Eccomi di nuovo qui.
Dopo un paio d'anni in cui la mia vita è rimasta come in stallo, nonostante non faccia più il lavoro che ho fatto per vent'anni e ora sia un'insegnante, certe cose rimangono uguali. La passione per i diritti civili, unita a quella innata capacità di finire sempre nei guai, ed eccomi di nuovo a Roma, a manifestare sotto a un Ministero, questa volta dell'Istruzione, nella delegazione sindacale della mia regione.Siamo tutti abbastanza incazzati, anche se le posizioni possono differire sia tra le diverse sigle sindacali che tra i diversi gradi di istruzione, nel senso che le problematiche della scuola secondaria sono ovviamente diverse da quelle della scuola dell'infanzia, ma la Ministra parrebbe non essere riuscita a centrarne neanche una.
Facciamo chiasso, sbattiamo mestoli su pentole, dato che la Ministra non sembra volerci accordare l'incontro preventivato. Vediamo in realtà uno strano entrare e uscire di persone dall'edificio di viale Trastevere, tutti piuttosto concitati e una voce che inizia a serpeggiare.
La Ministra sta male, La Ministra è dovuta andare via, Non sta male lei, sta male un suo familiare. In ogni caso che sia andata via di corsa sembra ormai assodato, e quindi si leva subito un grido quasi all'unisono: "A Palazzo Chigi!". A me sembra un po' "A Pinerolo!" di fantozziana memoria, ma tant'è, andiamo, sia mai che mi opponga.
D'altronde sono vestita comoda per l'occasione. Sono partita dalla mia città, al di là del Tirreno, col volo delle 6.40 e ritornerò stanotte col volo delle 21.50, devo stare in piedi tutto il giorno, o seduta per terra, perciò jeans, sneaker e giubbottino in pelle mi sembrano adeguati.
Anche se ci avessero ricevuto al Ministero, sticazzi.Ci mettiamo in marcia, siamo una manifestazione non autorizzata, perciò siamo scortati da Digos, Carabinieri, e non so chi altro, forse i marines, perciò impieghiamo un'ora abbondante a percorrere quel tragitto. Una volta arrivati in Piazza Colonna ci piazziamo sotto Palazzo Chigi e riprendiamo il nostro chiasso. Mantenere la distanza interpersonale non ci impedisce di fare un bel casino.
Dopo almeno un'ora di quella situazione, scende un qualche pezzo grosso che inizia a parlare con i pezzi grossi dei sindacati. Si riconoscono fra loro, i pezzi grossi, sono un club, una setta, una specie a parte, non so, ma anche sticazzi.
Io non sono romana, ma mia nonna lo era, e la filosofia dello sticazzi la sento profondamente mia, affine alla mia parte più zen. Il fatto è che questa parte zen a volte si addormenta nella meditazione, perché invece esce fuori invece quella che parla a vanvera o assale alla giugulare chi la fa incazzare.
"Ok, un attimo di silenzio per favore!"
Prende la parola, e il megafono, uno dei pezzi grossi del sindacato che inizia a dire che una delegazione sarà ricevuta e quindi si cerca di capire quali saranno i prescelti, e lì come al solito parte la gara del "Io! Io!".
Io me ne sto in disparte, quando il capo della delegazione della mia Regione si avvicina e mi dice: "Eleonora, tu sali con me".
"Io? Perché?"
"Perché hai 15 anni di sindacato metalmeccanici alle spalle prima di insegnare, ecco perché. Ci deve ricevere il Presidente Conte non appena rientra da Montecitorio".
"E chi cazzo se ne frega di Conte? Noi dobbiamo parlare con qualcuno dell'Istruzione che conosca tutti i cazzi della scuola, mica..."
Non finisco la frase che con la coda dell'occhio vedo passare un'ombra in blu e una voce dice:
"Mi dispiace, professoressa, dovrà accontentarsi di me. Ci vediamo su."
È ovviamente Conte, il tono con cui ha detto professoressa è lo stesso con cui io pronuncio la parola blatta, e io sono morta.
Il mio capo delegazione mi sibila "Sei una testa di cazzo" e davvero, non mi sento di dargli torto.
"Lucio, io non salgo, mi sembra ovvio".
"Ti sembra ovvio un cazzo, i nominativi sono già stati comunicati e la delegazione adesso non si può cambiare. Quando siamo su, tu ti metti il più in fondo possibile e stai zitta, non emetti un suono né muovi un muscolo, ok?"
"Stai tranquillo".
Tra il controllo documenti di tutta la delegazione, poi la consegna dei badge, poi il passaggio al metal detector, poi il controllo della temperatura, insomma, arriviamo nella sala che ci era stata messa a disposizione che sono quasi le sei, noi avremmo dovuto essere a Fiumicino massimo alle otto, perché i controlli sanitari, oltre a quelli di sicurezza, ormai avevano dilatato i tempi a dismisura anche per i viaggi aerei.
