Sessantaquattro

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Ieri il viaggio è stato un incubo. O meglio, non il viaggio in sé che come al solito l'aereo non fa in tempo a decollare che inizia la discesa.
No, l'incubo è stato il ritardo di più di un'ora in partenza, senza alcuna comunicazione o spiegazione, ovviamente tutti ammassati. Io no, io me ne stavo in disparte, ma il resto dei passeggeri sì. All'arrivo, ovviamente, dei bagagli nessuna traccia. Ma non del mio bagaglio, di tutti i bagagli. Cioè, nonostante l'ora di ritardo l'aereo è partito con la stiva vuota, e, viste le attuali direttive, nessuno dei passeggeri aveva un bagaglio a mano. Ovviamente altro assembramento allo sportello per la denuncia del bagaglio e indovinate chi ci ho trovato?
Quella stronza amica di mi fratello che aveva spifferato tutto ai miei la prima (e unica) volta che il Presidente era venuto qui.
Dopo aver avvisato mia madre che ero arrivata ma che non sapevo a che cazzo di ora sarei arrivata a casa visti i contrattempi, mando un vocale a Giuseppe insultando lui, il suo governo, la ministra dei trasporti, Alitalia, e inserendo anche diverse madri a caso.
La sua risposta è: "Prendo atto. Buona giornata", e io sono troppo incazzata di mio per rendermi conto del tono del messaggio.
Quando finalmente arrivo a casa, aprire la porta e sentire l'odore di chiuso, ma al contempo familiare, mi fa risalire ricordi anche di mia nonna e mi si forma subito un nodo in gola. Vado in giro a sollevare gli avvolgibili e aprire le finestre per far entrare aria e luce, anche se così entrerà anche il caldo. Vado in cucina, apro il frigo e lo trovo pieno. Verdura, frutta, e i classici recipienti ermetici di mia madre, con diversi piatti già cucinati. La chiamo.
"Mamma? Sono a casa. No, non so quando arrivano i bagagli, hanno detto che mi chiamano. Ascolta, ho visto il frigo, grazie ma non era il caso che lo riempissi così! Ho capito che in questi giorni devo mangiare, ma col caldo che fa e con quanto dovrò lavorare, avrò bisogno più di acqua che di altro. Comunque grazie, dai. Adesso esco a comprarmi spazzolino, dentifricio e mutande e a prendere un bel po' di scatole per iniziare. Piuttosto dì ad Alessandro di passare appena può così mi dice cosa gli serve che lasci. Ok, ok, ci sentiamo più tardi".
Dopo pochi minuti mi squilla il cellulare.
"Dottoressa Serra? Buongiorno è il servizio bagagli smarriti di Alitalia. Volevamo avvisarla che la sua valigia è arrivata col volo successivo. Le chiedo per cortesia di indicarmi la fascia oraria in cui le viene più comodo che gliela recapitiamo direttamente a domicilio".
"No, guardi, gentilissima, ma se è possibile vengo io anche adesso a ritirarla in aeroporto perché ho diverse commissioni da fare e non posso rimanere in casa. Ok, ok, va bene. A fra poco".
Bene, valigia arrivata, ora vado a prenderla e poi posso dedicarmi al resto.

Oggi sto lavorando da mattina presto. Sto svuotando le librerie. Ho già riempito più di dieci scatole ma guardo gli scaffali e sono ancora pieni.
È difficilissimo fare la cernita fra i libri che porterò a Roma e quelli che regalerò o porterò al mercatino dell'usato. Sono già stanca e snervata da tutto questo.
Mi chiama Giovanni perché vorrebbe che ci vedessimo per discutere di come far quadrare le nostre esigenze per il trasloco e gli propongo di venire a casa mia dato che ho così tanto da fare che se uscissi perderei davvero troppo tempo. Abbiamo già scelto la ditta, si tatta solo adesso di capire la logistica.
Lui, sempre gentilissimo, accetta di buon grado di venire incontro alle mie esigenze e mi raggiunge a casa.

"Giovanni, sono disperata. Guarda quanti scatoloni ho già riempito e di fatto ho svuotato metà di una stanza, forse anche meno. Non ce la farò mai".
"Ma no, Eleonora, dai, non ti preoccupare. Pensa che io devo proprio svuotare completamente la casa".
"Mamma mia, non ti invidio".
Gli sorrido.
"Come sta tua figlia?"
"Bene, grazie, cresce e ci dà da fare, ma almeno porta luce nella nostra vita".
"Siete fortunati".
"Ah, senti, per la macchina", continuo, "allora facciamo come ci siamo detti?"
"Per me sì, Eleonora, se non crea problemi a te".
Sto per rispondergli quando mi squilla il cellulare, è Giuseppe. È più di un giorno che non ci sentiamo, solo la risposta al mio messaggio vocale del giorno prima.
Di sera non ci siamo sentiti, lo realizzo solo adesso.
"Ehi, ciao, come stai?"
"Sto. Tu molto indaffarata?"
"Eh, abbastanza, poi c'è un caldo insopportabile, e a dirlo io, lo sai... Ma dove sei che sento rumori?"
"In taxi".
"In taxi? E tutto il solito codazzo di agenti?"
"Un secondo Eleonora, attendi un attimo in linea che devo pagare".

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