La mattina dopo, Giuseppe mi sveglia quando sta uscendo dalla sua stanza per andare verso l'ufficio presidenziale.
"Ciao, io sto andando. Stai quanto vuoi".
Il suo tono è calmo ma stanco, ancora carico di sofferenza. L'ho ferito profondamente e ci vorrà un po' di tempo perché superi questo dolore.
"Grazie, buon lavoro".
Mi sento intontita. Ho dormito come un sasso per via del tranquillante e fra quello, il gran pianto del giorno prima e il fatto che non mangio dalla cena al Quirinale, mi sento debole e confusa. Mi faccio una doccia, raccolgo il coraggio e chiamo al cellulare Mauro Loi.
MAURO E ELEONORA"Signorina Eleonora, come sta?"
"La disturbo Mauro, è in servizio?"
"No, ho la mattina libera".
"Posso chiederle un favore, Mauro?"
Inizio a piangere al telefono.
"Eleonora, non pianga, può chiedermi quello che vuole, ci mancherebbe".
Mi viene a prendere con la sua macchina. Mi siedo a fianco a lui, continuando a piangere.
"Ho combinato un casino".
"Eleonora, smetta di piangere per favore".
"Mauro, piantiamola con questo lei del cazzo. Scusami".
"Non c'è problema".
Sorride.
"Come fai a essere sempre così imperturbabile? Ve lo insegnano nell'addestramento da sbirro?"
"No, è un retaggio di quello che facevo prima di fare lo sbirro".
"E cosa facevi?"
"Lo psicologo".
Lo guardo con la bocca aperta. O cazzo. Lui mi sorride.
"Sorpresa?"
"Sì. No. Non lo so, davvero".
"Sono entrato in polizia perché il mio obbiettivo è fare il profiler, hai presente?"
"Come Clarice Starling?"
"Esatto. Ora sto frequentando il dottorato, anche se da quando sono di scorta al Presidente il tempo per studiare è molto ridotto, ma è un incarico che comunque fa la sua figura nel curriculum".
"Posso dirti una cosa Eleonora?"
"Dimmi pure".
"Tu hai una paura porca, giusto? Ma esattamente di cosa hai paura?"
"Di tutto, Mauro. Di lui, della sua vita, di non essere all'altezza. Di me".
Siamo fermi a un semaforo, perciò si gira completamente verso di me e mi guarda.
"Da psicologo, ti dovrei dire che devi lavorare sulle tue paure, capirne le origini e cercare di rimuoverle. Ed effettivamente dovresti farlo. Ma da persona che per lo stesso motivo ha perso l'amore della sua vita, per paura degli altri, della gente, di cazzate, ti dico di liberarti delle tue paure. Ignorale, non ascoltarle. Poi ci lavorerai, ma adesso fai un atto di forza. Io ho perso la persona di cui ero profondamente innamorato, con la differenza che lui non è tornato indietro a cercarmi, non ha lottato per me come invece sta facendo il Presidente".
"Cosa è successo, Mauro, se ti va di parlarne?"
Scatta il verde e ripartiamo.
"Ero appena entrato in polizia e in questo ambiente, soprattutto nei ruoli più bassi, le relazioni tra due uomini non sono ben viste. Io ho avuto paura del giudizio degli altri, di avere problemi al lavoro, mi vergognavo. E lui, che invece aveva già superato queste fasi nella sua vita ed era pronto a vivere una relazione alla luce del sole, se n'è andato".
"Mi dispiace, Mauro. Mi dispiace davvero tanto".
"Non ti preoccupare, l'ho superato, alla fine. Ma tu non fare questo errore, non lasciarti sfuggire la felicità per paura. Io ho visto il Presidente piangere per te e prendere a pugni la portiera dell'auto, ma negherò di avertelo detto anche sotto tortura. Non penso che nessuno possa mettere in discussione che quest'uomo ti ami perdutamente".
Siamo arrivati sotto casa di Giulia.
"Grazie Mauro, grazie di tutto".
Lo abbraccio stretto.
"A presto, Eleonora".
Mi sorride e va via.
VALENTINA E ELEONORASono appena entrata a casa, con l'idea di rimettermi a letto e scomparire dal mondo ancora per un po', quando mi squilla il cellulare.
È Valentina.
"Eleonora, che cazzo hai combinato?"
"Valentina".
"È da ieri che cerco di chiamarti. Ovviamente dopo aver sentito Giuseppe singhiozzare al telefono per mezz'ora buona".
Rimango zitta, impietrita dalle sue parole e soprattutto dal tono col quale le pronuncia.
"Eleonora, io non ti permetto di trattare Giuseppe in questo modo, non te lo permetto. Ero convinta che con te avesse trovato la serenità, invece mi sbagliavo. Se tu gli fai del male, io ti faccio passare le pene dell'inferno, ricordatelo".
E chiude la chiamata.
Ha utilizzato quasi le stesse parole che aveva detto Giulia a Giuseppe, la prima volta che si erano incontrati.
Corsi e ricorsi, ma adesso, il pericolo sono io.