Il fine settimana passato in Puglia con Amir mi è entrato dentro come un tornado e ora davvero non so più chi sono e cosa provo.
Mi sento come se tutti i miei sentimenti e le mie sensazioni fossero passati dentro una centrifuga e shackerati e il lunedì mattina arrivo a scuola come un automa, ma ci pensano gli studenti a riportarmi alla realtà appena entro in classe."Pro-of!"
"Dimmi".
"Ma mica ce l'aveva detto che aveva un figlio!"
Sbarro gli occhi, mentre un'adolescente con i capelli lunghi e piastrati, e un make up che si deve essere alzata alle cinque per avere il tempo di eseguirlo in maniera così magistrale, mi piazza sotto gli occhi il suo smartphone sul quale fa scorrere delle foto che immortalano me, Giuseppe e Amir durante la nostra passeggiata in spiaggia.
Mi mordo la lingua per non esplodere nel turpiloquio e rispondo: "Non è ancora nostro figlio, ma non è il momento né il luogo adatto per parlarne".Finita la lezione mando un messaggio a Giuseppe.
"Hai visto le foto?"
"Quali foto?"
"Chiedi a quel genio del tuo responsabile della comunicazione".Al successivo cambio dell'ora, non avendo avuto tra l'altro alcuna risposta da Giuseppe, chiamo Rocco.
"A cosa devo?", è il suo saluto.
"Rocco, porco cazzo, hai visto le foto che sono uscite oggi?"
"Sì".
"Sì un cazzo. Non ti è venuto in mente che fosse il caso di bloccarle?"
"Eleonora, datti una calmata. Non potevo farci niente perché non sono foto professionali, sono fatte da qualcuno che era in spiaggia anche lui".
"Ma se sono perfette!"
"Bella mia, gli smartphone di oggi hanno delle fotocamere da professionisti, c'è chi ci gira dei film, se trovi uno un po' scafato riesce a fare un reportage fotografico da premio Pulitzer".
Sono furente.
"Cazzo però, Rocco, non è per me, che mi fotografino e scrivano il cazzo che gli pare, ma Amir no. Il bambino no, non voglio che diventi carne da macello, o merce di scambio per annunci pubblicitari per chi gestisce 'sti siti di gossip di merda".
"Ok, ok, ho capito, non c'è bisogno che esaurisca in una volta sola il plafond di parolacce che puoi dire nella vita. Vedo che posso fare".
"Ecco, bravo. Vedi".A pranzo sono sola, come sempre, e incazzata.
Verso le due finalmente si fa sentire mio marito.
"Ehi".
"Eh".
"Ho parlato con Rocco che mi ha detto che eri un po' adirata..."
"Fai poco lo spiritoso".
"Dai, calmati, ho parlato con la polizia postale. Hanno già cancellato le foto dai vari social, e contatteranno chi le ha postate per diffidarli dal rimetterle su internet. Però fatti una ragione del fatto che potranno comunque tornare on line, prima o poi".
"Non è per me Giuseppe, è per Amir. Non voglio che venga dato in pasto alla curiosità, non è un fenomeno da baraccone, è un bambino. E va bene tutto, il fatto di non avere privacy, ma lui voglio che sia tenuto fuori".
"Eleonora, sono d'accordo con te, lo sai. Adesso calmati, ci vediamo più tardi e cerca di non pensarci ok?"
"Cercherò".Torna a casa tardi, stanco e tirato. Ha una settimana così piena di impegni che ci vorrebbero due Presidenti per riuscire a ottemperarli tutti, gli proporrò di istituire il duumvirato, o di farsi clonare. Questa settimana culminerà nel vertice europeo, nel quale dovranno discutere sia di soldi, che della ripresa dell'epidemia in tutta Europa, ed entrambi gli argomenti sono per lui ovviamente fonte di grande preoccupazione.
"Allora?", gli dico.
"Allora", sospira. "L'idea di mandare tutti affanculo mi appare sempre più come una prospettiva concreta".
"Ne sono lieta", rido, "Ma purtroppo non lo farai" e lo bacio sulle labbra.Dopo cena ci sistemiamo sul divano. Lui legge i suoi milioni di incartamenti, io mi incazzo leggendo mail di scuola, ma cerco di rimandare il nervoso al giorno dopo. Giuseppe poggia i fogli: "Comunque non ti preoccupare per quelle foto, è tutto a posto. Ti confermo che sono arrivate le diffide a non postare più foto di Amir soprattutto a quei siti di gossip davvero indefinibili".
"Ok, grazie".
"Io... c'è una cosa di cui ti vorrei parlare".
"Dimmi", mi giro verso di lui, rivolgendogli completamente la mia attenzione.
"È una cosa che riguarda Amir".
"C'è qualche problema?"
"No, no, stai tranquilla, nessun problema. È una cosa mia".
Lo guardo interrogativa: "Dimmi Giuse', non farmi stare in ansia".
"Io... ci terrei che Amir fosse battezzato".
Rimango in silenzio, lo sguardo basso, cercando di trovare le parole per spiegargli perché invece io non sono d'accordo senza finire per litigare.
"Ci terrei per due motivi, se posso dirli".
Annuisco.
"Chiaramente il primo motivo è perché io sono credente e per me il battesimo ha un significato profondo. Il secondo motivo è perché, dato che i miei non erano presenti quando ci siamo sposati, nel caso lo facessimo vorrei celebrarlo giù in Puglia".
Mi alzo e vado in cucina a bere un bicchiere d'acqua, poi torno e mi risiedo accanto a lui.
"Allora...", inizio, prendendo un lungo respiro. "Fosse solo per me non lo battezzerei, e per due motivi, anche io. Primo, perché gli lascerei la possibilità di scegliere autonomamente da grande se e a quale religione aderire. Secondo, soprattutto nel suo caso Beppe, lui viene da un paese molto lontano e molto diverso dal nostro e io vorrei lasciargli tutta la libertà, se e quando lo vorrà, di conoscerlo, di conoscere la sua cultura di provenienza ed eventualmente anche di abbracciare la religione islamica, se lo volesse".
Mi guarda estremamente serio, le labbra tirate.
Continuo: "D'altro canto, se anche fosse battezzato tutto ciò potrebbe farlo lo stesso. Mi spiego meglio. Per me va bene se lo battezziamo, capisco benissimo che per te, e anche per i tuoi, sia importante. Però solo il battesimo. Per quanto riguarda comunione e cresima, sono più ferma nel chiederti di non fargliele fare a otto, dieci anni, quando la capacità di discernimento è quella che è, ma di aspettare che sia lui da grande a decidere. Anche se dovesse decidere di diventare musulmano, intendo".
Adesso è lui ad alzarsi e fare un giro per la casa. Lo vedo seduto in cucina, la gamba destra che balla in continuazione. Mi rendo pienamente conto che per lui non sia semplice, ma sulla religione, e soprattutto sulla chiesa e i suoi riti, siamo davvero lontani. Spero davvero che lui apprezzi lo sforzo che sto facendo io, e ne faccia uno anche lui, di conseguenza.
Torna da me e si siede. "Va bene, mi sembra ragionevole e condivisibile. Anche io voglio che qualunque decisione Amir prenda per la sua vita, lo faccia per convizione e per sua decisione, quindi va bene".
Lo bacio un paio di volte, passandogli le mani fra i capelli. "Ovviamente non può che farmi piacere se lo facciamo dai tuoi, questo non è neanche in discussione".
Ora è lui a poggiare le sue labbra sulle mie, a ribadire quanto ci apparteniamo.