Trentuno

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Angolo autrice

Oggi è stata davvero una giornata di merda, rasserenata solo dalle immagini di Giuseppi a spasso per Venezia con la sua pancetta e dai nuovi capitoli di una ff che adoro, allora ho deciso che per far finire bene la giornata dovevo pubblicare questo capitolo qui.

Buona lettura.

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Qualche giorno dopo la cena in cui ho conosciuto Niccolò, raggiungo Giuseppe nel suo studio di Palazzo Chigi. Mi ha detto che ha dieci minuti liberi a metà mattina e lo voglio salutare visto che domani mattina all'alba torno a casa mia, per comunicare ai miei familiari la decisione di trasferirmi a Roma, e di conseguenza, per ufficializzare la mia relazione col Presidente.
Vengo fatta entrare nel suo studio, dove noto che è in compagnia di una bella donna bionda, dall'aria vagamente conosciuta.
Rimango interdetta per un momento mentre saluto: "Buongiorno".
"Oh, Eleonora, vieni", si avvicina a me e mi bacia le labbra.
"Se sei impegnato ripasso, non ti preoccupare".
"Ma scherzi? Vieni, vieni che ti presento Valentina, la mamma di Niccolò".
Vorrei sprofondare mentre la donna si avvicina a me con un sorriso tendendomi la mano.
"Molto lieta", dico, stringendogliela.
"Niccolò è stato contentissimo della cena", mi dice, "e volevo ringraziarla per i complimenti che mi ha rivolto e che Giuseppe mi ha riportato".
"Oh, beh, era solo una constatazione, Niccolò è un ragazzino delizioso, non potevo che riconoscere il valore della vostra educazione".
"Guardi, le assicuro che può essere insopportabile come tutti gli adolescenti quando si impunta su qualcosa, ma penso che avrà modo di rendersene conto personalmente in futuro!", mi dice ridendo Valentina. "Comunque, io adesso vi lascio che so che Giuseppe ha poco tempo.  Giuseppe, poi, quando vuoi, mi fai sapere per quella cosa".
"Va bene Valentina, ci aggiorniamo".
"Arrivederla Eleonora, mi ha fatto davvere piacere conoscerla", mi dice salutandomi.
"Anche a me, Valentina".
Dopo che chiude la porta mi giro verso Giuseppe e gli dico: "Che classe tua moglie, chapeau".
"Ex moglie".
"Vabbé, quello che è. Bella, intelligente e di classe. Posso sapere perché te la sei lasciata scappare?"
Ride. "In realtà non c'è un motivo particolare, ad un certo punto ci siamo resi conto che anziché amarci da marito e moglie ci volevamo bene da fratello e sorella e piuttosto che rovinare questo rapporto con litigi e recriminazioni abbiamo preferito separarci e volerci bene in altro modo".
"La mitologia, ovvero le riviste di gossip, dicono che tu abbia parlato con lei prima di accettare il primo incarico da Presidente del Consiglio".
"È totalmente vero, tengo molto alla sua opinione e avevo necessità di confrontarmi con qualcuno di cui ho la massima stima e che mi dica chiaramente se sto facendo una cazzata. Ma non le ho parlato solo di quello".
"Ah no?"
"No, le ho chiesto consiglio su di te, a suo tempo. Fu lei a dirmi di prendere un aereo e venire a prenderti. Fu lei a farmi ammettere che ero perdutamente innamorato e che non potevo vivere senza di te".
"Allora oggi mi hai teso un altro agguato, suppongo".
"Sì. Ti voleva conoscere, e mi sembrava il minimo, visto l'aiuto che mi ha dato per averti. E mi sembrava anche giusto che conoscesse la persona che in futuro passerà un bel po' di tempo con Niccolò", mi bacia sulla fronte.
Gli sorrido, poi dico: "Senti, ti lascio che devi mandare avanti un paese. Io domani mattina all'alba parto, ci sentiamo quando puoi e... niente. Se ci penso già mi manchi e quindi ciao".
Faccio per andarmene che mi ferma. "Perché non vieni da me stanotte?"
"Te l'ho detto, parto all'alba..."
"E che problema c'è? Vieni qui col bagaglio già pronto e domani mattina ti faccio accompagnare dal tuo amico Loi. Mauro", e mi strizza l'occhio.
"Va bene", ammetto. Passare una notte assieme, sapendo che saremo separati per una settimana, è un'offerta troppo allettante per rifiutarla.
"Allora a stasera".
"A stasera".

