IX

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Castello di Rivombrosa.


Louis Tomlinson scese rapido le scale, mentre sulle sue spalle Harry urlava e scalciava. Il conte continuò a scendere e arrivò alle cantine buie e polverose del castello.

"Mettetemi giù! Che cosa state facendo? Lasciatemi!" gridò Harry, e gli tempestò di pugni la schiena. Le sue urla riecheggiarono per le scale deserte e sempre più oscure. Si aggrappò con forza alla ringhiera, ma Louis lo obbligò a lasciare la presa. "Siete impazzito? Dove mi state portando? Lasciatemi scendere! Voglio sapere dove mi state portando!"

"Ti sto portando in un posto dove avremo un sacco di tempo per parlare."

Arrivato in fondo a un corridoio, con una spinta aprì la grata che dava in una cantina, quindi gettò Harry su una vecchia poltrona. "Che cosa volete fare?" chiese lui, terrorizzato, schiacciato contro lo schienale.

"Domarti" rispose Louis con un ghigno, chino su di lui. "Lo so io come si domano i ragazzi bizzosi come te" gli si gettò addosso, con una mano fra le sue gambe.

Disperato, Harry gli sputò in un occhio, si alzò di scatto, afferrò il bastone di una scopa e glielo puntò contro. "State indietro, vi avverto..."

"Non temere" rispose il conte, con un sorriso perfido "non ho nessuna intenzione di restare qui." Con un salto fu fuori dalla cantina e chiuse a chiave la grata. "Rimarrai qui sotto fin quando non capirai chi comanda in questa casa."

Harry si gettò contro le sbarre. "Tornate immediatamente qui, tornate indietro! Aprite!" Si lasciò cadere a terra, esausto, contro la grata avvolta dalle ragnatele. "Non potete lasciarmi qua" gli rispose soltato l'eco dei passi del conte, che si allontanava su per le scale.

Harry rimase rinchiuso in quella stanza polverosa per ore, con la sola sgradita compagnia di un topo che squittiva nell'ombra. La cantina ormai era sprofondata nel buio, l'unica luce che rischiarava era quella di una candela appesa fuori alla grata.

Quando Louis fece ritorno da lui, fu soltanto per insistere nell'umiliarlo. Lo obbligò a sedersi in braccio a lui e cercò di nuovo di baciarlo, ma Harry si rifiutò, furente.

"Harry, Harry..." sogghignò il conte, mentre usciva e lo chiudeva dentro. "Vuol dire che hai bisogno di riflettere un pochino di più."

"Mai!" urlò lui con rabbia. "Voi non mi avrete mai!"

"Sì, sì... rimani lì, nel frattempo."

Quella sera, Louis, Charlotte e Doris erano a cena e commentavano il fidanzamento di Zayn Malik con Liam Payne, quando Austin entrò di corsa, agitato, e disse che la contessa Johannah stava molto male.

Si precipitarono tutti nella camera della contessa, dove Edward fissava il letto con le lacrime agli occhi.

La contessa Tomlinson, distesa immobile, respirava appena. Le candele proiettavano ombre tremule sulla tappezzeria cremisi. Louis, inginocchiato accanto alla madre, disse a Charlotte di far uscire Doris e chiamare un medico.

A un tratto, la contessa Johannah mosse piano le labbra. "Harry..." mormorò. "Dov'è il mio Harry?"

Soltanto allora Louis si ricordò. Con un'espressione tesa e colpevole, si alzò e uscì dalla stanza.

Pochi minuti dopo, Harry entrò in silenzio, si inginocchiò accanto alla contessa e le prese le mani.

"Finalmente" sibilò Charlotte. "Dove ti eri cacciato?"

"Lascialo stare" intervenne Louis. "Non è colpa sua."

Quando vide il cavaliere di compagnia, il volto di Johannah si rischiarò. "Harry..."

"Non vi affaticate contessa" la pregò il giovane, mentre cercava di ricacciare indietro le lacrime. "Sono qui, adesso. Vedrete che non è nulla. Ora arriva il medico..."

"Non piangere piccolo mio" disse Johannah con un filo di voce "è giusto così... Ricorda sempre che ti ho voluto bene come un figlio..." le parole uscivano a fatica, precedute dalla dolcezza nello sguardo. E ti ringrazio... di tutto l'affetto e la bontà..."

A quell'ultima frase, Louis abbassò lo sguardo e uscì dalla stanza, scuro in volto e tormentato dal senso di colpa.

"Non parlate, vi prego" disse Harry fra i singhiozzi. Non voleva credere che la contessa Johannah, il suo unico scoglio in quei giorni tempestosi, fosse in fin di vita. "Non vi affaticate... ora passa tutto e starete bene."

"Sì... credo anch'io..." mormorò Johannah con un sorriso.

Charlotte uscì in corridoio, disse a Doris di chiamare un prete e avvisò il fratello che la madre voleva parlargli.

Sulla soglia, Louis incrociò Harry e ne cercò lo sguardo, ma lui lo evitò e passò oltre rapido, gli occhi rossi di pianto.

Il conte Tomlinson si inginocchiò al capezzale della madre e le prese la mano.

"Mio caro Louis" iniziò piano Johannah. "Ora sarai tu a doverti occupare di tutto. Sono sicura che sarai il miglior padrone possibile per Rivombrosa." Si interruppe, quasi senza fiato. Louis la guardava con affetto, stringendole la mano. "Sei un Tomlinson, ricorda" proseguì Johannah. "Giustizia e onore devono guidare ogni tua azione. E poi sii fedele al re. Sua Maestà non si tocca per nessuna ragione... mai..."

Louis annuì e le accarezzò il viso. "Non vi preoccupate madre..."

"Ancora una cosa..." sussurrò Johannah, con un ultimo sforzo. "Ti raccomando Harry. Prenditi cura di lui... forse ho sbagliato a trattarlo come un figlio... ma quel ragazzo è talmente... tu sai cosa intendo..." Il conte Tomlinson ascoltava a disagio, il volto irrigidito, e sosteneva a fatica lo sguardo della madre. "Voglio che tu lo rispetti Louis, anche quando io..."

Johannah non ebbe il tempo di concludere la frase, che si spense insieme a lei. Con un ultimo sospiro, chiuse gli occhi e abbandonò la testa sul cuscino.

"Madre" la chiamò inutilmente Louis. Appoggiò la testa sul suo petto, tra i singhiozzi.

La contessa Johannah Tomlinson li aveva lasciati. 

L'amore impossibile || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora