I giorni successivi sono indaffaratissimi. Finisco, non so neanche io come, di svuotare tutti gli scatoloni. In realtà non c'è il posto per tutto ciò che ho portato, anche perché la stanza che al momento sarebbe il mio studio, diventerà la cameretta di Amir.
Abbiamo avuto, qui a Roma, i primi colloqui con psicologi e assistenti sociali per l'affidamento. Siamo stati sentiti separatamente e devo dire che non avere al mio fianco Giuseppe è stato duro. Non ho idea di come possa essere andato, sei sotto esame ma non è come dare un'esame, non sai quale possa essere la risposta giusta e quella sbagliata.
Non siamo ancora tornati a trovarlo, ma abbiamo fatto un paio di videochiamate, io da sola qualcuna in più. Ci riconosce e sembra contento di vederci e le volontarie ci dicono che non piange più quando chiudiamo la comunicazione. Sta anche iniziando a dire qualche parola in italiano: acqua, palla, Lilla che dovrebbe essere "Lisa", una delle educatrici. Vorrei essere lì a sentire la sua voce e a aiutarlo a imparare, ma devo avere pazienza.
A volte penso a come si possano sentire le donne in gravidanza, se non siano anche loro impazienti di avere fra le braccia il loro bambino.
Questa attesa è un po' la mia piccola gravidanza, respiro e immagino la vita che verrà.Verso le sei del pomeriggio gli mando un messaggio:
"Tornerai tarderrimo anche oggi o potresti riuscire ad arrivare a un'ora umana?"
"Perché?"
"Non posso chiedere a mio marito a che ora torna a casa?"
"Ora umana".
"Merci beaucoup".
"Pas de quoi".Finito questo scambio mi metto a cucinare. Ultimamente tra i lavori in casa, l'inizio della scuola e tutto il resto non mi sono dedicata molto alla cucina e ci siamo sempre dovuti arrangiare con pizza o surgelati. A me non importa, io è una vita che ceno con cracker e sottilette, ma Giuseppe non è abituato. Lui non dice niente, ma sicuramente ne sta risentendo. Qualche volta cucina lui ed è decisamente bravo, ma generalmente esce da casa alle sei del mattino per rientrare alle undici di notte, non è che posso pretendere che si prepari da mangiare da solo.
Ma comunque oggi la mia idea è quella di prenderemi cura di lui totalmente, coccolarlo. Vorrei fargli capire quanto profondamente lo amo, perché mi rendo conto che spesso i miei sentimenti sono difficili da interpretare, e forse ultimamente ti amo l'ho detto troppe volte, per essere certa che fosse vero, da temere di averne diminuito la potenza.Quando arriva a casa entra in cucina.
"Mh, buon odorino", mi dice baciandomi le labbra.
"Hai fame?"
"Ti dirò, sì, ho saltato totalmente il pranzo".
"Ma se ti ho visto alla televisione uscire da un bar".
"L'ennesimo caffè, oggi penso di averne preso circa undici".
"Sei serio?"
"Mh".
Scuoto la testa, ma non dico niente, non sono certo la persona più adatta a dare agli altri consigli sull'alimentazione, però sono preoccupata.
"Qui quando vuoi è pronto, dimmi tu".
"Sì, mi cambio e arrivo".
Va in camera e torna in maglietta e pantaloncini e addirittura scalzo.
Gli indico i piedi.
"Boh, oggi mi va di stare scalzo".
"Ok".
Ci sediamo a tavola. Durante tutto il pasto non faccio altro che guardarlo negli occhi, sorridergli, carezzargli il viso leggermente.
Lui mi parla, mi racconta, risponde alle mie domande, io gli passo la punta delle dita sulle guance, sul naso, sulle labbra. Ad un certo punto prende la mia mano e l'avvicina alla bocca, dandole dei baci leggeri.
Gli sorrido, e lo fa anche lui.
Finito di mangiare inizia a sparecchiare e mi dice: "Vai di là che qui metto a posto io".
Acconsento volentieri perché così posso predisporre la camera da letto per ciò che avevo in mente dal pomeriggio. Metto un grande telo di spugna sul letto e prendo un altro paio di asciugamani da tenere a portata di mano. Prendo una ciotolina e la riempio di acqua calda e lì ci immergo un flacone di olio Johnson ai fiori di cotone.
Spengo tutte le luci salvo una piccola luce sul comò, la stanza è in penombra.
Dalla cucina sento la sua voce: "Dove sei?"
"In camera".
Mi raggiunge e quando entra si ferma sorpreso dall'atmosfera che vi ritrova.
"Mi chiedevo se ti andasse di passare un po' di tempo qui con me", gli chiedo.
Se le sue fan vedessero la sua espressione in questo momento penso che sarebbero ingravidate con la sola forza del pensiero, ma specifico:
"Non è esattamente quello che pensi".
"Ah, no?"
"Diciamo che mi piacerebbe portarti per mano a fare un viaggio, se ti va di farti guidare e di fidarti totalmente di me".
"Mi fido ciecamente di te, lo sai".
"Bene. Allora, inizia a spogliarti", nel frattempo lo faccio anche io e rimango in intimo. Anche lui rimane con i boxer ma gli dico:
"No, tu devi togliere tutto".
"Ma tu hai ancora su la biancheria".
"Sì, ma non sono io la protagonista di questo viaggio, fidati di me. Io ti conduco, ma il viaggio è il tuo".
