XLIX

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Torino, in tribunale.


Harry entrò in aula scortato dalle guardie.

Dal giorno in cui Louis era stato arrestato, aveva potuto incrociarlo soltanto per pochi istanti, mentre lo trascinavano dentro il palazzo del tribunale per l'inizio del processo. Lo sguardo di Harry corse subito al banco degli imputati.

Louis era dimagrito, aveva il volto sofferto, i capelli in disordine, e a vederlo con le catene ai polsi gli si strinse il cuore.

Non appena il conte si accorse di lui, si alzò in piedi. "Signor presidente!" esclamò, rivolto alla corte "Quest'uomo non c'entra nulla."

Le sue proteste non furono neppure ascoltate.

Harry giurò con la mano destra alzata.

Fuori dal tribunale, Taylor, che era corsa a Torino per stare accanto a Harry, ascoltava i resoconti coloriti del nano arrampicato alla finestra.

"Voi dunque escludete il coinvolgimento del conte Tomlinson nella congiura contro il re" disse uno dei giudici.

"Sì, signore, è così" rispose Harry.

"E che cosa sapete dirci di una certa lista di congiurati di cui Tomlinson dichiara di essere in possesso?"

Harry guardò Louis e rimase in silenzio per qualche istante. "Nulla, signori" rispose, infine "non ne so nulla."

"Il conte Tomlinson non ve ne ha mai parlato?"

"No, mai."

La corte accolse le parole di Harry con scetticismo e uno dei giudici espresse apertamente le sue perplessità. Definì il testimone un servo innamorato del padrone e ricordò alla corte che il ragazzo in passato era stato sul punto di avere un figlio dall'imputato.

Fra i banchi, Briana Jungwirth e Simon Cowell sorridevano soddisfatti.

Il conte Tomlinson si alzò di nuovo in piedi e di nuovo protestò, ma fu messo a tacere.

Prima di uscire dall'aula, Harry guardò un'ultima volta Louis. Avrebbe voluto essere più forte, trasmettergli il proprio ottimismo, ma riuscì soltanto a fissarlo in silenzio, con gli occhi lucidi. Non gli avevano creduto.

Per quanti sforzi facessero, avrebbero sempre avuto il mondo contro di loro.

Quando fu in strada, Harry crollò a terra e si abbandonò a un pianto disperato, sotto gli sguardi scandalizzati dei passanti.


Castello di Rivombrosa.


Taylor riaccompagnò Harry al castello, dove scoprirono che in quelle poche ore la situazione era degenerata.

Harry non aveva più la propria camera e il marchese Grimshaw gli aveva vietato di mettere piede ai piani nobili.

E non solo.

Quando il ragazzo domandò di Charlotte, Edward gli disse che il marchese aveva chiuso la contessa a chiave nella sua stanza.

Harry aspettò che fosse notte, poi si introdusse furtivamente nella camera del marchese.

Nick dormiva profondamente, con la bocca semi aperta e in una posizione scomposta. Neppure il sonno riusciva a rendere il suo aspetto meno sgradevole. Era spettinato e la fronte sudata riluceva al chiarore delle candele. Ogni volta che si girava sul materasso, il letto sembrava sul punto di cedere sotto la sua mole.

Harry si avvicinò in punta di piedi e frugò nelle tasche degli abiti appoggiati su una sedia.

A un tratto, il bastone da passeggio cadde a terra con un tonfo. Harry trattenne il respiro.

Il marchese sussultò, poi si girò con un grugnito. Infine, Harry individuò ciò che cercava. Le chiavi erano sotto il cuscino. Le sfilò piano e uscì dalla stanza.

Quando Charlotte sentì girare la chiave nella toppa, si portò le mani al petto e si schiacciò contro il cuscino, terrorizzata. Solo al vedere Harry, il volto provato della contessa si rilassò.

