Cinquantasette - un pochino HOT all'inizio, ma solo poco

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Angolo autrice

Flashback finiti, torniamo alla sera del giorno del matrimonio, dopo che i nostri hanno deciso di avviare le pratiche per Amir.


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Dopo esserci promessi a vicenda di diventare i genitori di Amir, ci abbracciamo in cucina, in piedi.
Da parte mia con questo abbraccio vorrei solo scomparire e fondermi in lui, diventare insieme una cosa sola.
La sua bocca inizia a cercare la mia, con dolcezza e passione allo stesso tempo. Passa al collo dove alterna baci umidi a mordicchiamenti. Le sue intenzioni sono evidenti, ma anche le mie non sono da meno, dopotutto è pur sempre la nostra prima notte di nozze.
Io non so perché ma mi sento emozionata, mi batte il cuore, mi sembra quasi di essere tornata alla prima volta che siamo stati assieme, forse perché è la nostra prima volta da marito e moglie, la prima volta da futuri genitori.
La prima volta della mia prossima vita.
Andiamo in camera da letto, ci sdraiamo e continuiamo a baciarci, con calma, senza andare oltre. Mi accarezza la schiena al di sopra della maglietta, avanti e indietro aspettando che sia io a fargli capire che voglio di più. Nelle pause tra i nostri baci ci guardiamo a lungo negli occhi, come se potessimo trovarci i segreti dell'universo, e forse un po' è così.
Iniziamo a spogliarci con lentezza, godendo di ogni piccolo gesto, di ogni contatto con la pelle dell'altro.
"Mi ami?", gli sussurro bocca a bocca.
"Sei il sangue che scorre nelle mie vene", mi risponde mentre la sua bocca vaga ovunque per il mio corpo.
"E mi amerai per sempre?"
"Per tutti i giorni della mia vita".
Mi posiziono sopra di lui, abbandonandomi completamente sul suo corpo. Mi lascio penetrare e iniziamo a muoverci insieme, cullandoci, e il piacere che ne deriva è di tipo diverso, meno esplosivo ma capace di permeare ogni fibra del nostro corpo, diventando tutt'uno con quello che saremo d'ora in poi: una sola carne e un solo sangue, un solo respiro e un solo battito, un solo corpo e una sola anima.

Dopo l'amore rimaniamo abbracciati. Io per me continuerei a baciarlo senza sosta, ma mi faccio bastare il suo braccio che strigne la mia spalla, e il sentire il cuore sotto l'orecchio appoggiato al suo petto.
"È l'una passata", gli dico, "dormiamo che come al solito avrai la sveglia alle cinque, suppongo".
"Supponi bene, ma non ti preoccupare".
"Grazie per mia madre, per averla fatta venire fin qui".
"Mi sembrava davvero il minimo, sarei stato male anche io se ti fossi sposata senza tua madre accanto".
"E i tuoi, Giuseppe? Perché non sono venuti? Gliel'hai detto?"
"Sì, gliel'ho detto, ma i miei sono molto più anziani di tua madre, Eleonora, e non se la sono sentiti di affrontare uno strapazzo del genere, nonostante ovviamente li avrei mandati a prendere in macchina e riportati, serviti e riveriti".
"Lo capisco. Quanti anni hanno?"
"Mio padre ne ha appena compiuto 90, mia madre ne ha qualcuno in meno".
"Che bello, complimenti! Me li faresti conoscere Giuseppe?"
"Certo, era già in programma, pensavo di andare giù in Puglia nel fine settimana se per te va bene".
"Sì, perfetto anche perché poi ricordati che devo partire per andare a inscatolare le mie cose".
"Senti, ma...", continuo io, "Cos'hanno detto i tuoi del matrimonio? Sono stati contenti o ti hanno consigliato di non impegolarti una seconda volta?"
"Sono stati contenti, solo dispiaciuti di non avere ancora avuto modo di conoscerti. Mio padre ci ha tenuto a ricordarmi che il matrimonio è una cosa importante e non va preso alla leggera, ha molto patito il fallimento del mio primo matrimonio, l'ha vissuto come un suo fallimento personale nella mia educazione, da uomo d'altri tempi quale è".
Sorrido e lo accarezzo dolcemente.
"Ho visto delle foto di tuo padre, mi ricorda un po' mio nonno, che mi manca infinitamente".
Lo bacio dolcemente e poi faccio una cosa che desideravo fare dalla primissima volta che l'ho visto, ma non avevo mai avuto il coraggio di fare: come una bambina gli metto l'indice sulla fossetta destra, la più pronunciata delle due.
Lui ride.
"Buonanotte amore mio".
"Buonanotte anima mia".

*****

È sabato. Per i suoi standard ci svegliamo con calma, visto che mette la sveglia alle sette, per i miei standard è la morte, ma d'altronde quando insegnavo a sessanta chilometri da casa, e andavo a scuola anche il sabato, mi svegliavo anche prima, perciò alla fine sospiro e mi alzo.
Arrivo in cucina con gli occhi ancora chiusi e lo trovo che sta mettendo la caffettiera sul fuoco.
"Stai scherzando?", esordisce.
"Buongiorno anche a te. Per cosa starei scherzando?"
"Hai le calze! Hai dormito con le calze? Sul serio?"
"Cazzo Giuse', c'è maestrale da tre giorni, la temperatura è scesa di dieci gradi, avevo i piedi ghiacciati e non riuscivo a dormire".
"Per il freddo? Ma sei sicura che non sei malata?"
Lo fulmino con lo sguardo.
"Fattene una ragione bello mio, io funziono bene tra i 25 e i 30 gradi, estate e inverno. Il che in inverno significa riscaldamento a palla".
"Oh gesù", ride, mentre mi porge il caffè. "Quanto ci metti a prepararti?", mi chiede.
"Xdfgeut minuti", bofonchio.
"Eh?"
Si meriterebbe una rispostaccia in stile Boldi & De Sica, ma la signora che è in me dice semplicemente: "Vai prima tu in bagno così mi sveglio e poi in cinque minuti sono pronta".

