Novantanove

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Giuseppe torna da Bruxelles stanco oltre ogni immaginazione, anche perché poi, prima di rientrare a Roma, non si fa mancare una capatina a Bari.
L'indomani mattina, sabato, deve poi recarsi a Teramo per un'altra celebrazione all'Università. Non ci vuole un indovino per capire che è stanco morto, basta sentirlo parlare, fatica quasi a articolare le parole.
Quando la sera rientra ha le occhiaie veramente molto pronunciate e l'aria sfatta. Io lo accolgo scuotendo la testa:

"Così non va, però", gli dico mentre lo aiuto a togliersi il soprabito. La temperatura sta iniziando a scendere.
"Eh", mi risponde, con l'aria però di dire E io che ci posso fare? "Mi faccio una doccia e arrivo".
"Aspetta, ti riempio la vasca da bagno così ti rilassi un po'".
"Tu entri con me?"
"Va bene..."
Apro i rubinetti della vasca e vado in camera a spogliarmi, Giuseppe si sta già svestendo. Andiamo in bagno, ci togliamo la biancheria intima e entriamo in vasca. Mi raccolgo i capelli, entro prima io e faccio sistemare lui davanti a me, in modo che si possa poggiare su di me e rilassarsi. Quasi immediatamente emette un lungo sospiro di rilassamento. Io lo avvolgo con le gambe e con le braccia, carezzandogli mollemente il petto e l'addome, là dove la morbidezza è più evidente.
"Sembriamo Julia Roberts e Richard Gere, non sei contento? A parte il fatto che questa vasca non è tonda e non è a idromassaggio, tu non sei Richard Gere e io, in tutta evidenza, non sono Julia Roberts".
"Tu sei meglio di Julia Roberts".
Scoppio a ridere.

"Voto dieci per il tentativo. Però posso cantarti "Kiss" di Prince, se vuoi.
You don't have to be beautiful to turn me on
I just need your body, baby, from dusk 'til dawn
".
Le parole della canzone gliele sussurro dietro l'orecchio, mentre gli bacio il collo bagnato.
"Come è andata a Bruxelles? Avete parlato solo di politica estera o anche di Recovery fund?"
"Quasi totalmente di politica estera, ma ovviamente qualcosa è stato detto anche sul Recovery, sì".
"Ma tu lo sai dov'è il Nagorno Karabakh?"
"È dentro di noi".
Scoppio a ridere "Meno male che non ho sbagliato nella scelta del marito!"
Stiamo ancora un po' in silenzio, Giuseppe ha gli occhi chiusi. Cerco di massaggiargli un po' il collo anche se la posizione non è delle migliori, ma lo sento comunque rilassarsi ulteriormente.
A un certo punto gli elenco le varie pietanze che ho preparato per cena. "Cosa preferisci mangiare?"
"Scusami tesoro, ma sono talmente stanco che non ho fame".
"Lo capisco, però qualcosa devi mandare giù".
"No, ho solo bisogno di liquidi perciò mi prenderò un tè, una tisana, o qualcosa di simile".
"Sicuro sicuro?"
"Sicuro sicuro".
"Non è che preferisci una minestrina? Io sono la maga delle minestrine da ospedale, sono la base della mia alimentazione invernale".
"Gesù, no, mi ci manca solo la succursale casalinga del Fatebenefratelli!"
Rido.
"Ok, allora inizio a uscire dalla vasca e a mettere su l'acqua per il tè. Tu rimani quanto vuoi".

Dopo un po' arriva in cucina e si siede.
"Allora, Presidente, le posso offrire un classicissimo Earl Grey, un tè verde, un tè verde all'arancia, una tisana arancia e cannella, una camomilla, una camomilla aromatizzata al miele e limone..."
"Un tè verde all'arancia, grazie".
"Ottima scelta, Presidente".
"Tu mangi o cosa?"
"Io mi sono scofanata stasera un pezzo di pizza bianca con la mortazza che mi ha fatto ululare più di te e sono a posto".
"Mi ritengo offeso".
"Non devi, ormai sei un bambino grande e bisogna che tu prenda atto che ci sono due cose che nessun maschio può battere: la mortadella e il cioccolato fondente. Non è un problema tuo, è un dato di fatto".
È così stanco che fa fatica a ridere.
"Ora fila a lavarti i denti e poi a nanna, marsch!"
"E tu?"
"Io ho un rendez-vous con una tavoletta di fondente all'85%. Se mi senti urlare è normale, non sentirti sminuito".
Dopo qualche minuto vedo che dalla camera da letto filtra solo la luce dell'abat-jour e dalla cucina gli faccio arrivare la mia voce, a volume un po' più alto del dovuto:
"Sì, sì, così, ancora! Ancora!"
"Ma la fai finita, cosa penseranno i vicini?", mi risponde dall'altra stanza.
"Che il Presidente è un amante focoso, o dovrei dire poderoso. Ma mi sa che un'idea se la sono già fatta".
Vado in bagno a lavarmi i denti, mi spoglio e mi accoccolo vicino a lui.
"Ma sei scema", mi dice ridendo.
"Hai ragione, la prossima volta urlerò Sbattimi come la cartellina di documenti all'Eurogruppo! "
Mi guarda come fossi matta e allora gli mostro il video che imperversa ovunque su internet. Scuote la testa.
"Ovviamente sorvolo sullo sguardo che ti ha lanciato Ursula: ti ha scansionato da capo a piedi, la cistifellea tutto a posto? Calcoli niente?"
Ride. "Ti adoro quando sei gelosa".
"Io non sono gelosa, è lei che è imbarazzante suvvia".
"Ma smettila, dai. È solo molto cordiale, fa così con tutti. Ricordati che i video e le foto danno sempre un'immagine artefatta della realtà".
"Se lo dici tu..."
Mi abbraccia e si sistema sul mio seno. In pochi minuti si addormenta, mentre io gli accarezzo i capelli.


Il giorno dopo lui è di nuovo impegnato, e di pomeriggio c'è la festa di compleanno della figlia di Olivia, alla quale ho promesso di accompagnare Niccolò.
Alle cinque sono sotto casa di Valentina, mi accompagna anche Mauro, non riesco a uscire senza almeno una persona di scorta.
Niccolò scende tutto carino e con in mano la busta con il regalo per l'amichetta. Arriviamo a destinazione, il bambino citofona e si annuncia. Entro con lui e lo accompagno fino al piano, rimanendo dentro l'ascensore. Non appena vedo la porta di casa aprirsi, premo il pulsante del piano terra e vado via.

Come da accordi, vado a riprenderlo alle nove. Gli faccio uno squillo al cellulare per avvisarlo che sono arrivata, aspetto cinque minuti, poi dieci, ma non si presenta. Gli mando un messaggio su WhatsApp e provo a richiamarlo, ma niente. È normale che un ragazzino di tredici anni non stia a controllare l'ora quando è con gli amici, quindi alla fine mi risolvo a citofonare.
"Sì?"
"Sono venuta a prendere Niccolò, potrebbe avvisarlo che sono qui per cortesia? La ringrazio".
Mi ha risposto una voce femminile, ma non saprei dire se si trattasse di Olivia o magari di una persona di servizio.
Dopo pochi minuti sento scattare l'apriporta e vedo uscire Niccolò e subito dopo Olivia. Mi manca un battito.
"Ciao Ele".
"Ciao Nico, inizia a sederti in macchina per favore, vengo subito".
Mi avvicino a Olivia e le sorrido da sotto la mascherina.
"Buonasera, penso che non possiamo ancora darci la mano, non so davvero che gesto fare", le dico.
"Non si preoccupi", mi risponde e mi sembra che sorrida.
"Io... mi scuso per non essermi presentata prima quando ho accompagnato il bambino, sono stata maleducata e me ne dispiaccio. Io comunque sono Eleonora".
"Olivia, lieta di fare la sua conoscenza, ma non deve scusarsi assolutamente. Io la volevo ringraziare per aver fatto comunque in modo che Niccolò partecipasse alla festa, sia lui che mia figlia ci tenevano molto".
"L'ho fatto volentieri, penso che non sia giusto che i bambini debbano subire passivamente le decisioni degli adulti. Voglio dire non è giusto che i nostri problemi ricadano su di loro modificando anche le loro amicizie e i loro affetti".
"Sono d'accordo con lei".
"Per quanto mi riguarda, quando Niccolò è con noi, io sono lieta di invitare Eva a casa ogni volta che vogliono passare del tempo assieme, se anche lei è d'accordo ovviamente".
"La ringrazio, è davvero gentile, lo terrò presente. Le auguro buona serata".
"Anche a lei. E faccia gi auguri alla bambina da parte mia".
Mi sorride da sotto la mascherina e rientra nel palazzo, io mi volto e entro in macchina.
"Ti sei divertito?"
"Sì, un sacco!"

Lo riaccompagno a casa mentre cerco di metabolizzare la conversazione appena avvenuta. Un incontro che avevo tanto temuto, e tanto avevo fatto per evitarlo, si era rivelato non solo civile, ma anche gradevole, alla fine. Forse alla fine sono diventata davvero una persona adulta.

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