Dieci

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Non so come vestirmi per una giornata da turista in città, non vorrei sembrare la solita stracciona, comunque è necessario stare comoda e soprattutto fresca, perciò alla fine opto per i soliti jeans (nell'armadio, ne avrò... venti paia? per distinguere la tonalità di colore di alcuni ci vorrebbe uno spettrometro, ma tant'è), lunghi a toccare impercettibilmente terra, per dargli quell'aria un po' fané che mi si addice. Una maglia blu, con disegnato sopra un iris, il fiore preferito di mia madre. Un paio di sneaker blu. La mia borsa è blu.
Mi piace il blu, si è capito? (Volete sapere di che colore è la mia macchina? Esatto.) Mi è sempre piaciuto, fin da piccolissima. Mai voluto vestiti rosa, io li volevo blu.
E col blu addosso mi sentivo bene.
Bella no, quello mai, ma in pace con me stessa sì. Poi qualcuno si è inventato l'armocromia e ho scoperto che sono una donna inverno: capelli scuri, occhi scuri, pelle bianca rosata che non si abbronza, sclera dell'occhio azzurrina. Non ho ben capito se sono un inverno profondo o un inverno puro, ma il risultato è che uno dei colori più indicati è giustappunto il blu.
Arrivo sotto l'hotel e gli mando un messaggio: "Quando sei pronto, io sono qui sotto". Tempo un decimo di secondo e lo vedo uscire dalle porte scorrevoli.
Ha dei jeans blu scuro, una camicia blu notte col primo bottone aperto e le maniche arrotolate fino al gomito, occhiali da sole con le lenti azzurrate, scarpe blu.
"Ma chi ci vedrà cosa penserà, che siamo vestiti quasi uguali?", esordisce entrando in macchina.
"Non so, che apparteniamo a una setta religiosa complementare agli arancioni? I blu?", rispondo.
"Ma sei scema o cosa?", mi ribatte, rimandandomi indietro la battuta che gli avevo fatto io la sera prima.
"Cosa", rispondo mettendo in moto.

*****

LUI

Ma quanto siamo belli vestiti entrambi di blu? Ma quanto siamo belli quando ci diciamo che siamo scemi? Sto vivendo i miei quindici anni adesso che ne ho cinquantacinque, ma sai che c'é? Non me frega un cazzo. Non sono mai stato più felice in vita mia.

