Quindici

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Arrivo a casa e mi butto a letto dove sprofondo in una specie di coma da cui mi risveglio verso le undici. La scuola è finita perciò posso anche poltrire a letto.
Ovviamente trovo il suo messaggio delle otto che dice "Arrivato e già al lavoro. Baci".
"Non odiarmi ma ho visto il tuo messaggio adesso perché dormivo. Buon lavoro. Bacioni". Spero che colga la citazione.
"Bacioni lo dici a qualcun altro". L'ha colta.

Mi accorgo che c'è anche una chiamata persa di mia madre, la richiamo.
"Non mi devi dire niente?"
"Mamma, dire cosa? Ma magari anche buongiorno eh".
"Cosa ci facevi in aeroporto stamattina presto?"
"Cosa ti fa pensare che io fossi in aeroporto stamattina mamma? Mi sono svegliata adesso".
"Perché ti ha visto Francesca, l'amica di Alessandro che ci lavora". Cazzo, la ragazza del check in! Alessandro è mio fratello.
"Mamma, si sarà confusa, mi ha visto due volte, di cui l'ultima penso fossero ancora alle medie".
"Ho davanti a me la foto che ha mandato a tuo fratello, dove stai dando con tutta evidenza il buon viaggio a qualcuno".
"Ok mamma, dobbiamo parlare".

La telefonata con mia madre è lunga è snervante, perché ovviamente mi fa l'elenco di tutto ciò che ho sbagliato, che ho fatto male, di tutte le mie caratteristiche che fanno sì che nessun uomo sano di mente possa stare con me, figuriamoco il Presidente del Consiglio.
Punto numero uno: non si bacia in quel modo un uomo in pubblico, poi figuriamoci uno in quella posizione. È inopportuno, ineducato e di cattivo gusto.
Punto numero due: cosa penso che un uomo così possa trovare in una come me? Non sono elegante, sono troppo irruenta, sono grassa, non penso prima di parlare, lui ha bisogno di una donna di classe che non gli faccia fare brutte figure nelle occasioni ufficiali.
Punto numero tre, corollario del punto numero due: se era con me, è per un solo motivo e cioè gliel'ho data perché sono una donna di facili costumi che la dà in giro senza grossi problemi.
Ovviamente la telefonata è finita in litigio, e nonostante io abbia rimandato al mittente punto per punto ogni sua affermazione, il fatto è che nessuno come mia madre ha il potere di distruggermi, di scavare con ogni parola ferite profonde e di gettare sale su quelle precedentemente inferte.
Piango di rabbia per un paio d'ore e nel frattempo mando anche un messaggio a mio fratello:
"Se la tua amica fa girare quella foto, dille che passerà guai seri". Non ho ancora deciso se sia il caso di farlo sapere a Giuseppe.
Mio fratello non mi risponde, ma sono sicura che il messaggio arriverà a destinazione.

Nel pomeriggio chiamo la mia amica Giulia, che già mi aveva ospitato a Roma.
"Giulia?"
"Ciao tesoro, come stai?"
"Eh, insomma, un po' così, ho fatto una delle mie solite litigate con mia madre".
"E perché?"
"Lascia stare, senti ho bisogno di chiederti una cosa".
"Dimmi Ele".
"Quando sono venuta a Roma per quegli incontri, ti ricordi? Beh, ho conosciuto una persona".
"Dai Ele, che bello! E chi è?"
"Beh, non lo conosci, però è uno del giro governativo, diciamo così".
"Ma dai! Tu con uno del palazzo, il diavolo e l'acquasanta!", ride la mia amica.
"Eh".
"Sono contenta Eleonora, sono contenta, era da..."
"Sì, era da lui che non stavo più con nessuno".
"E lo ami?"
Sto un po' in silenzio: "Sì, penso di sì".
"E lui ti ama?"
"Dice di sì".
"E tu gliel'hai detto?"
"Ho paura, Giulia, ho troppa paura".
"E di cosa?"
"Che mi abbandoni". La voce mi si rompe e scoppio in un pianto a dirotto.
"Oh Ele, tesoro, no, non piangere. Mi dispiace sentirti così!"
Io intanto tiro su col naso come se avessi tre anni.
"Ele, perché non vieni un po' qui?"
"Ecco sì, Giulia, era giusto questo che volevo chiederti. Pensavo di venire a Roma per... capire, soprattutto.
Cioè capire dove vogliamo andare, se c'è un futuro per noi. Solo che si tratterebbe per me di rimanere qualche settimana e non mi posso permettere di stare in albergo o bed and breakfast così a lungo".
"Ma certo che puoi venire! Puoi stare quanto vuoi! Mi fa un piacere enorme".
"Grazie tesoro, ti faccio sapere appena faccio i biglietti. Ma sicura che non ti disturbo, davvero?"
"Ele, non ti devo mica lavare e vestire come mia figlia!", ride la mia amica.
Rido anche io.
"Oh, Ele, ma poi me lo fai conoscere questo principe azzurro?"
"Eh, vediamo che si può fare".

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