Esco da Palazzo Chigi e mi avvio verso le strade del centro di Roma, desiderosa di perdermi fra la gente per non sentire la mancanza che già sta nascendo nel mio cuore, quando a un certo punto mi sento chiamare.
"Eleonora!"
Mi giro e vedo Valentina. Le sorrido e mi avvicino a lei. Mi dice: "Ha cinque minuti Eleonora? Mi farebbe piacere scambiare due chiacchiere".
"Certo, volentieri", le rispondo, mentre la donna mi fa strada verso i tavolini di un elegante caffè romano.
Ci sediamo. Io ordino un caffè macchiato, mentre Valentina ordina un cappuccino e un maritozzo con la panna.
"Ho una fame da lupo a quest'ora e non so se e quando pranzerò", ride. Ha una bella risata aperta, allegra. Deve essere bello averla come amica e ridere con lei di qualunque cosa.
"Posso darti del tu Eleonora?", mi chiede addentando il maritozzo.
Annuisco, mentre sorbisco il caffè.
"Sarò molto franca e diretta. Ho chiesto io a Giuseppe di poterti conoscere di persona, perché ero davvero curiosa di conoscere la persona che gli aveva fatto perdere così tanto la testa".
Non so come rispondere, temo anche di essere arrossita.
"Non arrossire, dai!", ride. "Comunque, anche se ti conosco da non più di dieci minuti, penso di capire cosa abbia attratto Giuseppe, e non parlo solo dell'aspetto fisico".
"Beh, oddio, quello poi..."
"Ah, questo me l'ha detto anche lui, cioè che pensi di non essere bella. Datte 'na svejata fija mia!", e ride, con quella sua bella risata contagiosa.
"Ma comunque non è solo quello", riprende, "C'è qualcosa in te di... non lo so. Guardarti negli occhi non è semplice", mi dice. "È come se leggessi dentro le persone, le analizzassi, ma allo stesso tempo nel tuo sguardo c'è dolcezza e accoglienza".
"Non so che dirti Valentina, davvero".
"Io vi auguro davvero tutto il bene, perché se tu rimani vicino a Giuseppe io sono felice e soprattutto sollevata, perché negli ultimi due anni sono stata molto in pena per lui. L'ho visto solo, non capito, non appoggiato, e ovviamente non parlo dal punto di vista politico, che lì se la sbriga egregiamente da solo".
"Ti ringrazio, ma io ovviamente mi sento la persona più inadeguata nell'universo. Tra me e Giuseppe la distanza di vita è grande, e davvero, spesso non so proprio che tipo di appoggio potrei dargli".
Valentina mi sorride.
"Sii più sicura di te Eleonora. Se acquisissi un po' più di consapevolezza di te, il Presidente del Consiglio lo faresti tu, e lui farebbe solo il first man".
E ride, poi guarda l'ora. "Oh, è tardissimo. Eleonora, spero di rivederti presto. So che devi andare via per qualche giorno, comunque, questo è il mio numero, segnatelo e mandami un whatsapp così mi registro il tuo".
"Lo farò. A presto Valentina, e grazie".
Mi abbraccia, mi bacia sulle guance e se ne va, facendo svolazzare i suoi capelli biondi.

La sera sono nel suo appartamento, con il trolley già pronto per l'indomani. Mi arriva un messaggio.
"Scusami ma qui è un casino e non so a che ora finisco".
"Non ti preoccupare", mento, delusa dal fatto che non può essere qui con me.
"Senti, se faccio troppo tardi non aspettarmi sveglia che domani ti devi alzare all'alba. Ah, e Loi ti aspetta giù al parcheggio alle 5 in punto".
"Va bene, grazie. Ora torna al lavoro, non ti preoccupare per me".
Mangio qualcosa, faccio distrattamente zapping alla televisione, poi a una cert'ora vado a dormire. È mezzanotte, ho la sveglia alle 4.30, ma non riesco comunque a coricarmi prima. Verso le due lo sento entrare, andare in bagno, spogliarsi e poi mettersi nel letto vicino a me, abbracciandomi.
Gli bofonchio qualcosa e lui mi dice: "Ssshhh, dormi".

*****

LUI

Salgo in camera mia verso le due, stanco e amareggiato per le diatribe a cui devo fare fronte quotidianamente.
Apro la porta della camera da letto e il solo fatto di vederla lì, che dorme, mi riscalda il cuore e l'anima. Vado in bagno e mi spoglio cercando di fare meno rumore possibile, ma un minimo si sveglia e le dico "Ssshhh, dormi" e si riaddormenta.
Io invece non riesco a dormire. Verso le tre Eleonora si sveglia per andare in bagno. Come un'illuminazione, ne approfitto per aprire il cassetto del mio comodino, prendere una scatolina di velluto e poggiarla sul suo cuscino e poi rimettermi nella posizione in cui ero prima.
Lei rientra e come fa per rimettere la testa sul cuscino si rialza sorpresa. Prende la scatola e la apre: un'enorme acquamarina grezza, dalla forma che ricorda un cuore umano, è montata su un inviluppo di rami d'argento che come artigli proteggono la gemma, la difendono, ma possono anche ferire.
Le sussurro all'orecchio:

"Sei le ginestre d'oro giallo che spiovono
sui sentieri rocciosi come grandi lampade accese.

Sei la solitudine selvaggia, il silenzio immenso e profondo,
lo splendore del cielo, il bianco fiore del cisto.

Sei il regno ininterrotto del lentisco,
delle onde che ruscellano i graniti antichi,
della rosa canina,
del vento, dell'immensità del mare".

"Se mi citi Grazia Deledda non ho molto argomenti con cui ribattere", mi dice in un sussurro.
Io le prendo la scatola dalle mani, sfilo l'anello e glielo infilo al dito. "L'ho visto nella bottega di un artigiano e non ho potuto che pensare che fosse per te. Che fosse
te. Tu sei una pietra limpida e preziosa, ma non ancora levigata, perciò non tutti riescono a coglierne lo splendore.
E come questa pietra ti difendi circondandoti di rami spinosi e di artigli. Ti proteggi sì, ma rischi di ferire chi si avvicina troppo, e di ferirti anche tu".
Mi fermo e le prendo il viso fra le mani, guardandola negli occhi, che navigano nelle lacrime.
"Sposami, Eleonora".
"Veramente sei ancora sposato", mi dice.
"Perché credi che Valentina fosse da me stamattina? Abbiamo deciso di comune accordo di divorziare".
Mi bacia dicendomi "Sì", poi mi bacia di nuovo, dicendomi un altro "sì", e facciamo l'amore e ogni sospiro è un sì, ogni gemito un "ti amo", ogni bacio una promessa d'amore, per ogni giorno della nostra vita.

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