35 - Lontano dagli occhi, lontano dal cuore

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Lontano dagli occhi, lontano dal cuore
e tu sei lontano, lontano da me.

Ora so che cos'è questo amaro sapore che resta di te,
quando tu sei lontano e non so dove sei, cosa fai, dove vai.
Ora so perché non so più immaginare il sorriso che c'è negli occhi tuoi quando non sei con me.

- Gianna Nannini

~

Pov's Eloise

Busso ripetutamente alla porta davanti alla quale mi trovo «ti prego aprimi» grido in lacrime, sperando che risponda presto.
Sono giorni che continuo a stare male: capogiri, nausea, eccessiva stanchezza ed è per questo che oggi ho deciso di rifugiarmi a casa di Brenda, dal momento che lo stress non mi da più pace e io necessito di un attimo di respiro.

Continuo a bussare, sopraffatta dalle lacrime e dalla disperazione, dal momento che il campanello di casa sua è guasto, come dice il biglietto poggiato al di sopra dello stesso.
Il freddo di novembre inoltrato oltrepassa le mie ossa e si ferma lì nello spazio della gabbia toracica dove da ormai ventuno giorni si trova a sopravvivere il mio cuore.

Ventuno grammi.
Si dice che questo sia il peso che perdiamo nel preciso istante della morte, ma io credo che sia lo stesso che perdiamo quando ci allontaniamo dalla persona amata.
Quanto c'è in ventuno grammi? Quanto va perduto?
Quanto se ne va con loro?
E se ci fosse qualcos'altro al posto di questi ventuno grammi persi?

Dopo infiniti attimi di attesa la porta si apre e il volto di Brenda assume una miriade di espressioni contrastanti «Dio Eloise, entra.
Qui fuori fa troppo freddo» dice, cercando di scusarsi, attirandomi dentro casa.
Lentamente ci dirigiamo verso il salotto sedendoci sul tappeto, accanto al camino.

«Mi dispiace così tanto» riprende a parlare dopo alcuni secondi di silenzio «stavo pulendo casa con gli auricolari... Non avrei mai e poi mai potuto sentirti» mi dice con un'espressione affranta mentre io scuoto la testa «non preoccuparti B, è colpa mia, avrei potuto chiamarti» dico togliendomi il cappotto dopo aver finalmente preso un po' di calore e smesso di tremare.
Una volta comoda mi siedo nuovamente accanto a lei e, prima di spiegarle il motivo della mia intrusione nella sua quotidianità, le chiedo la cosa più essenziale «lui come sta?» con voce arrochita dalla difficoltà.
Brenda mi guarda, mordendosi ripetutamente il labbro fino a quando, dopo avermi fatta rimanere col fiato sospeso «sta Loise, senza di te si limita solamente a sopravvivere» mi rivela, stringendo le mie mani tra le sue a causa della scossa subita dal mio corpo per via dell'immenso brivido che l'ha attraversato.

Sospiro.
Come faremo ad andare avanti così?
Ma nessuno potrà darmi una risposta perché i nostri occhi non si incrociano più, le nostre mani non si sfiorano più e i nostri corpi non si appartengono più da ventuno giorni.

«Scusami se mi sono presentata qui all'improvviso» inizio a parlare dopo un silenzio angosciante, spezzato solo dall'ardere della legna «sono settimane che non riesco a stare bene, continuo a vomitare e ad essere eccessivamente stanca... per questo non ne potevo più di farmi sopraffare dallo stress, così ho deciso di allontanarmi da casa per passare un po' di tempo con una persona fisica, un'amica» concludo la mia spiegazione lasciando che qualche lacrima scivoli lungo il mio volto.

Non riesco più a sopportare tutta questa sofferenza.

«Che ne dici di preparare una cioccolata calda?» mi propone impedendomi di rimanere ancorata ai miei pensieri, una volta accortasi del mio sguardo perso nel vuoto.
Mi limito ad annuire con un sorriso, seguendola in cucina e cercando di mettermi all'opera per aiutarla.
«Non se ne parla proprio, sei mia ospite quindi ora ti siedi e aspetti che la nostra bevanda sia pronta» dice autoritaria, scoppiando poi in una risata che contagia anche me.
Avevo bisogno di questo per staccare la spina.

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