformava nel suo peggiore incubo: non voleva stare lì, non voleva modificare foto. Voleva andare da Jungkook e abbracciarlo, baciarlo e accarezzarlo: voleva scrollargli di dosso tutta la paura del futuro che lo sommergeva, lo affogava e lo lasciava immobile come fosse immerso in una vasca di melassa.

Alzò lo sguardo dallo schermo per l'ennesima volta senza rendersene conto e lo posò sulla sua scrivania bianca e lucida.
Sull'angolo in alto a sinistra c'era la consueta pila di posta e riviste che Mark gli appoggiava lì ogni mattina.
Allungò il braccio e ne tirò a sé qualcuna.
Per qualche minuto si sentì meravigliato come quando da ragazzo sfogliava quei giornaletti guardando, non gli articoli né le descrizioni, ma le pubblicità patinate che raccontavano di un mondo perfetto e magico nel quale l'unico problema era costituito dall'avere un capello fuori posto.
Osservò bene i volti dei modelli e delle modelle, adesso pienamente consapevole di quanta finzione ci fosse dietro quei lineamenti e corpi perfetti, piallati e modificati ad arte dalle abili mani di chi li aveva ritoccati per apparire perfetti secondo i canoni. Le occhiaie non esistevano su quelle pagine, così come le rughette di espressione, le pieghe della pelle, l'alone della barba e infine la cellulite.
Taehyung non aveva memoria di aver mai lavorato con nessuna modella che non avesse almeno un accenno di cellulite, eppure in quelle immagini non ne compariva l'ombra, nemmeno in foto all'aperto nelle quali la luce illuminava i corpi delle ragazze con la massima intensità.
Quella innaturalezza così ostentata lo infastidì e ebbe l'istinto di chiudere la rivista e gettarla di nuovo dove l'aveva presa, tuttavia, girando pagina, quell'idea lo abbandonò.
Stampata su quelle pagine vide l'immagine a figura intera di Jungkook con le mani in tasca che indossava un bellissimo giacchetto in jeans di un costoso marchio. Si perse a osservarlo in ogni sua minima parte per qualche minuto e, siccome la foto era stata scattata dal basso, l'ultima cosa che vide fu il volto. Raggelò: i suoi piccoli nei erano stati eliminati e il suo incarnato era stato reso più chiaro.
Chiuse il giornaletto e lo gettò sulla scrivania.
Lui non avrebbe mai trattato così le sue peculiarità, le avrebbe invece messe in evidenza: non concepiva i modelli come manichini tutti uguali e gli piaceva, anzi, che ognuno di loro si distinguesse dagli altri per alcune caratteristiche, che fossero queste la carnagione, la grana della pelle, dei piccoli nei o la forma delle sopracciglia.
Si sentiva di arrivare meglio ai lettori in questo modo, dando loro una parvenza di verosimiglianza, oltre che di rispettare di più i modelli e le modelle. Nessuno di quelli che erano considerati difetti per i canoni di bellezza locali rendeva un corpo meno valido o più valido per essere mostrato. Nessuno si meritava di vedersi cancellare dei tratti fisici perché non conformi a chissà quali regole.
Alcune case di moda anche tra le più famose, a quanto pareva lo avevano già capito, ma erano purtroppo ancora una goccia di acqua in un mare di sterco. L'imposizione di canoni estetici era stata così efferata che le persone erano diventate malfidate nei confronti di qualcunque azienda proponesse volti non conformi: Taehyung ricordava bene il putiferio che era successo nell'opinione pubblica, quando Gucci aveva presentato tra le sue modelle una ragazza con trisomia del 21.
Normalizzare ciò che fino a quel momento non era considerato normale era difficile, ma lui era ben sicuro che fosse la strada giusta per andare avanti.

In quel momento gli venne un'idea e si rese conto che doveva assolutamente parlare con la signorina Park per chiederle se fosse possibile creare il progetto del mese successivo con modelli e modelle che non rientrassero nel solito canone di bellezza: sapeva che Sandara non era nuova a iniziative del genere e che lo avrebbe ascoltato seriamente.

Si alzò di scatto dalla sedia e uscì dall'ufficio per andare subito da lei.

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