Alle nove sta scalpitando: "Eleonora andiamo? Eleonora!"
"E arrivo, calmati, arrivo! Sono pronta, eccomi!"
"Ma se ci metti così tanto a mettere due cose in una borsa per stare fuori poco più di 24 ore, se devi fare un viaggio lungo che fai?"
"Faccio un cronoprogramma, liste, e liste di liste".
Solleva gli occhi al cielo mentre chiude la porta.

Durante il lungo viaggio in macchina sono nervosa. Gli faccio mille domande sui suoi, sulla sua infanzia, tutto ciò che fino ad ora non avevo avuto modo di chiedere.
"Secondo te piacerò ai tuoi?"
"Stai tranquilla, Eleonora".
"Cosa hai raccontato di me?"
"Cioè?"
"Gli hai raccontato dei miei scleri, di come ti ho trattato?"
"Mh, no, non esattamente. Ho solo detto che inizialmente abbiamo dovuto superare delle crisi dovute in parte anche a tue esperienze passate, ma che ne siamo usciti rafforzati".
"Ok, grazie".
Come risposta mi bacia, poi deve rispondere al telefono. Il concetto di "due giorni di vacanza" ha ovviamente delle sfumature diverse quando è riferito a un Presidente del Consiglio. Quando chiude il telefono gli chiedo:
"E di Amir l'hai detto ai tuoi?"
"No, mi piacerebbe che glielo dicessimo assieme. A proposito, ieri Valentina ha presentato la domanda formale al Tribunale dei minorenni di Reggio.
Adesso aspettiamo, ci sono mille passaggi, soprattutto per quanto riguarda l'aspetto psicologico sia del bambino che nostro".
"Dovremo sostenere dei colloqui?"
"Sì, e poi dovremo fare degli incontri con il bambino progressivi. All'inizio rimarremo in istituto, poi usciremo con lui per qualche ora, poi magari per un weekend.
Ci vorrà tempo e pazienza, Eleonora".
"Tu come farai, con i tuoi impegni?"
"Mi arrangerò, come tutti i genitori che lavorano".
Gli sorrido.
"A tua madre piacerà il libro che le ho comprato?"
"Sono sicura che lo gradirà, è un'accanita lettrice".
"E tuo padre gradirà quella bottiglia di vino? Non ti ho neanche chiesto se beve vino, magari non lo beve".
"Apprezza il buon vino e quello che hai comprato è un ottimo vino quindi tranquilla. Eleonora. Stai. Calma. Andrà tutto bene, i miei sono persone tranquille, non ti devi preoccupare".
"Sono sempre quella che ha sposato il figlio".
"Beh, non sei la prima, ci hanno già fatto il callo". Ride.
Mi abbraccia e mi bacia.
"Non farti venire paranoie, Eleonora, per favore. Niente paranoie. Pensavo che avessimo superato questa fase".
"Sì, sì, stai tranquillo, ho solo un po' d'ansia. Magari se mi baci di nuovo mi sento un po' meglio".
Mi bacia a lungo, le nostre lingue si rincorrono per dirsi quello che non riescono a esprimere quando vengono utilizzate per articolare i suoni: Sei parte di me e lo sarai qualunque cosa succeda di noi.
Alla fine l'autista si ferma davanti a una casa unifamiliare all'uscita del paese. L'ingresso dà direttamente sulla strada, mentre sul retro  un patio ombreggiato da un pergolato di vite regala l'ombra necessaria in questo periodo.
La porta si apre e escono ad accoglierci i genitori di Giuseppe.
Il padre è in giacca e cravatta nonostante il caldo, da chi avrà preso il Presidente? La mamma ha un abitino a fondo scuro, con dei piccoli fiori, molto semplice e allo stesso tempo elegante, i capelli grigi raccolti in una crocchia.
L'autista, questa volta non è Loi, apre la porta prima al Presidente e poi a me. La macchina con gli altri agenti è arrivata prima di noi, perciò possiamo scendere in tranquillità.
Giuseppe si avvicina prima al padre e poi alla madre, li abbraccia e li bacia. Ha un atteggiamento di estremo rispetto verso entrambi e gli occhi che trasudano amore quando li rivolge verso di loro. Poi si volta verso di me, mi tende la mano per farmi avvicinare.
"Mamma, Papà, lei è Eleonora".
"Buongiorno Signor Nicola, sono lieta di fare la sua conoscenza" e stringo la mano che lui mi porge. Forse non dovremmo, ma neanche Giuseppe fa obiezioni. Mi giro verso mamma Lillina e non faccio neanche in tempo ad aprire bocca che si avvicina, mi abbraccia e mi dice:
"Benvenuta, figlia mia".

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