Sessantuno

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Angolo autrice

ATTENZIONE! Capitolo ad alto tasso di psicanalisi, astenersi se non siete amanti del genere.
Nel caso vi faccio il riassunto: andrà tutto bene.

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LUI

La sveglia suona più tardi del solito, alle sei anziché alle cinque, ma l'effetto è comunque devastante. In più aver dormito sul divano non aiuta.
Lascio un bacio sul collo a Eleonora e mi alzo per andare a farmi un caffè.
Dopo pochi minuti eccola che compare. Mi abbraccia e mi dice: "Che bello che sei tornato".
"Dormivi della grossa quando sono rientrato".
"Sì, ma quando ti sei coricato a fianco a me, me ne sono accorta ed è stato comunque bello".
Mentre beviamo il caffè mi dice: "Senti, io fra due giorni parto, ti faccio un po' di spesa e ti lascio qualcosa di pronto? Cosa ti piacerebbe?"
Sembra che mi abbia letto nel pensiero.
"Ecco, a questo proposito".
"Dimmi".
"Eleonora, quando è stata l'ultima volta che hai fatto un pasto?"
"Un pasto? Cioè?"
"Eleono', pasto, in italiano, cosa vuol dire? Togli la colazione, che qualcosa la mangi anche se da quando ti alzi alle cinque con me, mi sa che prendi solo il caffè. Un pranzo serio o una cena decente".
"Ma non lo so, non è che sto a fare la contabilità dei pasti".
"No? Allora te lo dico io. L'ultimo pasto che hai fatto è stato sicuramente sabato sera a cena dai miei, e ora siamo a lunedì mattina".
"Vabbé, ma ieri era un casino, col viaggio e tutto, e poi abbiamo mangiato un tramezzino all'autogrill":
"Un tramezzino non è un pasto, Eleonora. E il problema non sono gli ultimi due giorni, è da un po' che ho questo dubbio in testa. Tu mangi Eleonora? Quando non sei con me, assumi del cibo?"
Abbassa lo sguardo.
"Ma non lo so... sì, certo che mangio, magari non tanto".
"Non tanto è un eufemismo. Sei dimagrita molto, me ne sono reso conto".
"Va beh, dai, quando sono sola il cibo non è una mia priorità".
"Non è una tua priorità. Magari però potrebbe essere una mia priorità il fatto che tu mangi e sia in buona salute, per esempio. Perché anche il fatto di avere la pressione bassa non viene aiutato dal digiuno, azzardo un'ipotesi, non sono un medico ma potrei chiedere a Ranieri Guerra o al professor Brusaferro".
Silenzio.
"Eleonora".
Evita il mio sguardo.
Mi avvicino e le prendo il viso fra le mani, costringendola a rivolgere lo sguardo verso di me.
"Guardami per favore. Da quando hai problemi col cibo? E quando pensavi di parlarmene?"
"Non ho problemi col cibo, Giuseppe, non soffro di disturbi alimentari".
"Eleonora".

Fa un enorme sospiro.
"Ok, sto mangiando poco e niente, ma non è come pensi. È complicato".
"Prova a spiegarmelo".
"Guarda, da adolescente, e anche dopo, all'università, io e i disturbi alimentari ci siamo sfiorati, più volte. Non mi sono mai provocata il vomito né ho mai assunto lassativi o diuretici o farmaci anoressizzanti. Però mi capitava di non mangiare per lungo tempo, e di provare un senso di onnipotenza per il fatto di non cedere ai morsi della fame.
All'epoca, avevo tredici o quattordici anni, la motivazione era tenere testa a mia madre, oltre il fatto che mi vedevo grassa".
Fatica a parlare, la incoraggio con una carezza.
"Quello che è rimasto, è un rapporto problematico col cibo e soprattutto con la sua preparazione in quanto atto di cura.
Dare da mangiare è forse l'atto di cura più alto che esista, nutrire come atto d'amore. Verso gli altri, mi riesce bene. Verso me stessa, no. Quando sono sola non sento neanche lo stimolo della fame, non mi ricordo proprio che esista un'ora di pranzo o una di cena".
La abbraccio.
"Cosa devo fare con te?"
"Niente, sopportami".
La bacio a lungo.
"Questo già lo faccio".
"Stai tranquillo, davvero".
"No, non sono tranquillo. Devi prenderti cura di te stessa Eleonora. Da quanto non fai le analisi del sangue, ad esempio?"
"Non lo so, saranno dieci o dodici anni".
"Ma stai scherzando? E pap test, mammografia?"
"Più o meno lo stesso, in realtà la mammografia non l'ho mai fatta".
"Cosa? Allora, sappi che in questi giorni io te le prenoto tutte e quando torni fili a farti un check up. E inizi la terapia".
"Va bene".
"Deve arrivare Amir, non vuoi prenderti cura di lui?"
"Sì".
"E allora devi necessariamente prenderti cura di te stessa, non c'è altra soluzione. Ti tengo sott'occhio, Eleonora, sei una sorvegliata speciale".
La bacio.
"Ok".
"Ti amo".
"Io di più, Presidente".
La abbraccio di nuovo, quasi cullandola, poi mi devo staccare a malincuore.
"Devo andare, mi dispiace. Ci vediamo stasera?"
"Sarò qui".

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