Harry corse da lei e le spiegò che Louis era in pericolo, che il processo volgeva al peggio e tutti si aspettavano una punizione esemplare.

"Andate in tribunale, domani stesso" la supplicò "e testimoniate per lui."

La contessa impallidì. "Io?"

"Sì, Charlotte" rispose Harry. "Difendete il nome dei Tomlinson."

Soltanto qualche mese prima, la contessa non avrebbe mai immaginato di sentire quelle parole sulle labbra del ragazzo. Era stato proprio per difendere il nome dei Tomlinson che Charlotte aveva reso la vita di Harry un inferno.

La contessa esitò e cercò di spiegare che suo marito non l'avrebbe mai lasciata partire.

Harry sorrise. "Non dovete chiedere il suo permesso."

Con la complicità di Taylor e del resto della servitù, la carrozza della contessa partì all'alba, alla volta di Torino.

Il mattino dopo, la marchesina Doris entrò in cucina, alla ricerca di sua madre.

E non fu l'unica.

La voce di Nick Grimshaw rimbombò oltre la soglia.

"Dov'è? Dov'è?" subito dopo, il marchese fece il suo ingresso fra i servi indaffarati.

Edward finse di non notare l'espressione furiosa del padrone e accennò un inchino. "Signor marchese."

"Dov'è mia moglie?"

La marchesina alzò il viso sul genitore. "Come mai venite a cercarla qui in cucina, padre?"

"Se ci trovo te, posso trovarci anche lei, no? Avete una strana affezione per la servitù, voi Tomlinson" Nick lanciò una rapida occhiata ad Harry, poi tornò a rivolgersi al governante. "Allora, Edward, dov'è?"

"La signora contessa è uscita questa mattina presto con la carrozza e..."

"Stamattina?" lo interruppe l'urlo di Nick. "E quando? All'alba e senza avvisarmi! Ma che razza di diavoleria è questa?"

"Io non lo so, signor marchese" balbettò Edward.

Nick si avvicinò a Harry. "E tu, faccia d'angelo? Non sai nulla?"

Harry sostenne il suo sguardo. "Conoscete il mio nome, marchese."

"Non osare sfidarmi!" gridò Nick. Lo colpì al viso con un violento ceffone. "Credi che sia stupido? Eh?" il marchese si guardò intorno. I servi e la piccola Doris assistevano ammutoliti. "Ho capito!" esclamò "siete tutti d'accordo. Come ha fatto a uscire dalla sua stanza? Ve lo dico io: qualcuno questa notte è venuto a frugare nelle mie tasche e ha portato via le chiavi."

"Ma signor marchese..." cercò di protestare Edward.

"Zitto tu! Dev'essere stato qualcuno di piccolo e leggero, che non ho potuto sentire" guardò sotto il tavolo e quando si rialzò negli occhi gli brillava una luce vendicativa. "Fossi in voi, mi preoccuperei di trovare Freddie prima di me. Sapete che fine fanno i servi che rubano a casa del padrone."

Freddie era nelle scuderie, intendo a lucidare una sella. Lo schiocco di una frusta alle sue spalle lo fece voltare. "Buongiorno, signor marchese."

"Buongiorno a te, piccolo bastardo" rispose Nick. "Finalmente ti ho trovato. Vieni qui."

Il ragazzino si avvicinò. Quando fu a pochi passi a distanza, il marchese lo colpì alla fronte con il manico della frusta.

Freddie cadde a terra, inerte. Nick alzò il braccio e iniziò a frustarlo con rabbia.

Non ebbe il tempo di completare la sua opera. Anche Taylor era alle scuderie e in un lampo fu addosso al marchese.

"Vile, codardo!" urlò, mentre lo gettava a terra. "è facile prendersela con un bambino!"

I due lottarono nella polvere delle scuderie, poi la stalliera afferrò un forcone poco distante e lo abbatté contro il viso del marchese, lasciandolo privo di sensi. 

L'amore impossibile || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora