Centoundici

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La sua sveglia suona inesorabilmente alle cinque, anche oggi.
Lo sento mugugnare e armeggiare sul telefonino.

"L'ho posticipata di un'ora, avremo dormito meno di due ore".
"Mh. Ma non si preoccuperanno a non vederti arrivare?"
"Ho avvisato".
"Ok".
Mi bacia i capelli, mentre con una mano mi accarezza i fianchi indugiando qualche attimo sul sedere.
"Stai bene?"
"Sì", sorrido.
"Sicura?"
Lo bacio dolcemente. "Sì amore, stai tranquillo".
"Me lo diresti?"
"Te lo direi assolutamente".
"Va bene. Facciamoci quest'altra oretta di sonno allora".

Ci svegliamo un'ora dopo, i volti devastati dalla mancanza di sonno, ma allo stesso tempo energici per la scarica di adrenalina, dopamina e serotonina ricevuta nella notte appena passata.

Andiamo in bagno assieme, per risparmiare tempo.
Mentre si fa la barba io mi siedo su uno sgabello e lo guardo.

"Madonna mia come sei bello".
"Eh, un adone proprio, così fresco e riposato poi...", mi scocca un'occhiata attraverso lo specchio del bagno nella quale rivedo la nottata e arrossisco, abbassando la testa. "Mi fai letteralmente im-paz-zi-re quando ti imbarazzi".
"Eh", rido, ma nascondendomi la faccia tra le mani. "Ma parlando di cose serie, pensavo una cosa".
"Devo preoccuparmi?"
"Scemo. No. Senti, pensavo... quello che dovrebbe essere il mio studio, dove c'è il divanetto di mia nonna, pensavo che potrebbe diventare la cameretta di Amir. Io non lo uso, hai visto che mi metto a lavorare sempre in cucina, o in soggiorno, e basta veramente poco. Spostiamo due librerie, e ci sarebbe il posto per il letto e sull'altro lato anche per un piccolo armadio. I mobili sono bianchi, il che ci rende semplice accostare qualsiasi altro colore, o, come pensavo io, altro bianco e lasciare il colore agli accessori, i giochi, le lenzuola e via, così che quando cresce si trovi una camera più sobria.
E possiamo cavarcela tranquillamente con Ikea, non è necessario acquistare chissà cosa".
"Ok, mi sembra un'ottima idea. Valuta tu dove acquistare e che cosa, se ti va mi fai vedere qualcosa su internet e poi se vuoi ti accompagno o vai per conto tuo, come preferisci".
"Ok".
"Aspetta, non vorrei che avessi capito che non me ne frega niente, dico solo che se hai bisogno di me io ovviamente ci sono, se vuoi decidere per conto tuo fai tranquillamente senza stressarti, ok?"
"Sì, sì, avevo capito". Gli stampo un bacio sulla spalla e vado a vestirmi, dandogli una pacca sul sedere mentre esco dal bagno.
Questo è uno di quei momenti in cui sento aumentare l'amore che provo, e questa sensazione mi provoca un piccolo capogiro che cerco di allontanare iniziando a vestirmi.
Finiamo di prepararci, raccattiamo le nostre cose e andiamo via di buona lena, dato che lui è già in ritardo. Io, per mia fortuna, entro tardi a scuola e ho il tempo quindi di passare a casa e prendermi un altro caffè.
Mentre mi preparo con calma, arriva una chiamata da Giulia.

"Ele! E allora? Come è andata?"
"Io? Tu mi devi dire qualcosa, mi sa!". Rido.
Ride anche lei. "Sei libera a pranzo? Ci vediamo?"
"Sì, dai, volentieri".

Ci diamo appuntamento in centro, in un posto che ci piace molto dove fanno la pizza romana, scrocchiarella come piace a noi, e ha i tavolini fuori,
per godere del bel sole.

"Ti vedo gli occhi segnati, ma hai dormito?", e ride.
"Non molto, abbiamo scopato come animali fino a oltre le tre".
Rimane a bocca aperta senza riuscire a ribattere, ho rotto Giulia. Poi si nasconde la faccia fra le mani.
"Ok, non voglio sapere. Ma non per te, perché non riuscirei più a guardare il Presidente, neanche in televisione".
"Infatti, non ci riusciresti". Sto godendo come una scimmia per essere riuscita almeno una volta a metterla in imbarazzo.
"E questi?", mi tocca gli orecchini.
"Me li ha regalati Beppe", rispondo accarezzandomi il lobo dell'orecchio.
"Oltre tutta la festa mega galattica? Ma quanto ti ama tuo marito?"
"Un po', sì".
"Non farai cazzate, Ele? Non rovinerai tutto?"
"No, no... Tu piuttosto", le dico, "Roberto? Quando siete arrivati al tu? E perché non ti trovavo da nessuna parte a un certo punto?"
Unisco le mani sotto il mento e ce lo poggio sopra, fissandola.
Emette una risatina imbarazzata.
"Beh... il ministro Gualtieri, va bene così?, è una persona decisamente fuori dal comune".
"Lo so". Sorrido alla mia amica, invitandola implicitamente a proseguire il suo racconto.
"È estremamente ironico, e lo sai quanto per me l'ironia sia importante". Annuisco alle sue parole. "È colto, ma non ti fa le lezioncine quando parla, e poi conosce tante cose, di ogni tipo, non è uno che se la tira. Abbiamo passato parte della serata a citare scene dai film di Fantozzi, per dire".
La guardo, e noto una luce nello sguardo che non le vedevo da tanto tempo, per quanto riguarda la sfera maschile. Dopo il divorzio dal padre di Teresa non ne ha voluto sapere. Storie sì, tante, d'altronde è una donna che non passa inosservata, ma mai nessuno che le avesse fatto battere il cuore, neanche un pochino.
"E poi?", incalzo. "Ti ha accompagnata a casa no?"
"Oh, Ele, è un vero gentleman. Ok, anche Giuseppe lo è, ma io comunque non sono abituata ad avere a che fare con persone così. Per carità, non che frequenti dei cialtroni, ma qui siamo su un altro livello. Pensa che quando siamo arrivati sotto casa mi ha chiesto se gli facevo l'onore di rivederlo. Capisci? E non è andato via finché non ha visto la luce del soggiorno accendersi, segno che ero entrata in casa sana e salva".
"E?"
"Cosa?"
"Quando vi rivedete?"
"Non lo so, cioè, io gli ho detto che sì, mi avrebbe fatto piacere rivederlo e gli ho dato il mio numero, ma non ci siamo ancora sentiti, d'altronde, è stato solo ieri sera!". Ride, mi ricorda come quando, alle superiori, mi raccontava che il bello della scuola l'aveva invitata a uscire.
"Sono contenta Giulia, davvero. Ma a te piace, sei attratta da lui, a prescindere dalla sua indubbia galanteria?"
"Ele... quando ci siamo fermati sotto casa, se mi avesse chiesto di baciarlo non mi sarei tirata indietro".
"E perché non l'hai fatto tu allora?"
"Non lo so... andava bene così. Mi sento catapultata negli anni cinquanta se ti dico che mi piace che... mi rispetti".
Le sorrido, sono davvero felice che finalmente si dia la possibilità di aprire di nuovo il cuore a qualcuno, e Roberto è una persona alla quale volentieri affido la felicità della mia sorella d'elezione.
"Va beh, fammi sapere l'evoluzione, mi raccomando!"
"Ci puoi contare!"
Ci salutiamo con i soliti due baci sulle guance. Appena arrivata a casa mi butto sul letto e mi addormento come un sasso. Mi risveglio alle sei, completamente rincoglionita. Dopo pochi minuti squilla il cellulare.

"Ele?"
"Dimmi amore".
"Che fai? Sei a casa?"
"Sì, perché?"
"Ti devo dire due cose: una bella e una meno bella".
"Ok... e da quale inizi?"
"Da quella meno bella. Ho un consiglio dei ministri alle undici di stanotte, ovviamente non so a che cazzo di ora finiremo perché ci sarà da litigare molto, e perciò se anche avessi la possibilità di dormire due ore rimango qui".
"Ok... è che sono preoccupata perché due notti in bianco di seguito... non ti fa bene".
"Stai tranquilla, ho riposato un po' nel pomeriggio".
"Va bene, va bene... e l'altra cosa che dovevi dirmi?"
"Sei seduta?"
"Mh... no. Devo?"
"Meglio, sì".
"Mi devo preoccupare?".
"Ho appena avuto la comunicazone del nulla osta definitivo per Amir. È nostro figlio, possiamo portarlo a casa quando vogliamo".
Non riesco a parlare.
"Ele, ci sei?"
"Sì", e scoppio a piangere.
"No, amore, dai... non piangere, è una bella notizia".
"Sì".
"Amore... vorrei essere lì con te... ma ho preferito dirtelo al telefono, l'ho appena saputo, anziché aspettare domani".
"Hai fatto bene". Faccio un'enorme sospiro e tiro su col naso.
"Amore, domani ne parliamo e decidiamo per la cameretta, ok? Stai tranquilla, me lo prometti?"
"Sì, sì, stai tranquillo tu, va tutto bene".
"Eleonora, si sta avverando. Sei felice?"
"Sì amore, sono felice".
"Ti amo".
"Anche io ti amo, immensamente".

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