Ottanta - dimenticavo, poco poco hot

800 32 127
                                    

Abbiamo poggiato i nostri libri, spento la luce e mi abbraccia di nuovo usando sia le braccia che le gambe, imbozzolandomi nella tela dei suoi arti.
Gli prendo la mano e me la poggio sul cuore. "Lasciala lì, per favore", gli dico.
Mi bacia nell'incavo del collo.
"Senti, allora ti va bene se andiamo giovedì da Amir?"
"Certo, va benissimo".
"Sei sicura di farcela? Potrebbe verificarsi una scena come quella dell'altra volta".
"Sì, ci ho pensato. Ora lo so, quindi lo posso affrontare, l'altra volta non me lo aspettavo".
"Ah, una cosa. Mi hanno detto di non portare tante cose, basta un solo giochino, un solo oggetto, intanto perché è più facile per lui identificarlo con noi, e poi per non creare invidie con gli altri bambini che poi se li litigano".
"Sì, ma l'altra volta abbiamo portato giochi e vestitini per tutti".
"Non ti preoccupare, ci sono anche altri modi per aiutare quei bambini. Intanto ormai sono entrati nel mirino del Governo, in senso positivo intendo".
"Sì, ma non mi interessa del Governo. Cioè, mi interessa, bravi, ma voglio fare qualcosa per loro io personalmente".
"Lo stiamo facendo, io e te, Eleonora".
"Cioè?"
"Ho fatto una donazione al centro a nostro nome. È preferibile così, in questo modo saranno loro a comprare quello che serve, secondo i loro criteri e le necessità contigenti".
"E quando pensavi di dirmelo?"
"Te lo sto dicendo adesso, non arrabbiarti".
"Non sono arrabbiata, non sono arrabbiata. Sto solo pensando".
Poggio la mia mano sulla sua, sul mio petto.

Se non fosse per te
Crollerebbe il mio cielo
Se non fosse per te
Sarei niente, lo sai
Perché senza te io non vivo
E mi manca il respiro
Se tu te ne vai

Più che cantarla la sussurro e la sussurra anche lui al mio orecchio mentre mi stringe ancora più forte e mi addormento, accompagnata dai suoi baci leggeri.

Il giorno dopo è sabato, io sono libera e, scopro, anche lui. Mi dice infatti di avere solo qualche impegno nel pomeriggio.
Facciamo colazione con calma.
"Che fai stamattina?", mi chiede.
"Pensavo di fare un salto al mercato che fanno in zona il martedì e il sabato, non ci sono ancora andata. Adoro i mercati".
"Vengo anche io".
Lo guardo male.
"Eh, ma se devi fare la tua solita camminata alla bersagliera con tutto il codazzo della scorta io ti mollo lì, perché voglio fare con calma, e anche fare un po' di spesa se trovo verdura e frutta a buon prezzo".
"Niente camminata alla bersagliera, ma la scorta ci deve essere, lo sai".
"Senti ma... a proposito della tua scorta".
"Dimmi".
"Ma quello alto... capelli ricci... che sembra un po' il tuo clone dato che ha sempre la mascherina coordinata alla cravatta..."
"Ma chi, De Santis?"
"Eh, non lo so, è De Santis? Quello bello Giuse', bello, alto, figo, con una camminata come la tua".
"No va beh, altro? Se ti do fastidio me ne vado. Comunque è sicuramente De Santis", sospira.
"Mah, non so... è sposato?"
"Eleonora! E che cavolo!"
Scoppio a ridere.
"Sarai mica geloso?"
"Eh, cazzo, sono geloso sì se parli così del capo della mia scorta!"
"Sul serio? Non pensavo, davvero. Scusami, io scherzavo ma se ti prende male smetto, ci mancherebbe".
"Perché, tu non sei gelosa?"
"Io sì, ma è diverso".
"E perché sarebbe diverso, di grazia?"
"Perché lo sai che io penso che basta che tu giri l'angolo e meglio di me ne trovi centomila, mentre io, decisamente, meglio di te non trovo. E poi io sono sempre stata gelosa di chiunque, anche delle mie amiche, ma ho imparato a tenermela per me, a sorridere e far finta di niente".
Lo bacio sulle labbra. "Se non fosse per te, sarei niente lo sai. We are each other's destiny".
"Avvisa la benedetta scorta e andiamo al mercato", sospiro mentre vado a prepararmi.

Mentre chiude la porta di casa, mi sussurra all'orecchio: "Comunque, De Santis è sposato, ha tre figli e mi sembra intenzionato a mettere a breve in cantiere il quarto". Rido fragorosamente, e ancora rido quando aprendo il portone ci saluta proprio De Santis, con mascherina blu a pois bianchi, uguale alla cravatta.

Per percorrere quelle poche centinaia di metri da casa nostra alla via dove si tiene il mercato ci mettiamo quasi mezz'ora, dato che ovviamente il Presidente viene fermato ogni tre per due per una foto, un complimento, una domanda. C'è ovviamente anche chi lo ferma per porgli un problema personale che non riesce a risolvere e lui tira fuori un taccuino e prende nota: nome, cognome, tipo di problema, un recapito. Lo fa davvero.
Poi se passi questi appunti veramente a qualcuno del suo staff non lo so, glielo dovrò chiedere.
Quando arriviamo al mercato è l'apoteosi. La folla si separa al suo arrivo, neanche fossero le acque del Mar Rosso al passaggio di Mosé, per un attimo temo davvero che tiri fuori da chissà dove le tavole della legge, in ogni caso prima che ridia la vista a un cieco cerco di dileguarmi in mezzo alle bancarelle.

La notteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora