VII

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Castello di Rivombrosa.


Qualche giorno dopo, Harry si confidò con Edward, mentre lo aiutava a raccogliere i mazzi di fiori colorati sulla balconata del castello.

"è così grave" si sfogò Harry "pretendere di essere trattato con un po' di rispetto anche senza avere un titolo nobiliare?"

La risposta alla sua domanda non si fece attendere.

Il conte Tomlinson, infatti, arrivò e lo squadrò con riprovazione. "Vedo che non perdi l'abitudine di trascurare il tuo lavoro, Harry" disse, gelido. Si avvicinò ai due uomini. "Avranno bisogno di te in cucina, Edward."

Il governante chinò la testa e obbedì. Harry fece per seguirlo, ma il conte lo afferrò bruscamente.

"Non ho congedato anche te."

"Credevo che al signor conte premesse che io rispettassi i miei doveri" ribatté Harry, senza lasciarsi intimidire.

"Appunto" gli sfilò dal braccio il cestino con i fiori. "Il tuo principale dovere è fare quello che ti dico io."

"Ai vostri ordini, allora" disse lui in tono di sfida, con un rapido inchino.

Il conte lo prese per un braccio e con uno strattone lo costrinse a seguirlo, mentre si incamminava lungo la balconata. "Bene, vedo che sei un ragazzo molto sveglio. Sono sicuro che andremo perfettamente d'accordo..." sussurrò, poi avvicinò una mano al viso di lui e gli fece scorrere piano le dita sulla guancia.

"No!" Harry si sottrasse di scatto e gli si parò di fronte. "Signor conte, voi dovete imparare che io non sono quel tipo di servo, e che non lo sarò mai."

Louis gli si avvicinò, gli prese il mento fra le dita e gli rivolse un sorriso ostile e umiliante. "Fossi in te ne sarei meno sicuro..."

"Harry!"

Si voltarono entrambi verso la porta finestra della biblioteca, a pochi passi da loro. Dietro una tenda apparve la figura della contessa Johannah. Appoggiata al bastone da passeggio, in un elegante abito grigio scuro, li fissava con il volto indurito in un'espressione severa. "Vieni a leggermi un libro" ordinò in un tono insolitamente brusco.

"Subito" mormorò Harry.

"Riprenderemo il nostro discorso molto presto" chiarì Louis, mentre lui si allontanava.

Harry entrò, aiutò la contessa a prendere posto sulla poltrona, quindi si sedette di fronte a lei e aprì il libro, cercando di dissimulare il proprio turbamento.

La contessa Tomlinson, però, non smetteva di fissarlo. Harry fece per iniziare a leggere, ma Johannah lo fermò. "Harry" iniziò, in tono grave "ho solo una domanda da farti e ti prego di essere sincero."

"Dite."

"è troppo tardi?"

Il giovane ebbe un istante di perplessità, poi capì. "Ma no, mia signora. No!" esclamò, scandalizzato.

Johannah sospirò di sollievo e la durezza scomparve dai suoi occhi chiari. "Dio sia lodato, mio caro" allungò un braccio e gli accarezzò il viso. "Non potrei sopportare di essere responsabile della tua rovina. Non ti ho riscattato dalla povertà per un futuro peggiore. E tu sai che è questo quello che ti aspetterebbe."

Tutte le emozioni di quei giorni ebbero la meglio e le lacrime iniziarono a scendere sulle gote di Harry. "Io preferirei morire" disse di slancio "piuttosto che darvi un dispiacere."

Johannah lo strinse a sé, l'accolse sul suo petto e gli accarezzò i capelli. "Lo so, lo so... va tutto bene, angelo mio, va tutto bene" mormorò la donna. "Finché sarò viva io, non permetterò che ti accada nulla di male."

L'amore impossibile || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora