Ottantuno

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La settimana inizia con gli appuntamenti per trovare l'outfit per la cena di gala. Non so davvero cosa mi potrebbe mettere più pressione addosso e il fatto di dover compiere questo rito con Rocco non mi aiuta. Capisco che in quanto gestore dell'immagine di Giuseppe sia preoccupato anche per la mia, ma io non sono Presidente del Consiglio e non me ne frega niente di come appaio.
Comunque.

Ci vediamo sotto casa mia, e con noi viene Loi, al suo primo giorno di servizio nella mia scorta.
"Scusami Mauro, questa tortura me la sarei evitata io per prima".
"Eleonora, non dirlo neanche".

"Ciao, Rocco"
"Ciao, Eleonora", poi fa un cenno a Loi che ricambia.
"Dove andiamo?"
"Abbiamo due appuntamenti stamattina e uno dopo pranzo".
Io ho chiesto dove non quanti, ma non ho neanche voglia di ripetere la domanda.
Il primo atelier è un fiasco totale. Gli abiti che ci presentano, per quanto da sera, sono troppo appariscenti. Troppo scollati, troppo aderenti, troppo luccicanti. No. Non vanno bene, e su questo siamo d'accordo entrambi.

La seconda boutique è decisamente più di classe, ma mi sento esattamente come Julia Roberts in Pretty Woman quando viene sbattuta fuori dalle commesse del negozio con le parole "Qui non c'è niente per lei". Anche qui non c'è niente per me, ma il problema è la mia taglia.
"Mi dispiace, trattiamo solo fino alla taglia 44".
44? Ma siete fuori? E il 70% della popolazione femminile italiana cosa deve fare, uscire in mutande?
Vaffanculo.
Vedo Rocco fare una faccia schifata.

"Cos'è, ti fa schifo andare a fare shopping con una cicciona del cazzo?", lo aggredisco.
"Eleonora, ti dai una calmata? Sono schifato dal comportamento della commessa, non da te! Come fa Giuseppe a sopportarti io davvero non lo so!"
"Non sono cazzi tuoi".

Vista l'ora, e visto che alle due e mezza abbiamo l'altro appuntamento, ci sediamo nei tavolini all'aperto di un caffè per fare uno spuntino veloce. Loi rimane in piedi, all'esterno del gazebo. Non digerisce Casalino, e penso che la cosa sia reciproca.
"Ti sto proprio sul cazzo, eh, Eleonora?", esordisce Rocco.
"Beh, neanche io ti sto granché simpatica".
Stiamo in silenzio, mentre lui consulta il cellulare compulsivamente: mail, whatsapp, social, non perde di vista niente neanche per un attimo.
Dopo un po' parlo io. "Non mi stai sul cazzo, Rocco, neanche ti conosco in realtà come persona. Detesto il tuo ruolo, l'ho sempre trovato aberrante, anche quando ancora in Italia il termine spin doctor non si conosceva ed era una professione tutta americana".
Sorseggio il mio cappuccino e mordo il mio croissant, poi riprendo a parlare.
"Trovo allucinante che l'immagine di un politico sia diventata più importante della sua azione - appunto - politica. Quando, non lo so, vent'anni fa, anche venticinque forse, vedevo i film americani dove il consulente del candidato decideva di che colore dovesse vestirsi il suo uomo, e la moglie, e magari decideva quale moglie andasse meglio, mi prendeva un brivido dietro la schiena, perché alla fine la campagna elettorale era tutta lì, nell'immagine, mai nei contenuti. E mi dicevo "Da noi non è così". Certo noi abbiamo avuto vent'anni di Berlusconi e della calza sulla telecamera, ma aveva dei contenuti. Vomitevoli, ma pur sempre contenuti".
Mi fermo e lo guardo. Rocco mi guarda tranquillo, non sembra seccato dalle mie parole.
"Quindi secondo te che cosa faccio io, o meglio il mio team?", mi chiede.
"Manipolate la realtà a vostro uso e consumo".
"Si è sempre fatto, si chiamava propaganda".
"Il vostro lavoro è pure peggio, perché voi la realtà prima la create dal nulla, e poi la manipolate, facendoci credere che sia tutto vero".
"Matrix, in pratica", dice Rocco.
"Matrix, in pratica", confermo io.
"Pillola rossa o pillola blu, Eleonora?"
"Pillola rossa, Rocco. Sempre".
Mi guarda e mi sorride. "Non creare problemi a Giuseppe, per favore, Eleonora".
"Io non creo problemi a nessuno e Giuseppe non ha bisogno di altre guardie del corpo, oltre quelle che ha".
Sospira, si alza e mi dice: "Andiamo".
Faccio per andare a pagare ma mi ferma: "Già fatto, andiamo".
"Grazie Rocco, molto gentile".
Quando usciamo gli chiedo: "E ora dove andiamo?"
"Da Armani".
Questa notizia mi conforta perché a Re Giorgio non interessano le taglie, lui - o chi per lui - ha la capacità di disegnare abiti così perfetti che possono poi essere facilmente  proporzionati per adeguarsi alle morbidezze delle donne reali.

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