Guardo Lucio indicandogli l'ora con aria interrogativa. Lui alza le spalle, come a dire "Che ci vuoi fare?".
Eh, ok, ma dove dormiremo? Non la vorrei finire sui marciapiedi della stazione Termini.
Cerchiamo di prendere posto, ma tutti si defilano e cercano di accaparrarsi gli ultimi posti: in piazza leoni e al tavolo...
Perciò, com'è come non è, tra le persone in prima fila ci sono anche io. Abbiamo tutti le nostre brave mascherine e siamo distanziati, quando ecco che entra il Presidente Conte, col suo impeccabile completo blu e giuro - giuro - che quando si toglie la mascherina mi sembra che lo faccia in slow motion e col sottofondo di "Maria" dei Blondie.
Si siede, saluta tutti, dispone davanti a sé i vari fascicoli e inizia a parlare.
"Mi scuso per avervi fatto aspettare così tanto. Come sapete non era previsto che ci vedessimo qui, ma la Ministra Azzolina ha avuto un grave impedimento personale e pur di non farvi sprecare una giornata ho deciso di ricevervi io (e qui si gira a guardarmi. male.) anche se ovviamente non ho al momento tutte le risposte che avrebbe potuto darvi Lucia. (Si gira di nuovo a guardarmi. male.) In ogni caso sono a vostra completa disposizione almeno per iniziare a mettere giù un'agenda dei prossimi incontri".
Inizia quindi un fitto scambio con i mega capi galattici del sindacato, ma sono solo piccole schermaglie, tiri di fioretto di cortesia, giusto per saggiare il grado di resistenza, e di abilità, dell'avversario.
Alle nove di sera non abbiamo ancora affrontato nessuno dei temi veramente clou, né per quanto riguarda le disposizioni sanitarie da mettere in atto alla ripresa dell'anno scolastico, né altre questioni come i concorsi per i docenti. Ha voglia lui di definire l'agenda, di questo punto a Natale non avremo ancora iniziato.
"Bene, allora, direi che per stasera ci possiamo fermare qui. Ci aggiorniamo domani mattina alle 10, ci sarò sempre io perché la ministra Azzolina purtroppo sarà ancora impedita a partecipare. Sempre che non sia un problema la mia presenza".
E basta, Presidente, abbiamo capito che ho fatto una figura di merda, l'hanno capito tutti, adesso però cambi disco.
"Buonanotte a tutti, spero che vi riposiate un po', io invece mi tratterrò ancora qui per qualche ora".
Il martire.
Non devo essere riuscita a trattenere qualcuna delle mie espressioni perché mi chiede a bruciapelo: "Qualche problema?"
"Io? No, perché?"
"Mi sembrava. Comunque vada a casa, ci vediamo domani mattina".
"A casa sarà difficile, in ogni caso le auguro anche io una buonanotte", il tutto con una gomitata nel fegato da parte di Lucio.
"Perché difficile? Abita per caso fuori dal Raccordo?", e lo chiede con un tono da presa per il culo che se fosse stato un mio alunno sarebbe partita in automatico una bella nota sul registro elettronico.
"Abbastanza fuori dal Raccordo, direi."
Mi guarda con aria interrogativa. Ci guardano tutti, con aria interrogativa.
"Guardi, Presidente, deve sapere che sono rimasta lievemente destabilizzata dal suo riesumare il Ponte sullo Stretto di Messina in uno dei suoi ultimi show televisivi, ma per tornare a casa mia lei dovrebbe progettare un bel ponte da Civitavecchia a Olbia, e in ogni caso no, penso che non ce la farei lo stesso a tornare a casa stanotte. Comunque grazie per l'interessamento".
La mia rispostaccia spegne anche tutto il chiacchiericcio circostante. Conte non mi risponde, probabilmente se lo facesse verrebbe meno il suo proverbiale aplomb. Io mi sento una merda perché dopotutto non è colpa sua se le cose sono andate così, se abbiamo finito tardi, se per colpa del coronavirus ancora non sono stati ripristinati tutti i voli per la Sardegna e se io sono una cogliona.
Certo, può essere anche colpa sua il fatto che gli insegnanti precari non si possano permettere una stanza in albergo a Roma e facciano i biglietti andata/ritorno in giornata per questo motivo, e in effetti stavamo manifestando anche per questo.
In ogni caso a quarant'anni ancora non ho imparato a chiudere quella fogna di bocca che mi ritrovo. Lucio non ha più parole neanche per insultarmi.
Usciti fuori si deve tenere il rito dell'esposizione a tutti gli altri di ciò che era stato detto al tavolo.
"L'incontro è stato interlocutorio", esordisce uno dei mega capi del sindacato.
Io sono stanca e incazzata e voglio allontanarmi al più presto da quella situazione, dimenticare il motivo per cui sono lì. Mando un messaggio a Lucio dicendo che ci saremo visti lì la mattina dopo e telefono alla mia amica Giulia, che abita a Roma, per chiederle se può ospitarmi per quella notte.
Fortunatamente accetta con piacere.