«N-nel South Bronx?» la voce trema spaventata. Sophia abbassa lo sguardo. «Non possiamo trasferirci nel South! Lo sai bene anche tu Sophi, è troppo pericolosa quella zona del Bronx! Per non parlare che dovremmo cambiare distretto e io dovrei anche cambiare scuola.» I miei occhi sono lucidi dalle lacrime imminenti. «Lo so perfettamente, ma a lavoro ho dovuto richiedere il trasferimento a causa dello sfratto e, l'unico luogo in cui potevano mandarmi era il South Bronx. Non ho avuto scelta. Mi dispiace tantissimo Kalea.» Senza parole e in procinto di un pianto violento, corro in camera da letto.
Mi butto sul letto mettendomi ad osservare il soffitto, con le lacrime che ormai mi scorrono copiose sulle guance. Non voglio stravolgere la mia vita, non voglio cambiare scuola, non adesso che avevo iniziato a farmi degli amici. Un leggero bussare sul legno della porta mi fa voltare nella sua direzione. Mia sorella entra in camera con passo cauto. «Ci sarebbe un' altra cosa che dovrei dirti, ma questa è positiva.» confessa venendosi a sedere vicino a me sul letto. «Parla.» pronuncio tra i singhiozzi, cercando per lo più di fare respiri profondi e non scoppiare nuovamente a piangere. «Con il trasferimento, la casa che ho trovato è nello stesso isolato della centrale di polizia, dunque a pochi passi. In questi mesi ho messo da parte alcuni soldi, e facendo i conti l'altro giorni, sono finalmente arrivata al totale necessario per pagarti la scuola guida. Dunque, non avendo necessità io di usare la macchina, lascerei la mia a te, così non sarai costretta a cambiare scuola; l'unico problema è che finché non avrai conseguito la licenza di guida, dovrai andare a scuola in autobus.» spiega cercando di sorridere e tirarmi quindi su il morale. Senza dire molto l'abbraccio, piangendo in parte per la brutta notizia, e in parte per la bella. Mi lascia un bacio sulla fronte prima di alzarsi. «Ora su, vai a dormire, domani hai scuola e, non vorrai di certo fare tardi il giorno dopo la punizione.» mi fa l'occhiolino prima di lasciare la stanza e chiudersi la porta alle spalle.
Un rumore non troppo piacevole mi fa mugolare per il fastidio. Cos'è? Penso socchiudendo gli occhi per vedere ciò che mi circonda. In breve tempo mi accorgo che il suono proviene dalla sveglia sul comodino. Sbuffo e apro definitivamente gli occhi, per poi spegnere il piccolo congegno infernale. Mi metto seduta sul letto e osservo la finestra con le tapparelle esterne ancora chiuse. Strano, Sophia non è ancora entrata in camera per svegliarmi. Appena dopo il mio pensiero, la diretta interessata apre delicatamente la porta. «Oh, sei già sveglia.» Mi sorride affettuosamente. Entra in camera portando tra le mani un piatto con sopra i pancake e un bicchiere di spremuta d'arancia. Il sorriso sul mio volto si espande all'inverosimile. La ringrazio iniziando a mangiare e stando attenta a non sporcare nulla. «Sono davvero buonissimi.» le faccio i complimenti mentre il mio corpo inizia ad ondeggiare lentamente, in automatico. «Il balletto del cibo?» mi domanda ridendo. Annuisco sorridendo e continuando a fare colazione. Sophia mi lascio un leggero bacio sui capelli ed esce dalla stanza per permettermi di finire di mangiare e, di prepararmi, in pace.
Perché un occhio viene sempre da dio mentre l'altro fa completamente schifo? Mi guardo allo specchio dopo l'ennesimo tentativo di replicare nell'altro occhio, la stessa riga di eyeliner che ho fatto nel primo. Decido di riprovarci un'ultima volta e quasi piango di gioia quando sono quasi simili. Finalmente ce l'ho fatta. Finisco di truccarmi applicando del mascara per volumizzare le ciglia, e un rossetto color nude per non marcare eccessivamente le labbra. Guardo i miei occhi verdi attraverso lo specchio e sono soddisfatta dall'effetto che l'eyeliner da loro. Mi da sicurezza, ho come l'impressione di avere uno sguardo un po' felino, oppure da cerbiatta, non saprei decidere. Sospiro quando mi rendo conto che devo ancora sistemare l'informe massa castana che mi ritrovo come capelli. Avere i capelli ricci non è affatto bello, domarli è come tentare di domare un leone affamato, a volte ci riesci e a volte no, dipende tutto dalla fortuna. Faccio un respiro profondo e successivamente mi metto a testa in giù armata di spuma e gel. Quando rialzo la testa rimango a bocca aperta. In questo caso sono davvero venuti bene. Mi trovo a riflettere osservando la lunga massa voluminosa che ora è composta da ricci ben definiti e, non più da una massa informe. Continuo a guardarmi allo specchio nel tentativo di acquisire un briciolo di autostima per affrontare la giornata. Okey, ce la posso fare. Esco dal bagno quando improvvisamente sento dal salotto provenire una canzone che conosco fin troppo bene. Scuoto la testa ridendo e andando a tempo sulle note di Hips don't lie di Shakira. Con che voglia ascolta queste canzoni di prima mattina. Mi dirigo di fronte allo specchio a figura intera vicino all'ingresso e osservo come sono vestita, giusto per capire se sia il caso di cambiarmi o meno. «Vanno bene i leggins e la felpa, sta tranquilla; la felpa è abbastanza lunga da coprire la parte posteriore.» mi rassicura mia sorella maggiore nella speranza di convincermi a non fare come tutte le mattina che, una volta arrivata davanti allo specchio, subito torno in camera a cambiarmi per paura che possa succedermi qualcosa per strada. Non so come farò quando dovrò prendere l'autobus. Le sorrido attraverso lo specchio e, afferrando lo zaino, la saluto uscendo di casa.
«Kalea!» una voce grida da lontano il mio nome facendomi voltare in quella direzione. «Hey, Zack.» Sorrido al ragazzo dai riccioli biondi e lo saluto una volta che lo vedo avvicinarsi. «Volevo ringraziarti per ieri.» confessa grattandosi la nuca leggermente imbarazzato scrutandomi da sotto le ciglia con i suoi occhi color cioccolato. «Ma figurati. Piuttosto, cosa ci facevi in centrale? Ieri mattina non sei nemmeno venuto a scuola.» chiedo sorridendo gentile. «Tu che ci facevi in centrale con Miss Harris invece?» domanda a sua volta. Roteo gli occhi al cielo. «Fai il misterioso, eh? Ti ricordo che non si risponde ad una domanda con un'altra domanda.» lo riprendo scherzosamente. La sua espressione si incupisce di colpo. «Non sono cose che ti riguardano Kalea, ora scusami ma ho da fare.» risponde frettolosamente prima di correre via, dirigendosi verso il cancello della scuola. «Che modi però.» commento tra me e me, notando poi da lontano che, appoggiato al cancello, c'è il ragazzo di ieri. Questa storia mi puzza. Penso consapevole che ormai tutto ciò ha attirato la mia curiosità.
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Need to love
RomanceESTRATTO DEL CAPITOLO 12: "Diversi brividi percorrono il mio corpo quando il suo respiro caldo si scontra con la pelle sensibile del mio collo. «Ho ucciso per molto meno di un soprannome.» Il tono è caldo, basso ma minaccioso. Perché tutto questo mi...