"Praticamente sei il mio Virgilio?"
"Sarebbe stato bello essere la tua Beatrice, ma vada per Virgilio".
"Ok".
"Sdraiati sull'asciugamano e cerca di rilassarti mentre ti dico giusto un paio di cose. Ti chiedo di parlare il meno possibile. Anche io parlerò il meno possibile, al massimo mi sincererò ogni tanto che tu continui a essere a tuo agio, e anche in quel caso, se puoi, fai solo dei cenni con la testa per il sì o per il no".
Mi guarda dubbioso e mi viene da ridere.
"Dai, stai tranquillo, non è niente di strano né è previsto niente di doloroso. Fidati".
"Mi fido".
"Ok, adesso chiudi gli occhi e fai dei bei respiri profondi. Inspira. Espira. Inspira. Espira. Fai fluire i pensieri, non fermarli. Respira regolarmente".
Quando il respiro si regolarizza gli dico: "Adesso girati a pancia in giù".
Esegue.
Mi metto a cavalcioni delle sue gambe, ma tenendomi sollevata, prendo l'olio per massaggi e ne lascio scendere una cospicua quantità sul dorso e le spalle e inizio a massaggiare tutta la schiena, usando non solo le mani ma tutto l'avambraccio. Insisto molto sull'attaccatura del collo e sulle spalle dove si riversano tutte le ansietà, arrivo fino alla testa, infilando le mani fra i capelli. Lo sento emettere dei mugolii, segno che il massaggio è piacevole.
Scendo poi ai piedi e risalgo lungo tutte le gambe, fino alle natiche, per un paio di volte. Ora che lo vedo completamente abbandonato, gli dico di girarsi.
Gli do qualche secondo per ritrovare il rilassamento e proseguo il massaggio, ovviamente ungendo più volte le mie mani e il suo corpo di olio.
Nel mio vagare per tutto il suo corpo, dal petto alle gambe e viceversa, quando passo per i genitali i miei movimenti sono uguali a quelli che faccio sul resto del corpo, non c'è un intento sessuale ma sensuale, ma in ogni caso la zona manifesta già segni di approvazione della situazione.
"Va tutto bene, sei a tuo agio?", gli chiedo.
Fa sì con la testa.
"Fai un altro paio di respiri profondi", e lui inspira e espira.
Prendo l'olio tiepido e ne verso un bel po' sulla mano e lo faccio scendere direttamente sul pene, e inizio a massaggiarlo con lentezza, anche l'inguine tutto intorno, l'interno coscia, poi scendo verso i testicoli e ancora più giù, poi risalgo verso l'asta del pene che si sta sempre più inturgidendo.
Gli dico: "Fai respiri profondi, e fra inspirazione e espirazione, trattieni il fiato per qualche secondo".
Non voglio che venga, non è questo lo scopo del massaggio, non lo sto masturbando, e infatti allontano le mani da quella zona così delicata per tornare nella zona circostante.
Questo alternarsi di carezze e pause prosegue per alcune volte, poi mi dedico con più decisione ai testicoli e al perineo, mentre gli tengo una mano sulla pancia. Dopo qualche minuto sento due spasmi sotto la mano che ho poggiata sulla sua pancia insieme a un suo gemito, e poi il rilassamento.
"Sssshh ora respira e tieni gli occhi chiusi".
Lo copro con un altro asciugamano e mi sdraio accanto a lui. Siamo entrambi coperti d'olio, ma dopo ci faremo la doccia.
"Non parlare, mantieni le sensazioni dentro di te. Quando ti sentirai pronto muoviti piano e apri gli occhi".
Io sono accanto a lui, quasi non lo tocco, ma sente il mio respiro sul suo orecchio. Dopo alcuni minuti, si stiracchia come un gatto e mugola, poi apre gli occhi mettendosi sul fianco e mi guarda.
"Che diavolo era? Cosa è appena successo?"
Gli sfioro le labbra.
"Cos'era? È una pratica yoga della tradizione tantrica. Cosa è successo? Hai appena scoperto che si può provare un piacere intenso senza che sia definibile come orgasmo. È quello che qualche volta ho cercato di farti capire quando ti vedevo costernato se non venivo.
Al netto delle volte in cui proprio non ce n'è e non è colpa di nessuno e il cervello è totalmente scollegato dalla vagina - o troppo collegato, vai a sapere - quello che ti ho sempre detto è che io posso essere completamente soddisfatta e aver provato un piacere intenso anche senza aver raggiunto l'orgasmo. Intendevo qualcosa tipo questo".
"Non so neanche descrivere come è stato"
"Non è necessario che tu lo faccia, l'importante è che ti sia goduto il viaggio".
Mi guarda con un'intensità che mi fa quasi venire da piangere.
"Grazie", mi dice.
"Volevo solo dirti che ti amo e ho scelto questo modo".
"Io lo so che mi ami, ma santo cielo apprezzo moltissimo che tu me l'abbia voluto ribadire così".
"È che a volte ho paura di non riuscire a esprimerlo con sufficiente chiarezza".
"Amore mio, tu mi dici ti amo con ogni tuo singolo respiro".
Una lacrima, un'unica lacrima, mi solca una guancia.
"Andiamo a toglierci quest'olio di dosso, dai".
Ci avviamo insieme verso la doccia e verso un sonno pacificatore come poche volte ci era capitato nella nostra vita di adulti.