4-La Scommessa

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(revisionato)

«E tu chi sei?» mi domandò il ragazzo alto, castano, dagli occhi verdi. A mio parere il più carino, ma poi sono gusti.

«E come hai fatto ad entrare?» continuò con un'altra domanda quello biondo, dagli occhi anch'essi verdi.

«Mi chiamo Katelyn Sanders e sono arrivata questa mattina. Per vostra informazione questa d'ora in poi sarà anche la mia stanza, visto che mi hanno dato la chiave» dissi sfrontata, ma ammetto che avevo un po' di batti cuore.

Erano pur sempre quattro ragazzi, in maggioranza, più alti di me e sicuramente molto più forti. Potevo stare tranquillissima, come no.
Guardandoli avevo un brutto presentimento, come se sapessi già che erano loro i malfamati, pur non avendoli mai visti.

«Guarda dolcezza, come sei arrivata puoi anche prenderti le tue cose e andartene via con i tuoi piedini. Magari chiami papino e ti fai dare la mano, se hai troppa paura.» mi disse sfottendomi il ragazzo basso e moro.

«Io di sicuro non vado da nessuna parte. Se ti da fastidio la mia presenza, sarai tu a prendere le tue cosucce e scomparire» affermai decisa.

Ma di preciso tutto questo coraggio da dove mi stava venendo? Vi assicuro che non lo so neanche io, eppure stavo lì, in piedi davanti a loro, mentre sembravo senza paura.
Che pensavo di intimidirli? Si vedeva che non sapevo ancora chi erano, ma ormai era troppo tardi per andare in ritirata.

«Quanti anni hai, tesoro?» mi chiese il moro dalla carnagione più scura.

Di sicuro non era lui a farmi paura, visto che non poteva essere più alto di un metro e settanta, se non anche più basso. A primo impatto sembrava un tipo simpatico. Non mento se vi dico che non lo è affatto.

«Ne ho diciannove»

«È una ragazzina» affermarono per poi scoppiare a ridere.

Neanche avessi raccontato una barzelletta ragazzi, neanche quella forse li avrebbe fatti ridere così. Il senso? Bho. Ma per essere qui non potevano avere più di ventidue anni, quindi non vedo tutta questa differenza.

Comunque sia, la cosa mi urtò parecchio, quindi intervenni per interrompere le loro risate, stile Orlando Furioso. In poche parole, senza ragione, mi stavo abbassando ai loro livelli infantili.

«Chi dice che i ragazzini invece non siate voi che ridete senza motivo?»

Ecco, lo avevo detto. Una cosa che non sapevo fare, era tenere a freno la mia lingua. Bastò così poco a far innervosire il biondo. Sembrava il più cattivo.

«Stai cercando di prenderci in giro?» mi domandò in tono di sfida.

Quando avrei voluto sfotterlo per il suo naso e fargli vedere che non era nessuno, ma per fortuna mi seppi trattenere. E menomale, perché era già guerra così.

«Non faccio queste cose infantili»

Se questa discussione fosse avvenuta ora, ci sarebbe stata tanta tosse finta nella mia testa, visto che mi ero già abbassata ai loro livelli.

«Ti conviene»

Pallone gonfiato.

«Invece di girarci in torno, con tanto di battutine futili, perché non mi dite chi siete e facciamo la finita?»

«Sta calma, bambolina. Hai premura?»

«Mha...vogliamo cenare qui continuando la discussione? Dimmi tu»

Forse perché si stava seccando anche lui con quel botta e risposta, non ribatté più e iniziarono a presentarsi a uno a uno.

«Sono Blake Power, ho vent'anni e sono il capitano della squadra di baseball» parlò il pallone gonfiato biondo, a cui piaceva tanto fare discussione.

«Io sono Shane Stewart, ho anch'io vent'anni e sono capitato della squadra di basket» parlò lo spettatore castano, dai bei occhi verdi.

«Io sono Jack Stetson, ho ventun anni e sono il rappresentante dell'intero istituto» si presentò il secondo spettatore castano con le fossette.

«Io sono Matias De La Vega, ho ventun anni anch'io e sono il genio informatico dell'istituto» dichiarò infine il falso simpaticone dai lineamenti latini.

Power, Stewart, Steston e De la Vega. Cosa poteva ancora andare storto? Peggio di così non poteva andare.

«Bene tesoro, adesso che le presentazioni delle elementari le abbiamo fatte, iniziamo a dettare le regole» parlò Blake.

«Regole? Sei serio? Dalle elementari siamo passati all'asilo?» Provai a sfotterlo.

«È già tanto che ti teniamo con noi bellezza. Quindi o  segui le nostre regole o te ne vai» vedo che mister fossette è in realtà mister Steston faccia tosta.

«E se vi dicessi che non seguirò le vostre regole e tanto meno non me ne andrò di qui...cosa fareste?» li sfidai.

Era lì che avrei dovuto mordermi la lingua e starmi zitta. Ma il mio orgoglio mi intimava di non farmi mettere i piedi in testa da questi quattro ragazzini viziati, solo perché hanno un paio d'anni in più. A volte l'orgoglio è proprio una condanna a morte.

«Ci stai forse sfidando?» domandò Matias, bruciandomi con gli occhi.

«Tu che dici?» ribattei.

Non che avessi avuto molto da ribattere.

«Non ti aspettare di avere la vita facile. Ma sappi che lo hai voluto tu» mi minacciò Blake.

A raccontarla farebbe ridere, perché pare una grande cazzata. Ma in quel momento avrei voluto fare tutto, tranne che ridere.

«Che paura» ribattei ironicamente.

«Senti ragazzina, scommettiamo che ti arrenderai prima della fine dell'anno scolastico e ci chiederai in ginocchio di smetterla?» continuò.

Convinto. Troppo convinto. Non mi piace.

«Scommettiamo invece che non lo farò?»

«Scommettiamo?»

«D'accordo»

Avevo appena firmato la mia condanna.

«Se vinceremo...diventerai la bambolina di uno di noi, se vincerai tu...?»

«Ci penserò a vittoria compiuta»

«Sfigata! Pensa di poter vincere» rise Shane.

Lo spettatore silenzioso aveva parlato, uh là là.

«Ride bene chi ride ultimo».

«Vedremo Sanders....vedremo»

Ed è così che arrivai alla scommessa. Da adesso comincerò a narrarvi la vicenda in tempo reale. Buona fortuna a me...

La mia scommessa - [Revisione In Pausa] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora