Trenta

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"Buonasera a tutti, lui è Niccolò".
Io rimango bloccata a fissare quel ragazzino intimidito e cento volte più bello di come appare nelle foto, praticamente un piccolo fotomodello.
Il padre gli ha fatto mettere pure la giacca, poveretto lui.
Giulia, vista la mia impasse, prende in mano la situazione e li fa accomodare.
"Accomodatevi, ciao Giuseppe. Niccolò, io sono Giulia", dice tendendogli la mano, che il ragazzino stringe volgendosi prima verso il padre, quasi a chiedere il permesso.
"Oh, scusami, non dovevamo? Ma tanto adesso gli faccio lavare subito le mani!", si giustifica subito la mia amica.
"Tranquilla, nessun problema. Niccolò, lei è Eleonora".
"Ciao Niccolò, sono molto contenta di conoscerti". Mi sono riscossa dal mio stato e gli stringo la mano. Lui, compìto, ricambia la stretta.
Poi Giuseppe prosegue: "E lei è la piccola Teresa", indicando la bambina che stranamente si nasconde dietro le gambe della mamma.
Dato che apparentemente mi sono ripresa dallo shock, cerco di recuperare offrendo l'aperitivo agli ospiti.
"Niccolò, ti va un succo? Ho ananas, arancia e ACE. Temo di non avere bibite gassate, mi dispiace".
"Un succo d'arancia va benissimo, grazie mille". È compitissimo, immagino la sequela di raccomandazioni che gli deve essere stata fatta dal padre prima di venire a casa, a parte che suppongo che tutta la sua educazione sia stata improntata a questo... non so se definirlo rigore.
Gli porgo il succo e gli dico: "Assaggialo e dimmi se per caso ci vuoi un pochino di zucchero perché è totalmente naturale".
Niccolò dice: "Va bene così, grazie", e anche il padre dice: "Va bene così, grazie", ma il ragazzino mentre beve il primo sorso fa l'espressione classica di chi sta sorbendo un liquido troppo aspro. Al che guardo Giuseppe con un'espressione che significa: "Hai visto?" e dico al bimbo: "Dammi pure, Niccolò, che ti metto giusto una punta di zucchero".
Mentre beviamo l'aperitivo Giulia riesce a portare la bambina a letto. Prima di andare via, però, Teresa vuole baciare tutti, compresi Giuseppe e Niccolò che arrossisce per essere stato l'oggetto dell'attenzione di una bambina di cinque anni. Io, nel frattempo, metto sul fuoco l'acqua per la pasta, l'unica cosa che ovviamente deve essere cucinata all'ultimo momento e vengo colta da un'illuminazione: come tutti i bambini Niccolò odierà il pesce, dato che non è sottoforma di bastoncini.
"Niccolò, ti devo chiedere una cosa ma devi essere sincero con me: ti piace il pesce?"
Interviene il padre: "Niccolò mangia tutto senza problemi, giusto Niccolò?"
"Fai rispondere tuo figlio, per favore?", lo fulmino con lo sguardo.
"Beh, più o meno lo mangio...", ma decisamente non è convinto.
"Non ti preoccupare, Niccolò. Allora, io ho fatto una cena "per grandi", colpa mia, però recuperiamo subito. La pastasciutta ti piace, con un sugo normale?"
"Sì".
Apro il frigo e il freezer e poi gli dico: "Hamburger e patatine? O preferisci würstel e patatine?"
"Würstel e patatine", risponde il bambino con un sorrisone.
"Aggiudicato!", la cena era salva, l'erede al trono non sarebbe morto di fame.

Per fortuna la cena fila via liscia. Giuseppe apprezza quello che ho cucinato e anche Niccolò, per fortuna.
Il bambino è veramente un angelo, educatissimo, per favore, grazie e una proprietà di linguaggio pari a quella del genitore. Dopo aver finito le sue patatine, però, è evidente che si sta annoiando povera stella, non potrebbe essere altrimenti unico ragazzino in mezzo a tre adulti.
"Papà, posso usare lo smartphone?"
"No, Niccolò, stiamo mangiando, adesso non puoi usare lo smartphone".
"Ma io ho finito, non ho più fame".
"Niccolò, fai da bravo su".
Io e Giulia ci guardiamo, io sto scalpitando.
"Giuseppe, perdonami se mi intrometto, ovviamente decidi tu cosa Niccolò possa o non possa fare, però se tu sei d'accordo, lui potrebbe mettersi sul divano a giocare un po' con lo smartphone e poi raggiungerci nuovamente a tavola quando arriviamo al gelato. Ti piace il gelato, Niccolò?"
Il ragazzino fa sì con la testa.
"Va bene, Niccolò, vai sul divano e ringrazia Eleonora".
"Grazie".
Finiamo la cena, mangiamo il gelato, anche Niccolò lo mangia e torna a giocare.
Giulia ci lascia con la scusa di controllare la bambina e fare alcune telefonate. Mentre sparecchio e inizio a caricare la lavastoviglie, Giuseppe si avvicina a me e mi dà un bacio leggero sulle labbra: "Complimenti per la cena, d'ora in avanti cucini tu".
Gli rispondo con una smorfia e poi gli dico: "Comunque potevi avvisarmi che avresti portato Niccolò!"
"Ma se sei stata tu a dirmi che non volevi essere avvisata prima!", ride.
"Hai ragione, scusa. È che non me l'aspettavo e sono entrata comunque nel panico. Comunque è veramente un ragazzino splendido, complimenti a te e tua moglie per l'ottimo lavoro".
"Grazie, riferirò", dice abbracciandomi e baciandomi sul collo.
"Ehi, guarda che tuo figlio è lì!"
"Guardalo".
Mi giro e vedo che si è addormentato sul divano. Mi avvicino e gli tiro su le gambe, visto che si è addormentato tutto storto. Poi mi riavvicino a Giuseppe: "Lo prendi il caffè?"
"Sì, grazie, che quando torno a casa devo lavorare".
"Mi dispiace, ti ho fatto perdere tempo allora".
"Ma no, non scherzare. Ho bisogno di vederti Eleonora, mi stava già mancando l'aria per questi giorni lontano da te".
"Senti, ti devo dire una cosa", ne approfitto.
"Mi devo preoccupare?", è ormai la nostra risposta standard al ti devo parlare.
"No, no. Volevo dirti che la settimana prossima io vado a casa e ci rimarrò penso una settimana, per dire a mia madre che... ecco, che ho deciso di trasferirmi a Roma".
Mi guarda con i suoi occhi profondissimi ed è come se mi ci perdessi dentro. Mi prende entrambe le mani, le bacia e mi dice solo "Eleonora...".
Mi accarezza il viso e io accarezzo il suo.
"Sei sicura?"
"Certo che sono sicura, Giuseppe. Io sono sicura, se vogliamo stare insieme è l'unica cosa che posso fare, dimmelo tu, eventualmente, se sei sicuro".
"Ma me lo chiedi anche?! O mio dio, ancora non ci credo". Su quest'ultima frase solleva il tono della voce, per la gioia.
"Ssshhh, che tuo figlio dorme!"
Ci abbracciamo e ci diamo un bacio breve ma intensissimo.
"Ma, e come sistemi le tue cose?"
"Eh, non lo so, per quello che rimango giù una settimana, ho necessità di capire un po' alcune cose anche con la mia famiglia, mio fratello. Boh, vediamo."
"E per il lavoro?"
"Per il lavoro...", faccio una pausa, "ho mandato il mio curriculum a diverse scuole private qui a Roma, vediamo che cosa viene fuori".
"Scuole private? Tu? Con quello che pensi delle scuole private?"
"Farò anche le domande alle scuole pubbliche, ovviamente, ma lo sai che le probabilità sono decisamente inferiori".
"Tutto pur di non accettare la mia proposta, eh".
"Giuseppe... te l'ho spiegato, non mi va di fare la figura di quella che è messa lì da..."
"Da?"
"Non lo so, Giuseppe,come ci dobbiamo definire? Compagni? O hai paura che io possa dargli anche un significato politico?", e gli strizzo l'occhio.
"Fidanzati?", dice lui.
"Fidanzati presuppone una promessa di matrimonio che non c'è, ma che non voglio, ci tengo a sottolinearlo".
"Fidanzati presuppone un'idea di impegno per la vita, a prescindere dalla forma giuridica che le dai".
Rimaniamo a guardarci, poi rientra in soggiorno Giulia.
"Posso?", dice timidamente.
"Tecnicamente sarebbe casa tua", le rispondo. Lei ride. "È rimasto un po' di caffè, ti va?"
"No, grazie. Ah, che carino, Niccolò dorme". Giulia si intenerisce così tanto a vedere il figlio di Giuseppe addormentato che temo le torni la montata lattea.
"Sì, però adesso lo devo svegliare che dobbiamo andare via", dice Giuseppe avvicinandosi al figlio.
"Niccolò, dai da bravo, svegliati che dobbiamo andare", gli dice accarezzandogli il viso ripetutamente, con delicatezza.
Il bambino si sveglia e si tira su, assonnatissimo.
Porto le giacche e li accompagno alla porta.
"Niccolò, saluta", gli dice il padre.
"Buonanotte Niccolò", gli dico facendogli una carezza.
"Buonanotte signora", mi risponde.
"Eleonora...", ribatto.
"Buonanotte Eleonora".
"Buonanotte, grazie della splendida cena, e Giulia, grazie anche a te per l'ospitalità, ovviamente. È sempre un piacere stare a casa tua".
Mi dà un bacio sulla guancia e vanno via.
Come chiudo la porta mi giro verso Giulia che scuote la testa e si mette a ridere: "Vabbé, non vi si può guardare, siete stucchevoli da quanto siete dolci! Aspetta che vado a farmi un po' di insulina!" e mima il gesto di farsi un'iniezione.
"E piantala!", le dico lanciandole un tovagliolo, poi proseguo: "Gli ho detto della mia intenzione di trasferirmi".
"E?"
"A momenti svegliava il figlio per la gioia".
La mia amica mi sorride.
"Poi è tornato alla carica per la storia di lavorare con lui", proseguo.
"Eleonora, te l'ho detto, ti fai troppi problemi. Quanta gente ci sarà lì dentro che non sa fare - e non fa - un cazzo? Porca miseria, per una volta che potrebbe entrare lì dentro una persona con un QI decente e la voglia di fare davvero qualcosa di speciale!"
"Eeeehhhh, anche un filino meno Giulia. Ti ringrazio per la stima, ma a parte il mio QI che peraltro è assolutamente standard, lo capisci vero che io sarei sempre e comunque quella che si scopa Conte?"
"Ma se la vostra relazione venisse ufficializzata, per esempio?"
"Non lo so, Giulia... mi sembra tutto e solo un casino. Vedremo, una cosa alla volta, per il momento penso al trasferimento e poi vediamo".
Faccio partire la lavastoviglie.
"Andiamo a dormire", le dico, cingendole il fianco e trascinandola con me verso le nostre camere.

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