LUI
Quando lei ferma le lacrime per un attimo, dico a Loi di guidare verso il mare. Non importa dove, una spiaggia. È notte, ma siamo in estate, non c'è freddo.
Ho pensato che per lei che viene da una città di mare, in questo momento il contatto col mare potrebbe essere di consolazione e non penso di aver sbagliato perché quando apro la portiera dell'auto e l'odore di salsedine riempie l'abitacolo, vedo i suoi occhi rasserenarsi appena.
L'aiuto a uscire, poi mi avvicino alla scorta e dico a tutti di prendere la seconda auto e di andare a farsi un giro, li chiamerò io.
"Ma Presidente..."
"Ragazzi, cosa volete che succeda? Nessuno sa che sono qui e non c'è un cane in giro, state tranquilli".
Loi, che pur essendo giovane si comporta sempre da vecchio saggio, scuote appena la testa mentre mi guarda, e dal suo sguardo capisco che la sua non è riprovazione per il fatto che li sto mandando via, ma più preoccupazione per quello che potrebbe succedere lì, tra noi due.
Io non lo so cosa succederà, so che al momento mi sento in balìa di una tempesta emotiva che non so come gestire.
Vanno via.
Mi giro verso Eleonora, la prendo per mano e iniziamo a camminare lungo la spiaggia. È molto buio, il mare quasi non si vede, ma si sente il suono calmo delle onde.
Ci sediamo sulla sabbia, spalla contro spalla.
"Perché sei qui con me, adesso, in questa spiaggia. Perché?".
Me lo chiede a bruciapelo, guardando il mare, nascosto nel buio da qualche parte davanti a noi.
"Perché ogni volta che mi hai affrontato, ogni volta che mi hai contrastato, io ho visto una donna forte, che non aveva paura di dire quello che pensava anche se la forma a volte lasciava un po' a desiderare.
Perché quando ti ho visto come sgonfiarti, e cadere a terra, ho sentito il bisogno di raccoglierti."
Sto zitto per un attimo.
"Perché vorrei togliere un po' di peso dal tuo cuore".*****
"Togliere peso dal mio cuore... sei l'unico, sai, negli ultimi ventimila anni, che ha avuto questo bel pensiero". Sono passata al tu perché in questa assurda situazione in cui ci troviamo continuare a chiamarlo Presidente mi sembrerebbe ancora più strano.
"Non ci credo che laggiù, dall'altra parte di questo mare, non ci sia qualcuno che ti aiuti a portare i pesi, reali e metaforici."
"No, non c'è".
Si gira a guardarmi, sorpreso.
"Te l'ho detto prima, la mia vita è costellata di assenze, più che di presenze. È complicato."
"Prova a spiegarmi".
"Ma no, guarda, una vita complessa, sì, ma come tante altre alla fine. Odio le storie lacrimevoli, e mi rendo conto che può sembrare incoerente con la quantità di lacrime che ti ho riversato addosso poco fa".
"C'è stata una persona, anni fa", continuo, "È scomparso in un incidente. Per anni non l'ho perdonato perché purtroppo è stata colpa sua, è stato estremamente imprudente, nonostante non fosse da lui. Con lui mi sentivo pronta a dominare il mondo, la sua presenza mi faceva sentire invincibile. Riusciva davvero a tirare fuori la parte migliore di me, non come modo di dire. Con lui ero una persona diversa, con lui avrei potuto essere una persona diversa."
"Da quanto tempo non c'è più?"
"Quindici anni".
"E dopo di lui non c'è stato più nessuno?"
"No"
"Come no?", mi guarda stupito.
"Per anni non sono riuscita neanche ad avvicinarmi a un uomo, già stringere la mano era un contatto troppo intimo. Non volevo nessuno, volevo stare da sola per non dover più provare quel dolore. Poi gli anni sono passati, la vita è andata avanti - per gli altri - e io sono rimasta incastrata lì. Vero è che ho dovuto combattere su mille altri fronti. Non c'è stato niente per cui non abbia dovuto combattere, in realtà".*****
LUI
La bacio.
Così, senza preavviso, col rischio di prendermi uno schiaffo. Siamo seduti sulla spiaggia, abbracciati per ripararci dall'umidità, almeno pensavo fosse questo il motivo.
La bacio, e lei mi bacia, non mi prende a schiaffi. E questo bacio mi sorprende perché è il bacio di chi sa già di appartenersi, non il primo bacio timoroso, di chi non sa cosa aspettarsi dall'altro, o se ne valga la pena.
Mentre ci baciamo ci stendiamo sulla sabbia, annodiamo le nostre gambe e stringiamo ancora di più il nostro abbraccio.
Scostando appena le labbra dalle sue le dico:
"Parla con me".*****
Mi bacia. Così, senza pravviso.
È un bacio lungo e morbido, in cui potrei perdermi, ma non voglio. Si stacca appena per dirmi:
"Parla con me. Raccontami le tue battaglie".
"Le mie... figurati. Parlami tu delle tue, invece. E non parlarmi di Meloni e Salvini, intendo le tue, quelle della tua vita, del tuo passato. Per arrivare a essere quello che sei suppongo che anche tu abbia dovuto affilare le unghie".
Rimane un po' in silenzio poi parla.
"Sì, anche io ho dovuto fare qualche battaglia nella mia vita, a cominciare dalla laurea. Appena diplomato si era aperta la possibilità di entare nel comune del mio paese, anche mio padre era segretario comunale, sembrava la sistemazione ideale. Posto fisso appena diplomato, dovevo solo trovare una brava ragazza da sposare e la mia vita era già segnata. Ma io volevo studiare, fare altro. E da lì altre lotte, perché i miei genitori volevano che, se proprio dovevo iscrivermi in Giurisprudenza, lo facessi a Lecce mentre io volevo andare alla Sapienza. L'ho spuntata io, ma sono stati anni duri, di studio matto e disperatissimo per mantenere la media che mi consentisse il rinnovo della borsa di studio".
Tutto questo discorso lo facciamo labbra contro labbra, interrompendo più volte le parole per un bacio, per riprendere subito dopo il racconto.
"Dai, ti sarai pure divertito nel periodo dell'Università", lo provoco.
"Mah, guarda... per carità, non voglio dire di aver fatto la vita del monaco, sarei ipocrita, ma tra lo studio e il fatto che alloggiavo in un collegio tenuto da religiosi che stabiliva orari e regole piuttosto rigidi, ho fatto una vita universitaria piuttosto ritirata, soprattutto se confrontata con quella dei miei compagni di corso", ride. "Diciamo che mi sono rifatto finita l'università, soprattutto durante l'anno a Yale", e fa un'occhiolino malizioso.
"Ah, me lo immagino! Suppongo che le studentesse americane non si siano fatte sfuggire il bel professorino italiano!"
Ride, e mi bacia di nuovo.
Ci baciamo come adolescenti, non con la goffaggine della gioventù, ma con quello stesso senso di eternità dell'adolescenza, quando sei convinto di avere davanti a te tutto il tempo del mondo, e puoi passare un intero pomeriggio a baciare il tuo amore, perché di pomeriggi ce ne saranno ancora infiniti.
E anche noi due, pur non più così giovani, ci baciamo come se avessimo ancora davanti a noi, per noi, tutto il tempo del mondo.