Spice blend

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Il fotografo rientrò nel suo ufficio circa un'ora e mezza dopo con un clamoroso ritardo sulla sua tabella di marcia, ma che forse era valso la pena.
Quel pranzo non era stato affatto terribile come aveva temuto: avevano parlato e scherzato, raccontandosi aneddoti di quando erano appena tirocinanti come Yeonjun e novizi come Taehyung. Gli avevano fatto staccare il cervello per un'oretta e si era sentito compreso per la prima volta dopo moltissimo tempo. I loro racconti lo avevano fatto rendere conto di quanto fossero normali ansie e insicurezze nei primi periodi in cui si viene inseriti in un ambiente estraneo e gli sembrava quasi di essersi tolto un grande peso dallo stomaco, quando nella realtà il suo stomaco era più pesante che mai. Non ricordava che alla mensa aziendale cucinassero piatti così buoni e se avesse potuto avrebbe fatto anche il bis di quel delizioso sformato di patate dolci che non mangiava da chissà quanto tempo.
Tornò a lavoro rinvigorito nell'anima e nel corpo, come si fosse liberato di qualche pensiero tossico che lo tormentava notte e giorno, anche se non sapeva bene individuare di che cosa si trattasse nello specifico.
Si sedette di fronte al PC, pronto ad aprire la prima cartella "Creazione", ma prima di fare clic su quell'icona un paio di ricordi di quei momenti gli balzarono in testa.
«Il ragazzo timido dagli occhi belli.» Sussurrò quasi inconsapevolmente. E si ricordò di come gli avesse rapito lo sguardo sia dentro che fuori dal set.
Là seduto, si smarrì di nuovo nei suoi pensieri, cercando di ricordare per filo e per segno che cosa avesse fatto nell'interazione con lui e poi rammentò i suoi tratti delicati, la sua pelle ambrata, i suoi occhi fondi e dolci e i piccoli nei sul volto.
Nella sua testa sembrava un angelo, ma la realtà lo colpì duramente quando, aprendo la cartella, si rese conto che era più bello di quanto ricordasse la sua mente offuscata.

«Devo lavorare ancora con lui, maledizione.»
Il solo rivederlo gli aveva fatto balenare un sacco di idee per altri servizi e il modo in cui si comportava davanti alla macchina fotografica risultava così impeccabile da essere versatile pressoché in ogni contesto.
Non capì quel moto di ricongiungimento che sentì dentro al solo ripensare a quel ragazzo, sapeva solo che doveva rivederlo il prima possibile perché durante quegli scatti si era creata un'intesa mai sperimentata prima che Taehyung non voleva assolutamente lasciare incolta.

Quelle foto gli crearono un certo turbamento interiore: un misto di nostalgia, stupore, ammirazione e esaltazione che pochissime volte aveva provato nella sua vita.
Se durante quegli scatti si era concentrato maggiormente sulla ragazza, in quel momento non sapeva far altro che ammirare la perfezione del modello, le sue micro-espressioni, i suoi morbidi capelli puliti, il suo sguardo fiero e poi le gambe toniche e ben fatte, la luce chiara che gli risplendeva addosso: non era Adamo, era un dio.

Decise di prendersi tutto il tempo che gli serviva per rendere giustizia a quegli scatti e già si dispiaceva di non poterli selezionare tutti e 200, ma certamente sessioni di quelli sarebbe stato eliminato.
Guardò un attimo fuori dalla finestra pensieroso e sospirò profondamente.
«Devo decidermi e mettermi a lavoro.» Si disse, ma il suo corpo non collaborava e per la verità nemmeno una parte della sua mente. Sapeva che una volta iniziato avrebbe necessariamente dovuto modificare quello che già gli sembrava stupendo e scartare materiale che considerava trascurabile secondo degli standard. Ma chi diceva che questi standard non fossero sbagliati? Perché doveva per forza stare a queste regole se per lui era tutto valido? Le scorse una ad una e ad ogni cambio di immagine un brivido gli correva lungo la schiena.
Non era in grado di decidere razionalmente le modifiche da apportare, continuava solo a scorrere quegli scatti senza nemmeno più guardarli.
Ripensò alle parole della signorina Park: «Se fai foto per te stesso, non puoi lavorare in una rivista di moda.» Gli aveva detto più o meno.
A quel punto entrò definitivamente in confusione. Chiuse gli occhi e si portò le mani in volto sospirando affranto.
Rimase così per qualche minuto, poi alzò, si tirò indietro i capelli castani diventati quasi ingestibili per quanto stavano allungando e si piazzò in piedi davanti la finestra. La aprì e inspirò l'aria tiepida dell'esterno. Sapeva di polline e sale e lo calmò per un attimo.
Il tempo sufficiente per rendersi conto che da solo non sarebbe riuscito a cavarsene fuori. Aveva una brutta sensazione addosso adesso, teneva le sopracciglia aggrottate e gli occhi puntati sull'edificio di fronte, ma non lo stava guardando minimamente: il suo sguardo era concentrato dentro di sé, dove cercava e ancora cercava un modo per venire a capo della faccenda.

Si voltò verso l'orologio.
«Le 15:00.» Aveva pensato che magari il giorno successivo, dopo una bella dormita, sarebbe riuscito a superare questo blocco, tuttavia era decisamente troppo presto per andare a casa.
«Continuerò a lavorare sulle altre. Che altro posso fare fino a domani?»
Accostò la finestra e si sedette di nuovo davanti a quel PC. Riaprì le altre cartelle e si mise a selezionare le immagini più belle tra quelle che già aveva scelto, per portarsi intanto avanti con il resto del progetto.
Aveva un macigno sullo stomaco, ma alle 19:00 in punto aveva già completato tutta quella parte con risultati più che soddisfacenti.

«Io sono lo stesso, è questo modello che mi turba.»

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