*****

Lo porto in giro per il quartiere più antico della città. La vecchia cittadella fortificata, che sorge su uno dei sette colli che ornano la mia città, sette come Roma, anche se mai abbiamo avuto la stessa importanza nella Storia. Camminiamo nelle strade vecchie e lastricate, ammirando gli antichi palazzi nobiliari ora decaduti. Ogni tanto si aprono delle piccole piazzette terrazzate dalle quali si può vedere un panorama mozzafiato: il mare, gli stagni che circondano il capoluogo, fino ai paesi circostanti. Poi scendiamo in quello che anticamente era il quartiere dei pescatori, antistante il porto e come tutti i quartieri portuali accompagnato dalla fama immeritata di luogo pericoloso, di malaffare. Ora assume un po' il ruolo di suq della città, quartiere multiculturale soprattutto per quanto riguarda la cucina. Dato che si è fatta ora di pranzo lo porto in una trattoria che propone cucina locale, in cui ovviamente il pesce la fa da padrone, e mi sembra proprio che stia gradendo, sono contenta.
Su una cosa ha avuto ragione, mentre siamo in giro nessuno sembra fare caso a noi, a lui. Nessuno sembra riconoscerlo, o forse a nessuno va di rompergli le scatole perché siamo così, nella mia città, ci facciamo i cazzi nostri.
Quando ci sediamo a mangiare, però, oltre la mascherina ci togliamo anche gli occhiali da sole e effettivamente vedo sia il cameriere che il titolare del locale trasalire leggermente, allora mi alzo e vado verso di loro chiedendo se per caso hanno una saletta un po' più riservata in modo da non creare imbarazzo per nessuno e per fortuna ci possono sistemare agevolmente. Solo alla fine, quando il cameriere ci porta il conto si rivolge a lui e gli dice: "Presidente, io volevo dirle che... insomma... cioè, è stato un piacere averla qui e la ringrazio per quanto ha fatto, io sono stato sempre d'accordo con il suo operato, anche se ha significato stare a casa senza stipendio per tre mesi, ma davvero, sono contento che ci sia stato lei alla guida del paese in questo frangente".
Lui lo guarda intensamente e poi gli chiede: "Come si chiama?"
"Giovanni, Presidente".
"E lei ha figli, Giovanni?"
"Ho una bambina di due anni e mezzo".
"Giovanni, io la ringrazio per quello che ha detto, le sue parole sono molto importanti per me. Capisco perfettamente che nei mesi scorsi lei abbia passato notti insonni pensando a come provvedere alla sua famiglia, a sua figlia, ma la prego di credermi se le dico che io ogni minuto ho pensato che fosse sempre più importante che lei, Giovanni, e tutti gli altri, aveste salva la vita prima di ogni altra cosa".
Giurerei di avergli visto inumidirsi gli occhi, ma potrebbe essere anche un effetto del bicchierino di mirto preso dopo il caffè.
Dopo un secondo di silenzio si rivolge di nuovo al cameriere: "Giovanni, mi perdoni la curiosità, avrei un'ultima domanda".
"Dica pure, Presidente".
"Lei fa questo lavoro da molto?"
"Da circa tre anni, da quando ho saputo che sarei diventato padre".
"E prima cosa faceva?"
"Facevo la pratica in uno studio di avvocato, anzi, la pratica l'avevo terminata e avevo anche passato l'esame. Diciamo che facevo fotocopie nello studio di un avvocato".
Lo vedo incupirsi, mette una mano sulla spalla del cameriere e gli dice: "In bocca al lupo, Giovanni, le auguro davvero ogni bene".
"Viva il lupo, Presidente", risponde il giovane.
Quando usciamo dal locale gli chiedo: "Continuiamo il tour, o preferisci la siesta, come da usi locali?"
"Ti dirò, mi stenderei volentieri".

*****

LUI

Questa città è incredibile, bellissima, è... come lei. Sembra Barcellona e poi sembra Genova con i suoi caruggi ed è piena di luce e piena di sole e c'è un odore di mare ovunque, di alghe, di salmastro.
E lei è bellissima. Bellissima quando mi racconta la storia delle fortificazioni, delle varie invasioni della città. Bellissima quando guarda il panorama in silenzio, mentre io guardo lei.
Mi porta a mangiare cose così buone che temo di dover aprire il bottone dei jeans, ma pazienza, questo altro per stare con lei e vederla finalmente abbassare le difese.
L'incontro con quel cameriere mi ha particolarmente colpito. Non per i complimenti al mio operato, che per carità, ovviamente mi fanno piacere anche se non per vanità ma perché mi confermano che ho operato cercadno di salvaguardare un bene comune e più grande, la vita. Giovanni però mi ha colpito per la sua cultura, il suo modo di fare, la sua dignità, con la quale svolgeva impeccabilmente un compito che un altro col suo stesso curriculum magari avrebbe snobbato. Vorrei poter fare qualcosa per lui e non appena siamo fuori dal locale mi giro verso Eleonora e le chiedo:
"Senti, mi faresti un favore nei prossimi giorni?"
"Sì, dimmi".
"Torneresti qui a chiedere a Giovanni il suo cirriculum e poi me lo faresti avere, cortesemente?"
"Certo, nessun problema".
"Ti ringrazio".
"Ci mancherebbe".

Non mi chiede altro, ma penso abbia capito le mie intenzioni.
Subito dopo mi chiede cosa mi piacerebbe fare.
"Ti dirò, mi stenderei volentieri", le rispondo.

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